2019: l’incredibile fuga di Carlos Ghosn

Se vi trovaste in un paese straniero, e foste ingiustamente accusati di frode fiscale, cerchereste di fuggire per evitare la galera? Facciamo finta che, venendo a conoscenza della situazione, un vostro amico mettesse a punto un piano di fuga e venisse nel paese in cui vi trovate:

Gli dareste fiducia e provereste a scappare?

Può sembrare la trama di un film d’azione, di quelli che ripercorrono la fuga del protagonista a ritroso, aggiungendo di tanto in tanto dei flashback della sua vita prima di quel momento, portando lo spettatore a capire che, forse, non è neanche tutta colpa sua se si trova in quella situazione. Ma qui non parliamo di un film; parliamo di chi davvero si è trovato a dover fuggire da un paese. C’è stato un uomo, Carlos Ghosn, che, accusato in Giappone di illeciti finanziari, ha deciso di rischiare tutto e fuggire, nascondendosi in un grande baule e facendosi imbarcare su un aereo.

Carlos Ghosn nel 2007 – Immagine di Nissan Motor Co. Ltd condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

La carriera di Carlos Ghosn

Carlos Ghosn Bichara nacque il 9 marzo del 1954 in Brasile. Il nonno era libanese, ma emigrò in Brasile verso l’età di 13 anni. Quando Carlos aveva 2 anni, si ammalò per aver bevuto dell’acqua non potabile e questo episodio spinse i genitori a spostarsi da Porto Velho alla più frequentata Rio de Janeiro. A 6 anni, si trasferì ancora, questa volta a Beirut, in Libano, insieme alla madre e alla sorella. Frequentò dei corsi preparatori in Francia e, successivamente, anche l’università, conseguendo la laurea in ingegneria. Ghosn entrò nel mondo del lavoro nel 1978, quando fu assunto dall’azienda automobilistica Michelin, e venne impiegato sia nella sede in Francia sia in Germania, costruendo un solido rapporto lavorativo durato ben 18 anni.

Nel 1984, gli affidarono il ruolo di capo della ricerca e dello sviluppo nella divisione situata a Tiro, in Libia, e, nel 1985, venne nominato “Chief Operating Officer” (COO, direttore operativo) della Michelin in Sud America, quindi tornò a vivere a Rio de Janeiro per gestire gli affari. Nonostante i grossi problemi finanziari dell’azienda, dovuta alla grave inflazione, Ghosn riuscì a risolvere le principali difficoltà, dando al mondo una delle prime dimostrazioni del suo innato talento. Nel 1996, diventò vice presidente esecutivo e fu coinvolto nello sviluppo e nella ricerca nel campo ingegneristico alla Renault, che era diventata da poco una società privata. Anche in questa occasione Carlos venne scelto come responsabile della divisone situata in Sud America e, operando diversi tagli, riuscì a migliorare gli affari proprio come aveva fatto in precedenza con la Michelin.

Carlos Ghosn nel 2013 – Immagine di Norsk Elbilforening condivisa con licenza CC BY 2.0 via Wikipedia

Nel 1999, la Renault francese e la Nissan giapponese decisero di unirsi in un’alleanza commerciale. La Nissan, in quel momento, versava davvero in condizioni critiche e non riusciva a vendere le sue automobili, accumulando debiti per milioni di yen.

Dato il suo talento, chi meglio di Ghosn poteva risollevare le sorti dell’azienda nipponica?

Carlos Ghosn accompagna François Hollande durante la sua visita al Salone di Parigi 2014 – Immagine di MotorBlog condivisa con licenza CC BY 2.0 via Wikipedia

Pur mantenendo il suo ruolo alla Renault, diventò COO della Nissan e, nell’ottobre dello stesso anno, annunciò il suo “Nissan Revival Plan”, dichiarando che si sarebbe dimesso se il progetto non fosse riuscito. Questo era stato considerato dai più, come un piano commerciale quasi impossibile, ma il programma ebbe molto successo, e cambiò totalmente il destino di Nissan, che negli anni successivi diventò una delle aziende automobilistiche più importanti in Giappone.

Nel 2001, Ghosn assunse il ruolo CEO (Chief Executive Officer, in ita. Amministratore delegato) della Renault e, nel 2005, anche della Nissan, diventando il primo uomo al mondo a essere CEO di due aziende contemporaneamente. Nel 2007 si mise a capo di un altro progetto che avrebbe reso la Nissan ancora più popolare: si trattava di mettere sul mercato una vettura a emissione-zero che, nel dicembre del 2010, si concretizzò con “Leaf”, la prima auto elettrica disponibile per le masse. Nel 2017, cedette il posto di CEO a Hiroto Saikawa, rimanendo comunque il presidente della Nissan e, per chiudere in bellezza, riuscì a concludere nuovi accordi con la Mitsubishi Motors, allargando l’alleanza in Renault-Nissan-Mitsubishi Alliance.

Fino a qui, per Carlos tutto bene, diremo alla grande, nessuno avrebbe mai sospettato quello che stava per accadere di lì a poco

Carlos Ghosn nel 2014 – Immagine di Thesupermat condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

L’arresto e le detenzioni

Il 19 novembre del 2018, Ghosn venne arrestato a Tokyo, appena dopo essere arrivato dal Libano con il suo jet privato alle 16:30. Lo stesso giorno Hiroto Saikawa, il nuovo CEO della Nissan, annunciò alla stampa che Ghosn avrebbe mentito riguardo l’ammontare del suo compenso lavorativo e che avrebbe usato beni aziendali per i propri interessi personali. Nissan dichiarò di aver ricevuto delle segnalazioni interne all’azienda, che l’avrebbero spinta ad avviare delle indagini sugli illeciti commessi sia da Ghosn sia dal suo braccio destro, l’americano Greg Kelly, che venne arrestato anche lui con l’accusa di aver aiutato il suo capo nella truffa. Questa ricerca avrebbe portato a delle prove schiaccianti della colpevolezza dei due; situazione che richiedeva l’intervento della procura di Tokyo per avviare le indagini giudiziarie. Ghosn fu licenziato, anche se le prove a suo carico che Nissan sosteneva di avere non erano ancora state mostrate. Tuttavia, i media giapponesi continuavano a riportare notizie della sua colpevolezza, come quella che Ghosn nel 2008, avrebbe “scaricato su Nissan una perdita personale di circa 16 milioni di dollari”.
A differenza di Greg Kelly, a cui venne approvata la libertà su cauzione (70 milioni di yen, ca. 560 mila euro), per Carlos Ghosn la situazione sembrava complicarsi sempre di più.

Carlos Ghosn nel 2008 – Immagine di 厚生労働省ホームページ condivisa con licenza CC BY SA 4.0 via Wikipedia

Per la legge giapponese, una persona sospettata di aver commesso un crimine può essere trattenuta in carcere fino a 23 giorni, allo scadere dei quali, se non si hanno nuove accuse a carico, si è costretti a rilasciare. Nel caso di Carlos Ghosn, sembrava che, allo scadere del periodo di detenzione, si rendessero pubbliche nuove accuse, che permettevano alla legge di trattenerlo in carcere ancora e ancora. Con questo sistema, Ghosn passò in reclusione diversi mesi (108 giorni), che descrisse in modo terribile, una volta riuscito a tornare in Libia. Secondo l’indagato, in carcere ricevette trattamenti molto pesanti: fu messo in isolamento e sottoposto a interrogatori infiniti senza la possibilità di essere assistito dai suoi avvocati o di contattare la famiglia. Non è raro che in Giappone un presunto criminale venga trattato nel modo descritto da Carlos: l’obiettivo, infatti, è quello di estorcere una confessione di colpevolezza ottenuta tramite pressione psicologica. Questo, però, va in conflitto con quello che recita l’articolo 38 della costituzione giapponese: «nessuna persona può essere condannata o punita nei casi in cui l’unica prova sia una sua confessione». Nonostante sia scritto nero su bianco, non è quello che succede nella realtà, grazie a cavilli giuridici inclusi nelle altre leggi, che rendono tutto perfettamente legale.

Va anche sottolineato che in Giappone la maggior parte dei casi perseguiti in tribunale, circa l’8%, finiscono con la condanna dell’imputato, mentre gli altri si concludono con il pagamento di una multa da parte dell’accusato. Per questo motivo, se in Giappone si arriva a un processo penale, l’imputato sarà ritenuto colpevole ancor prima di metter piede in tribunale. Questo sistema giudiziario è differente dal nostro, ed è forse ritenuto molto severo, se visto dal punto di vista occidentale, ma ottiene il consenso dalla maggior parte della popolazione giapponese. Secondo loro, infatti, questo sarebbe un metodo efficace per scoraggiare la delinquenza, elevando il Giappone in cima alla classifica dei paesi con il più basso tasso di criminalità al mondo.

Carlos Ghosn nel 2013 – Immagine di Bertel Schmitt (BsBsBs) condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Tornando a Ghosn, il suo avvocato, Junichiro Hironaka, provò più e più volte a chiedere la liberazione su cauzione per il suo cliente, promettendo ai giudici che una volta uscito, l’imputato avrebbe acconsentito a essere sorvegliato in maniera rigorosa. Dopo molto tempo, la richiesta venne accolta, ma, subito dopo, Carlos fu nuovamente arrestato a seguito di nuove accuse, per poi di nuovo essere scarcerato sotto una cauzione di 9 milioni di dollari, e messo in libertà vigilata in attesa di processo. In libertà vigilata, non aveva accesso a internet, se non in presenza del suo avvocato, e anche del telefono poteva farne un uso molto limitato. Contattare la moglie e la famiglia gli era stato precluso, e gli avevano confiscato tutti e tre i suoi passaporti, francese, libanese e brasiliano. C’erano telecamere di sorveglianza puntate sulla sua casa di Tokyo 24 ore su 24, e anche quando si allontanava dalla sua abitazione, era seguito degli investigatori privati della Nissan e, ovviamente, dalla stampa.

Ghosn rischiava fino a 15 anni di prigione, e gli occhi erano puntati tutti su di lui: tentare di fuggire in una situazione del genere sarebbe stato impossibile anche per il più abile dei prestigiatori. Ma ormai lo conosciamo, e sappiamo che è un uomo che è capace di rendere possibile l’impossibile.

Carlos Ghosn al lancio della nuova Datsun Go ( Delhi , 15 luglio 2013) – Immagine di Bertel Schmitt condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

La fuga di Carlos Ghosn

Ghosn era solito recarsi al Grand Hyatt Hotel quasi tutti i giorni ed è lì che, qualche tempo prima della fuga, si sarebbe incontrato con Peter Taylor, figlio di un ex membro delle forze speciali americane, forse proprio per discutere il piano di evasione. Ghosn voleva dare l’impressione a chi lo teneva d’occhio che il fatto di recarsi all’hotel fosse solo un’abitudine, così non avrebbero sospettato cosa realmente succedeva al suo interno.

Carlos Ghosn – Immagine di World Economic Forum condivisa con licenza CC BY-SA 2.5 via Wikipedia

Racconterà più tardi che quello che lo spinse alla fuga era stata la paura che non gli avrebbero mai concesso un processo equo e, anche se ci fosse stato, temeva ci avrebbero messo troppo tempo. Secondo la ricostruzione, il 29 dicembre del 2019, Carlos uscì di casa alle 14:30 e, come al solito, si recò al Grand Hyatt Hotel, dove incontrò i suoi complici: Peter, suo padre Michael Taylor, e un certo George Antoine Zayek, che forse lavorava per Michael.

Carlos Ghosn presenta la Nissan GT-R al Motor Show di Tokyo (2007) – Immagine di Nissan Motor Co. Ltd condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Per poter uscire dall’hotel senza essere riconosciuto, Ghosh si dovette cambiare d’abito e, una volta fuori, le loro strade si divisero: Peter prese un volo diretto per la Cina dall’aeroporto di Narita, a Tokyo, mentre Michael, Zayek e Ghosn salirono su un taxi e poi sullo Shinkansen (treno ad alta velocità giapponese), direzione Osaka. Arrivati in città, entrarono in un hotel che Michael Taylor aveva precedentemente prenotato e, giunti in camera, chiusero Ghosn in un grande baule, di quelli usati per ritirare gli strumenti musicali, a cui avevano praticato un foro per il passaggio dell’aria.

Carlos Ghosn intervistato da LinkedIn Influencer (2014) – Immagine di linkedieditors condivisa con licenza CC BY 2.0 via Wikipedia

Quando Zayek e Michael lasciarono l’hotel alle 21:57, dalle telecamere di sicurezza si vide che non vi era più traccia di Ghosn, già nascosto all’interno baule. Il piano consisteva nel far imbarcare il baule su un Jet privato in partenza dall’aeroporto di Osaka. Rispetto a Tokyo, Osaka si serviva di sistemi di sicurezza molto più deboli; in più, essendo fine dicembre, il personale era ridotto per via del capodanno, festività molto sentita in Giappone.

Carlos Ghosn e Putin nel 2008 – Immagine di Kremlin.ru condivisa con licenza CC BY 4.0 via Wikipedia

Inoltre, gli imbarchi per i jet privati non erano affollati quanto quelli di linea e, di solito, i bauli di grandi dimensioni che non riuscivano a passare nello scanner e dovevano essere aperti e perquisiti. Le probabilità di attacchi terroristici per i voli privati era molto basso, perciò spesso la verifica del contenuto non veniva effettuata. Michael e Zayek riuscirono a eludere la sicurezza e a imbarcare il baule nella stiva del jet privato diretto a Istanbul, in Turchia.

Carlos Ghosn al World Economic Forum (2009) – Immagine di World Economic Forum condivisa con licenza CC BY SA 2.0 via Wikipedia

Arrivati a destinazione, Michael e Zayek proseguirono verso Beirut, preoccupandosi di imbarcarsi da un altro aeroporto della città e di servirsi di un volo di linea, mentre Carlos proseguì verso il Libano da solo, da uomo libero. La decisione di Ghosn di tornare in Libano era dettata dal fatto che il paese non aveva accordi di estradizione col Giappone. Chiaramente quando le autorità giapponesi si accorsero della fuga, emisero immediatamente un mandato di cattura internazionale nei confronti del fuggitivo e scattò anche la “Red Notice” dell’Interpol, ovvero una richiesta di rintracciare ed estradare il sospettato in questione.

Carlos Ghosn – Immagine di Nissan MotorCo. srl condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Anche sulla moglie fu emesso un mandato d’arresto, poiché sembrava che avesse
dichiarato il falso durante un’udienza. Ghosn, l’uomo che era addirittura diventato il protagonista di un manga, nei suoi anni ​d’oro giapponesi, ancora oggi si trova in Libano con la moglie, e ha il divieto di lasciare il paese.

Carlos Ghosn nel 2011 – Immagine di BsBsBs condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Ai suoi complici, però, è spettata una sorte peggiore: Michael e Peter Taylor sono stati arrestati in Massachusetts (USA) ed estradati nel 2020 in Giappone. Il padre è stato condannato a due anni di carcere, mentre il figlio a un anno e otto mesi. Del terzo complice Zayek, non si hanno ancora oggi notizie.

Carlos Ghosn con Dilma Rousseff (Brasilia, 1 ottobre 2011) – Immagine di Dilma Rousseff condivisa con licenza CC BY SA 2.0 via Wikipedia

Alla Nissan, il CEO Hiroto Saikawa, ammise di aver anche lui ricevuto dei compensi
non giustificati, e di aver pensato che fossero dovuti a un errore di calcolo dell’azienda. Saikawa non denunciò l’accaduto per molto tempo e incassò il denaro, per questo motivo fu allontanato dal suo incarico.

Hiroto Saikawa all’assemblea degli azionisti di Nissan, del 24 giugno 2014 a Yokohama – Immagine di Bertel Schmitt (BsBsBs) condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Ghosn si proclama tutt’oggi innocente, e continua a dichiarare di essere dovuto scappare dal Giappone poiché «ostaggio di un sistema giudiziario falsato». Intanto, anche la Renault in Francia dice di aver delle prove di illeciti finanziari operati da Ghosn nei confronti dell’azienda francese.

Carlos Ghosn risponde alle domande dei giornalisti nello stabilimento Nissan di Kyushu, in Giappone (settembre 2011) – Immagine di BsBsBs condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Secondo queste accuse Ghosn si sarebbe appropriato di circa 50 mila euro appartenenti a un fondo aziendale destinato alla beneficienza per Versailles, e si sospetta che li abbia usati per il suo matrimonio, avvenuto nel 2016.


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