15 novembre 1884. Su invito del cancelliere tedesco Otto Von Bismarck, i rappresentanti di quattordici nazioni (Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Impero Ottomano, Italia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia-Norvegia) si riunirono a Berlino, per discutere del futuro dell’ultimo continente abitato ancora da colonizzare:
L’Africa

La Colonizzazione dell’Africa
Poco si sapeva dell’Africa, alle soglie del XIX secolo. Fino ad allora, il moto espansionistico europeo si era limitato alla sola fascia costiera. Ciò che più interessava gli invasori, nei secoli addietro, era trovare una via per i ricchi mercati dell’Estremo Oriente. Si fondavano basi per garantire un appoggio alle navi impegnate nelle rotte transoceaniche. Sui litorali si concludevano transazioni commerciali; si catturavano o compravano schiavi; si facevano riposare le stanche membra degli esausti marinai.

L’interno era un groviglio di foreste vergini e deserti, battuti per lo più dai locali e dai mercanti arabi. Poco o per niente noti erano i regni che lo abitavano. Il Sahara costituiva una barriera estremamente difficile da superare. Portoghesi, Inglesi, Olandesi e Francesi perimetravano il continente con i loro insediamenti.

Nel XVIII secolo a malapena ci si era allontanati dal Capo di Buona Speranza. Per lo meno si era tentato di seguire il corso del fiume Senegal e del Nilo Azzurro. Nel 1788, venne fondata, a Londra, l’African Association, “per la promozione della scoperta dell’entroterra dell’Africa”. I suoi membri desideravano risalire il Niger e raggiungere la leggendaria Timbuctù. Tentarono di attraversare il Sahara; ottennero qualche notizia sul Regno del Bornu; risalirono il Gambia.

Rischiavano la vita; talvolta morivano; ma l’interno cominciava a essere mappato. Relazioni e Diari ottenevano grande successo. Dall’Egitto si partiva per mappare il Nilo; da lì si penetrava nel Sudan. A Occidente ci si scontrava con le tribù locali. Nel 1822 furono “scoperte” le sorgenti del Niger; l’anno dopo venne raggiunto il lago Ciad. Su Timbuctù arrivò il primo resoconto solo nel 1828, nonostante fosse stata già visitata negli anni precedenti (i suoi visitatori morirono durante il viaggio). A metà secolo si raggiunse il Kilimangiaro, poi il Tanganica e il Lago Vittoria (convenzionalmente la sorgente del Nilo). Le mappe, finalmente, si riempivano di dettagli.

La Politica Estera di Bismarck: la Germania al centro
Tra il 1871 e il 1890, il potere esecutivo, nell’impero tedesco, fu detenuto dal Cancelliere Otto Von Bismarck, statista e abilissimo diplomatico, capace di tenere la pace in Europa tra le grandi potenze, consegnando alla Germania il ruolo di garante dell’equilibrio. Le guerre di Crimea e franco-tedesca erano appena finite, ma le tensioni fra gli Stati potevano facilmente deflagrare in un ulteriore conflitto. Ogni nazione voleva sovrastare le altre e la ritrovata potenza del Reich faceva temere a Bismarck che gli altri avrebbero potuto allearsi per sconfiggerlo.

Al fine di porsi in una posizione di sicurezza, il Cancelliere inaugurò una politica di alleanze incrociate, che avrebbero garantito, almeno per il momento, un periodo di stabilità. Nel 1873, promosse la Lega dei Tre Imperatori, con Austria e Russia, le quali avrebbero, così, evitato di allearsi con una Francia desiderosa di riprendersi Alsazia e Lorena, in funzione anti-tedesca; inoltre avrebbero tenuto sotto controllo le etnie balcaniche e polacche, i cui territori interessavano sia a Vienna sia a Pietroburgo. Per contenere l’aggressività Russa, invece, si alleò con l’Italia e l’Austria. Nel 1878, la Conferenza tra le grandi potenze, tenutasi in seguito alla guerra russo-turca, si svolgerà proprio a Berlino, sotto l’attento controllo del Cancelliere, che riuscirà a contenere l’espansionismo zarista.

Per quanto riguarda la politica coloniale, Bismarck non era molto convinto: i costi e l’impegno che avrebbe necessitato mantenere un impero oltre l’Europa sarebbero stati alti; e proprio per questo vedrà con favore la colonizzazione attuata dagli altri Paesi, che avrebbero avuto meno energie da impiegare in Europa e contro la Germania. Nonostante ciò, si ritroverà a cedere sotto la pressione dell’opinione pubblica, della politica e della necessità di proteggere gli interessi economici nel Pacifico e in Africa. Anche i tedeschi erano, così, entrati nella corsa per l’Africa. Nel 1884, il Luderitzland, l’Africa sud-occidentale tedesca, il Togoland e i possedimenti in Camerun, andarono a costituire l’Impero coloniale tedesco in Africa.

La Questione del Congo
Il 12 settembre 1876, si svolse, a Bruxelles, una Conferenza Geografica promossa dal re belga Leopoldo II. Vi parteciparono ministri e alte sfere delle maggiori società geografiche europee.
“L’argomento che ci riunisce oggi è… aprire alla civilizzazione l’unica parte del nostro globo in cui non è ancora penetrata”

La Conferenza deliberò la creazione di una “commissione internazionale di esplorazione e civilizzazione dell’Africa centrale”. Tuttavia, a dispetto dei propositi di cooperazione internazionale, le potenze europee preferirono far uso delle proprie associazioni e privilegiare le proprie iniziative, tenendo fuori i rivali. Quell’occasione darà a Leopoldo la possibilità di incontrare uno dei più importanti esploratori dell’epoca: Henry Stanley. I due stipularono un accordo. La missione si sarebbe svolta in segreto; l’obiettivo era costruire uno Stato nel Congo, dominato dai “bianchi”.

Altre nazioni, tuttavia, avevano gi occhi puntati su quelle regioni. L’ufficiale francese Pierre de Brazza fondava Brazzeville, nel 1880 e concludeva un trattato col re Makoko, ponendo il regno sotto protezione francese. L’anno dopo veniva fondata Leopoldville, da Stanley, che acquistava terreni per il re belga, mediante accordi con i capi locali, giustificando (a livello internazionale) l’operato con la missione civilizzatrice e umanitaria promossa dall’Associazione Internazionale del Congo, controllata proprio da Leopoldo, al cui vertice aveva posto il colonnello Maximilien Strauch. Le due città erano vicinissime, separate solo dal fiume Congo. E come se non bastasse, anche i portoghesi, sostenuti dai britannici in funzione anti-francese, avanzavano pretese su quelle regioni, sulla base di accordi presi tempo addietro con le tribù locali.

Con abili mosse diplomatiche, Leopoldo riuscì a rabbonire le potenze europee, distogliendole dai proseliti dei suoi critici. Così, si accaparrò il bacino meridionale del Congo, ottenendo addirittura il riconoscimento dalla Francia (avversa alle mire anglo-portoghesi), mentre le altre nazioni approvarono solo per contrastare gli interessi francesi. Leopoldo vinse, oltretutto, la riottosità della classe dirigente belga contraria alle costose imprese coloniali, costituendo un dominio personale.

Ai vertici europei parve allora opportuno trovare accordi che regolassero la politica coloniale e impedissero che questa corsa deflagrasse in un conflitto. Cosa particolarmente ambita era garantire la libera navigazione almeno sui grandi fiumi, prima il Congo, poi anche il Niger (ingressi per le potenziali ricchezze centrafricane), a fini commerciali. A tal proposito, Bismarck invitò i rappresentanti delle potenze occidentali, a Berlino. Il 15 novembre 1884, si apriva la Conferenza di Berlino. Ancora una volta, il Cancelliere poneva la Germania come regolatrice e garante di ordine, oltre che luogo di discussione tra le grandi potenze, desiderose di intralciare i propositi coloniali dei rispettivi avversari.

L’Atto Generale della Conferenza di Berlino
La Conferenza si chiuderà il 26 febbraio 1885 e produrrà un Atto Generale, firmato dai rappresentanti delle potenze partecipanti. Lo scopo dichiarato della Conferenza era regolare:
“lo sviluppo del commercio e della civilizzazione in alcune regioni dell’Africa” e “assicurare la libera navigazione sui due principali fiumi africani che sboccano nell’Atlantico (Congo e Niger)”
Si desiderava, poi, “prevenire incomprensioni e contese”. Come negli anni addietro, si voleva evitare lo scontro diretto tra potenze, che avrebbe inevitabilmente gettato il Vecchio Continente nel caos.

La guerra era una possibilità presa in grande considerazione. Per questo la libertà di commercio nel bacino del Congo, presso altri fiumi, lungo la costa e verso est doveva essere garantita anche in guerra. La navigazione presso il Niger e il Congo doveva essere libera dalla tassazione e le potenze garantivano la protezione dei naviganti lungo la parte del fiume su cui esercitavano il proprio dominio.

La presa di possesso su un territorio costiero doveva, poi, essere comunicata alle altre nazioni, che avrebbero avuto, così, modo di far valere le proprie eventuali pretese. I disaccordi avrebbero dovuto essere risolti con la diplomazia e l’intercessione di una potenza amica. Gli Stati che non avevano partecipato alla Conferenza, inoltre, potevano aderire all’Atto consultando la Germania, che avrebbe poi notificato la richiesta agli altri firmatari.

La Conferenza confermava la proprietà dei territori congolesi occupati dall’Associazione Internazionale del Congo (fondata nel 1879), controllata da Leopoldo, che in seguito sarebbero stati denominati Stato Libero del Congo. L’Associazione, considerata come potere terzo rispetto al Belgio, nonostante fosse stata fondata proprio da Leopoldo, aderì all’Atto. Essa era stata riconosciuta da vari Paesi, tra cui Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti, già nel 1884, in cambio di alcuni privilegi sul territorio.

A dispetto del proposito di internalizzare il bacino del Congo, questo diveniva di fatto Belga, controllato da una società fintamente filantropica, egemonizzata da Leopoldo, il quale attuerà una serie di crudeltà estremamente efferate nei confronti delle popolazioni autoctone. La Conferenza aveva cercato di introdurre qualche regola in ciò che era già in atto da tempo
La spartizione dell’Africa
I grandi leader si proponevano poi di introdurre nel continente la “civiltà” e il cristianesimo, oltre che di eliminare la schiavitù.

Anche durante la Conferenza, le esplorazioni, gli accordi e le prese di possesso proseguirono, ma almeno in una parte del continente si pensò fosse opportuno istituire una zona internazionalizzata, neutrale, utile agli interessi commerciali europei: un piano fallito dal momento in cui i territori del Congo furono riconosciuti come controllati dall’Associazione di Leopoldo, che istituirà lo Stato Libero del Congo, soggetto, presto, all’imposizione di un governatore, di funzionari e divisioni amministrative.

I territori furono posti a sfruttamento (secondo l’Atto di Berlino non si potevano percepire dazi dal commercio, quindi era necessario mantenere la costosa amministrazione coloniale in altri modi); alcune zone furono tolte al commercio libero; la popolazione venne pesantemente sottomessa dallo Stato, a cui doveva vendere i prodotti a prezzi da esso stesso stabiliti, e venne sottoposta a prestazioni di lavoro forzato.
La Conferenza di Berlino non aveva, dunque, dato avvio alla Spartizione dell’Africa, ma rimane comunque un evento simbolo dell’imperialismo europeo. I leader delle grandi potenze si erano riuniti per discutere di un continente e delle regole cui sarebbe stato sottoposto senza la ben che minima consultazione delle sovranità locali. Gli africani venivano, così, privati della propria voce e condannati a un destino di morte e indicibili sofferenze.
