Gabriele d’Annunzio e il suo vivere inimitabile. Anche le dimore abitate dal poeta, dalla casa natale di Pescara all’ultima grandiosa dimora sulle rive del lago di Garda rispecchiano la sua vita.
Casa Natale
D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863. La casa natale in corso Manthonè. Fu dichiarata monumento nazionale il 14 aprile 1927 con Regio Decreto. Dal 1926 il poeta incaricò l’architetto e ingegnere Antonino Liberi, marito della sorella Ernestina, di restaurare l’abitazione per commemorare la memoria della defunta madre, Luisa De Benedictis, morta il 27 gennaio 1917. Il poeta però non rimase contento del progetto, principalmente perché Liberi aveva livellato i tre gradini che permettevano di accedere alla camera matrimoniale, i quali erano legati al rispetto e all’adorazione della madre e definiti dal poeta “i tre gradini d’altare” nel “Notturno”. D’Annunzio affidò successivamente il progetto all’architetto del Vittoriale Giancarlo Maroni che, dopo l’emanazione di una legge dello Stato che ne prevedeva l’esproprio, la restaurazione e la sistemazione, portò il progetto a termine nei prime mesi del 1938.
Sotto, la casa natale di D’Annunzio. Fotografia di Ra Boe condivisa con licenza Creative Commons 2.5 via Wikipedia:
L’edificio, dopo la morte della madre del poeta, fu curato da Marietta Camerlengo, custode non solo della dimora ma anche della memoria di Luisa De Benedictis, occupandosi anche della cura del luogo di sepoltura presso il cimitero di San Silvestro. La salma venne traslata il 28 agosto 1949 nella cattedrale di San Cetteo, per volere del figlio, ormai defunto da 11 anni. Riposa in un’arca scolpita da Arrigo Minerbi nella cappella del braccio sinistro del transetto.
Purtroppo furono ingenti i danni durante i bombardamenti nel corso del secondo conflitto bellico. Molti arredi originali vennero trafugati, venne anche uccisa una tartaruga, solo per crudeltà, che da anni viveva indisturbata nell’antica dimora. Una prima esposizione museale venne realizzata nel 1963, centenario della nascita del poeta, dalla “Fondazione d’Annunzio” per la mostra intitolata “L’Abruzzo nella vita e nelle opere di Gabriele d’Annunzio”.
Oggi, il museo allestito al primo piano dell’edificio è composto da 9 sale e conserva arredi e mobili d’epoca, oltre ad oggetti dello scrittore e della sua famiglia.
Da giovane studente il poeta visse dal 1874 al 1881 presso il collegio Cicognini di Prato, dove studiò con profitto. Stabilitosi a Roma per frequentare l’università, facoltà di Lettere e Filosofia, che però ben presto abbandonò, dimorò in diverse case fino a quando, dopo essersi unito in matrimonio con Maria Hardouin di Gallese il 28 luglio 1883 si trasferì a Pescara a villa del Fuoco fino al novembre 1884, per poi fare ritorno a Roma. Il matrimonio entrò presto in crisi e d’Annunzio iniziò a frequentare altre donne.
Nel 1889 insieme a Barbara Leoni ( Elvira Natalia Fraternali Leoni) soggiornò in una casa in campagna a San Vito Chietino in Abruzzo. Qui dal 23 luglio 1889 al 22 settembre 1889 compose “Il trionfo della morte”.
Nell’estate del 1891 conobbe a Napoli Maria Gravina Cruyllas di Ramacca, sposata e già madre di 4 figli. Da lei ebbe l’amata figlia Renata. D’Annunzio collocò l’amante e la figlia a Francavilla al mare nel villino Mammarella, dimora che il poeta rese sfarzosa, con mobili pregiati, pareti coperte di damasco rosso, arazzi, tappeti orientali, libri preziosi.
A Venezia conobbe nel 1894 l’attrice Eleonora Duse, iniziando una relazione che si protrasse a lungo, pur tra alti e bassi e gli innumerevoli tradimenti del poeta durante le assenze dell’attrice, spesso in tournée all’estero. Per vivere vicino all’amata, che aveva un villino a Settignano in Versilia, affittò una villa.
Villa la Capponcina
Fu il dottore Benigno Palmerio, veterinario abruzzese amico del poeta, a trovare a d’Annunzio la villa. Isolata nel verde, appartenente ai marchesi Viviani della Robbia e vicino alla Porziuncola, la villa abitata dalla Duse. Il poeta volle la dimora sgombra di mobili per poterla arredare a suo gusto e dove visse per un decennio, circondato dallo sfarzo e dal lusso, come un vero signore del Rinascimento. Furono anni molto fecondi per la sua produzione letteraria,“Il fuoco”, “Le Laudi”, “Francesca da Rimini”, “La nave” e molto altro ancora. Frequentava abitualmente l’ippodromo delle Cascine, non solo perché appassionato di cavalli ma anche come animatore e protagonista della vita mondana fiorentina del primo decennio del XX secolo. La Capponcina fu lo scenario romantico di altri amori di d’Annunzio come quello per la marchesa Alessandra Starabba di Rudinì e Giuseppina Mancini moglie del conte Giuseppe Mancini. Purtroppo il poeta dovette lasciare Firenze e l’Italia, rifugiandosi per un lustro in Francia perché oberato di debiti. I preziosi arredi della Capponcina furono venduti all’asta in seguito alla bancarotta che lo costrinse al lungo esilio. Dal 20 maggio al 13 giugno 1911 venne tenuta un’asta pubblica che disperse gli arredi e gli oggetti preziosi raccolti dal poeta. Solo i libri furono salvati e risparmiati dalla vendita.
Villa Saint-Dominique, Arcachon (Francia)
Dal 1910 al 1915 Gabriele d’Annunzio visse in Francia, e oltre a soggiorni parigini scelse di vivere in una zona amena, Arcachon, dipartimento della Gironda, regione Nuova Aquitania. Qui in allès des Genets, oggi allès Gabriele d’Annunzio prese in affitto la villa Saint Dominique. Qui scrisse nel 1911 “Il martirio di San Sebastiano” e visse anche la storia d’amore con la contessa Natalia de Golubeff, moglie del conte russo Viktor Golubev da cui viveva pacificamente separata. D’Annunzio la abbandonò per fare rientro in Italia. La contessa si spense nel 1941 in preda all’alcolismo e nella più profonda miseria. Anche questa dimora rispecchia lo spirito del signore del rinascimento, anche se in maniera diversa visto che il villino si prestava ad una vita amena, salutare, con una spiaggia vicina che d’Annunzio amava percorrere con i suoi amati cavalli o in compagnia dei suoi levrieri. Nel 1918, già ritornato in Italia, ricevette una lettera di sollecitazione a sgomberare lo chalet in quanto gli eredi dell’ex proprietario Adolphe Bermond erano impegnati in una trattativa di vendita. 8 vagoni stracolmi dei suoi averi, accumulati durante il soggiorno francese, arrivarono a Venezia, ma la casetta rossa, dimora del poeta nella città lagunare, era troppo piccola per contenerle e così affittò il secondo piano di palazzo Barbarigo di San Polo, sontuosa dimora sul canal Grande.
Casetta Rossa
Durante il primo conflitto mondiale d’Annunzio abitò nella “casetta rossa” o “casina delle rose”. E’ a San Maurizio, con un piccolo giardino davanti, di fronte a palazzo Venier dei Leoni, sede della fondazione Guggenheim e accanto a palazzo Corner. L’edificio costruito per volere del principe austriaco Fritz Hohenlohe –Waldenburg e della moglie Zina fu progettato dall’architetto Domenico Rupolo. Frequentato da artisti e letterati del tempo, fu dimora dei committenti fino allo scoppio della grande guerra. In questa casa d’Annunzio preparò la “beffa di Buccari”, il volo su Vienna e l’impresa di Fiume. E qui trascorse la lunga convalescenza dopo l’incidente aereo del 16 gennaio del 1916 a seguito di un atterraggio d’emergenza. Nel violento urto contro la mitragliatrice dell’aereo riportò una lesione all’altezza della tempia e dell’arcata sopracciliare destra. La ferita, non curata per un mese, provocò la perdita dell’occhio. Durante il lungo periodo di inattività ed immobilità a letto iniziò a comporre il “Notturno” assistito amorevolmente dalla figlia Renata, nata dalla relazione con Maria Gravina Cruyllas di Ramacca.
Negli anni del primo conflitto mondiale d’Annunzio, da valoroso soldato, si distinse sempre in gesta eroiche, e non dimentichiamo che il poeta aveva già compiuto 50 anni. Il 12 settembre 1919, partito da Ronchi di Monfalcone, ribattezzata Ronchi dei Legionari, insieme ad alcuni ufficiali, tra cui il tenente Guido Keller, a cui si unirono strada facendo bersaglieri, cavalleggeri, arditi e i volontari irredentisti del capitano Giovanni Host-Venturi, entrò a Fiume. Inizia così l’impresa fiumana finita con il “Natale di sangue” nel 1920. Il poeta lascerà Fiume il 18 gennaio 1921, non facendovi più ritorno.
Da questo momento in poi finiscono le gesta del d’annunzio soldato ed eroe dell’impresa fiumana e ritorna prepotentemente la voglia nel poeta di ritornare ai suoi scritti e alla poesia. Ma ha bisogno di un luogo che possa essere la sua dimora per gli anni a venire, gli anni della maturità. Sta per nascere il Vittoriale degli italiani.
Vittoriale
Villa Cargnacco, sulle sponde del lago di Garda, a Gardone Riviera, era una villa di campagna di proprietà del critico d’arte tedesco Henry Thode che vi abitava con la moglie Daniela Senta von Bulow, nipote di Richard Wagner, sequestrata dal governo italiano, dopo la fine del primo conflitto bellico, come risarcimento dei danni di guerra. Nel contratto di affitto, stipulato il 30 gennaio 1921, il sequestratario concedeva la villa al Comandante d’Annunzio per 600 lire mensili per un anno. Uno dei problemi della villa fu lo sloggio dei custodi, i coniugi Bazzani-Cobelli insieme ai loro quattro figli, convinti da d’Annunzio a lasciare libere le stanze dell’edificio e a trasferirsi in una casetta vicina, detta poi la Guardaroba. Subito iniziarono i lavori di ristrutturazione ed ammodernamento della villa che fu dotata di stufe, di telefono e di un moderno impianto elettrico. Il 31 ottobre 1921 la dimora viene acquistata per 130.000 lire, cifra che raddoppiò con l’acquisto di tutto ciò che vi era al suo interno, mobili, cimeli, una biblioteca di oltre 6000 volumi, il pianoforte Steinway appartenuti a Listz. Il giovane architetto Gian Carlo Maroni, nativo di Arco, inizia gli imponenti lavori che renderanno la casa colonica di Thode la cittadella del Vittoriale degli italiani. Il 22 gennaio 1923 d’Annunzio faceva dono all’Italia del complesso museale. Nel gennaio del 1925 giunsero al Vittoriale il MAS con il quale d’Annunzio aveva compiuto nel 1918 la “Beffa di Buccari” e la prua della nave Puglia, dono dell’ammiraglio Thaon di Revel, trasportata in una ventina di vagoni ferroviari e rimontata sul promontorio “La Fida” a ricordo dell’eroico capitano Tommaso Gulli ferito a morte nelle acque di Spalato il 10 luglio 1920.
Ingresso al Vittoriale degli italiani:
Il 7 settembre 1930 venne perfezionato l’atto di donazione del Vittoriale al popolo italiano. Il 17 luglio 1937 viene costituita la fondazione “Il Vittoriale degli italiani” amministrata da un Presidente e da un Consiglio nominati dal Capo dello Stato. Quest’ultimo decreto divenne operante l’indomani della morte di Gabriele d’Annunzio, avvenuta il 1° marzo 1938. Dopo la morte del poeta l’architetto Maroni ultimò il mausoleo dove d’Annunzio riposa dal 23 giugno 1963, 25° anniversario della sua morte,(inizialmente la bara venne tumulata nel tempietto dell’Olocausto) e il Parlaggio, il magnifico teatro che proprio nel 2020 è giunto alla sua ultimazione, con la copertura del grezzo cemento con lastre di marmo rosso di Verona proprio come era nell’idea del proprietario di questa meravigliosa e straordinaria cittadella. Oggi grazie all’impegno della fondazione, del suo presidente Giordano Bruno Guerri e della regione Lombardia il sogno di Gabriele d’Annunzio si è realizzato. Ora il Vittoriale è come lo aveva immaginato e sognato lui.
FONTI E RISORSE BIBLIOGRAFICHE: Piero Chiara, Vita di Gabriele d’Annunzio, Milano, 1981, Mondadori.
Giordano Bruno Guerri, D’annunzio l’amante guerriero, Milano, 2008, Mondadori.