Nel 1894 il pittore viennese Gustav Klimt venne incaricato, dal Ministero dell’istruzione austriaco, di realizzare tre di una serie di quattro pannelli, i quali avrebbero decorato il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna.
Questi avrebbero dovuto raffigurare una serie di allegorie: il tema stabilito fu quello della “Vittoria della luce sulle tenebre”, e le tele assegnate a Klimt furono la Filosofia, la Medicina e la Giurisprudenza (al pittore Franz Matsch toccò la Teologia). Sebbene esse siano state distrutte per via di un incendio, fotografie dell’epoca permettono ancora oggi di ammirarne l’inquietante splendore.
Sotto, fotografia di “Filosofia” (1899/1907)
Artisticamente, il periodo era quello della Wiener Secession (Secessione Viennese), un movimento artistico fondato da 19 importanti pittori, scultori e architetti austriaci, tra i cui capostipiti vi era Klimt, intenti a compiere un balzo in avanti rispetto agli ideali accademici dal passato, al fine di creare un’arte che rispecchiasse le esigenze artistiche del tempo e che divenisse autentica dell’Austria.
Venne anche creata una vera e propria sede per gli artisti, il Palazzo della Secessione Viennese, opera architettonica di risalto internazionale
Sotto, il Palazzo della Secessione di Vianna “Wiener Secessionsgebäude”. Fonte immagine: sito ufficiale dell’istituzione.
I committenti delle opere, accademici dell’Università di Vienna, richiesero che i lavori rappresentassero la celebrazione delle scienze razionali, ma Klimt, colto in quel periodo da un’evoluzione personale che avrebbe influenzato inevitabilmente il suo far arte, andrò contro apertamente al fornire una visione razionale dei soggetti, impropria rispetto al suo simbolismo decorativo.
Studio per Filosofia:
Per questo rifiuto “ideologico”, Klimt consegnò le opere con qualche anno di ritardo; esse subirono molto l’influsso del nuovo stile da lui adottato, dopo la Secessione, non più vincolato a quello accademico, ma ricco di espressività e simbolismo. Nel 1900, durante la settima esposizione della Secessione, Klimt rese pubblica l’ancora incompiuta “Filosofia”.
Essa destò non poco scalpore e scatenò un aspro scontro tra l’artista e la committenza
Quest’ultima definì l’opera sconveniente e offensiva; su uno sfondo scuro, trapunto di stelle, figure femminili dai corpi nudi aleggiavano sulla sinistra della tela, creando un movimento flessuoso e sensuale, a tratti tormentato. Per la predominanza delle tonalità cupe, sembrava quasi che Klimt avesse voluto ribaltare l’intento delle opere, facendo prevalere le tenebre sulla luce. A dispetto della visione illuminista della filosofia, che vedeva l’uomo vicino alla luce della ragione, la tela fece discutere anche per il suo rappresentare l’umanità non come illuminata, ma come preda di un tormento infernale, in guerra per la vittoria della ragione sulle paure.
Nonostante le critiche scatenatesi da quasi tutta l’intellighenzia viennese e i ricorsi di 87 accademici presentati al Ministero dell’istruzione per far sì che Klimt non potesse più esporre le proprie opere, al pittore venne concesso di continuare il suo lavoro. “Filosofia” verrà anzi premiata all’Esposizione Universale di Parigi con una medaglia d’oro. Fu così che, nel 1901, Klimt, incurante delle accese ostilità, presentò “Medicina” alla decima esposizione della Secessione. In uno spazio perso nell’oblio, figure umane svestite, deperite, affiancate da scheletri tetri, venivano avvinghiate dalla morte, avvolta in uno scuro mantello.
A far da intermediario tra spettatore e realtà lugubre del quadro, vi era una solenne sacerdotessa: Igea
Già al primo sguardo, apparì chiaro il voler mettere in risalto la misera condizione umana, vinta dalla morte, anziché che il trionfo delle nuove scoperte scientifiche. Oltre che per la resa dell’uomo come essere impotente, l’opinione pubblica venne scossa principalmente per la presenza prepotente dei nudi femminili, in particolare quelli di una donna incinta e di un’altra, sulla sinistra, il cui pube era rivolto proprio davanti allo sguardo degli spettatori.
Sotto, Medicina (1899/1907):
Sotto, dettaglio di Igea dal quadro “Medicina”:
Sebbene le critiche si stessero facendo insistenti e stessero aumentando notevolmente, incentrate per lo più su quella che veniva definita un’orgia anatomica insensata, creando sempre più incomprensioni tra Klimt e i vertici accademici, il Ministro dell’istruzione von Hartel si rifiutò ancora di revocare l’incarico al pittore, sebbene non sarebbe più intervenuto pubblicamente in difesa di quest’ultimo. Nonostante ciò furono ben 38.000 i visitatori che accorsero per vedere l’opera, attirati dalle crescenti denunce per immoralità.
Studio di Medicina:
Medicina in una fotografia in bianco e nero:
Le critiche che seguirono la pubblicazione delle prime due allegorie, e un’interrogazione parlamentare per l’accanimento scatenatosi contro le opere, convinsero l’Accademia di Belle Arti viennese a far cadere la candidatura di Klimt come professore; ciò fece chiudere l’artista fortemente in sé stesso.
Ma il peggio non era ancora avvenuto
Il vero e proprio scandalo si scatenò in seguito alla presentazione di “Giurisprudenza”, nel 1903, la quale racchiudeva tutta l’indignazione che Klimt aveva covato dentro di sé in seguito alle vessazioni subite nel corso del tempo per le due precedenti allegorie. Rappresentato come un vecchio uomo, piegato su sé stesso e preda di un mostro, Klimt aveva raffigurato, probabilmente, lo Stato come inerme al cospetto delle tre componenti ideali della giurisprudenza: Verità, Giustizia e Legge, impersonate da tre figure femminili avvenenti e lascive, impassibili spettatrici delle difficoltà dell’uomo moribondo.
Giurisprudenza (1899/1907):
Nel 1904 le contestazioni si fecero sempre più pressanti, tanto che a Klimt venne sconsigliato di presentare “Giurisprudenza” all’esposizione mondiale di St. Louis. Un anno più tardi, nel 1905, ormai in aspro conflitto con le istituzioni, grazie al sostegno del suo mecenate August Lederer, Klimt riacquistò dallo Stato le sue opere, deciso a liberare i propri lavori dall’oblio della censura.
Da quel momento avrebbe accettato commesse solo dalla ricca borghesia viennese, e non più da vertici istituzionali
Sicuro di aver messo in salvo la sua arte dalle avide mani degli accademici, Klimt, non avrebbe visto compiersi, fortunatamente, il destino delle tre allegorie. Morto di febbre spagnola nel 1918, il pittore aveva venduto al mecenate Lederer una delle tre allegorie, Filosofia (rimasta solo abbozzata) la quale era stata riposta in un’apposita stanza del suo appartamento, mentre un altro ricco finanziatore del pittore, Wittgenstein, divenne proprietario di Medicina e Giurisprudenza, che conservò nel suo castello di Immendorf, trasferendovi successivamente anche Filosofia, donatagli da Lederer.
Studio di Giurisprudenza:
Qui, nel 1945, truppe tedesche in ritirata dalla Seconda Guerra Mondiale, appiccarono un incendio, durante il quale le tre allegorie vennero completamente distrutte, insieme ad altre opere di Klimt collezionate da Wittgenstein. Mentre di Filosofia e Giurisprudenza esistono solo fotografie in bianco e nero, le quali celano i veri colori dei due dipinti, di Medicina è pervenuta una copia di una fotografia a colori, la quale mostra le calde tonalità rosse, oro e gialle, spesso usate da Klimt nelle sue opere di maggior spessore.
Poco nota al grande pubblico e destinata a un triste epilogo, pregna di significato e di forte emozione, la serie delle allegorie di Klimt rappresenta il netto distacco da quella istituzionale e uno dei momenti più espressivi della sua arte che, nonostante sia andata in parte perduta, rimane e rimarrà indelebile nella storia dell’arte occidentale per la sua ricchezza d’oro e di enigmaticità.