Una serie di importanti sconvolgimenti scuote la Francia della seconda metà del XVIII secolo. Le variegate idee illuministe hanno attecchito nella borghesia. Nelle città ci si riunisce per discutere di tutto. Piazze, salotti e accademie ospitano sempre più persone desiderose di dibattere dei problemi più in vista. La stampa periodica è esplosa. Si pubblicano opuscoli e giornali in quantità, mentre la massa è destinata a politicizzarsi sempre più, diventando maggiormente partecipe della vita politica del regno.
La Francia di Luigi XVI
Francia, 1774. Luigi XV è morto. Sarà suo nipote a salire sul trono, prendendo il nome di Luigi XVI. Il Paese ereditato è arretrato; l’agricoltura poco produttiva; l’autoconsumo domina molte realtà. La gran parte della popolazione lavora nelle campagne e vive in povertà, dissanguata dai pesanti prelievi di clero, Stato e nobiltà. La siccità imperversa, danneggiando i raccolti. I prezzi dei prodotti agricoli e degli affitti sono aumentati vertiginosamente e nelle città si trova sempre meno pane.
Ma quella delle campagne non è l’unica crisi. Vi è anche quella finanziaria, esistente già da tempo; causata dall’ingente spesa pubblica, dalla corruzione degli appaltatori di imposte e aggravata dalla partecipazione alla guerra contro gli inglesi, in occasione della Rivoluzione Americana.

Per porvi rimedio, il ministro delle finanze, Jacques Necker, ha proposto di ridurre le spese e aumentare il debito. Ma la pubblicazione dell’elenco delle pensioni pagate dalla monarchia ai nobili causerà il suo allontanamento; fatto che provocherà ancor di più l’ira dei parigini, già alle prese con la crisi economica.
Il nuovo ministro, Calonne, proporrà un’imposta fondiaria da far pagare a tutti i possessori di terra, andando, quindi, contro la tradizione che vedeva clero e nobiltà esenti dal pagamento dei tributi. Ma la questione è delicata e verrà, per questo, rimessa agli Stati Generali, la rappresentanza del Regno, un’assemblea composta dai rappresentanti eletti dei tre Stati o ceti di Francia (clero, nobiltà e Terzo Stato), in cui la votazione sarebbe dovuta avvenire per ordine (ogni Stato esprime un voto), privilegiando i primi due ceti, aventi posizioni affini.
Dagli Stati Generali all’assalto alla Bastiglia
Le rappresentanze iniziano a raccogliere i cahiers de doléance (che sono i registri in cui erano segnate le lamentele della popolazione, per lo più abolizione dei privilegi feudali, riduzione della pressione fiscale, aiuti concreti contro i disagi nelle campagne, più libertà ed eguaglianza).

Il clima in cui, il 5 maggio 1789, si riuniscono, a Versailles, gli Stati Generali è molto teso. La popolazione è in fermento per la distanza creatasi con la corte, esageratamente opulenta. Il Terzo Stato, che rappresenta la quasi totalità della popolazione, non tollera di avere lo stesso peso degli altri due agli Stati Generali. Il popolo chiede a gran voce il voto per testa, trovando però le porte chiuse, come chiusa sarà, per ordine del re, la stanza in cui solevano radunarsi i deputati del Terzo Stato. Questi, autoproclamatisi Assemblea Nazionale, in quanto rappresentanti la nazione, decidono di riunirsi nella sala della pallacorda, dove faranno un giuramento: non si sarebbero separati finché non avessero approntato una Costituzione per il Regno. L’Assemblea Nazionale si riunirà, poi, con gli altri due ordini, prendendo il nome di Costituente.

Il re, temendo la rivolta generale, ordina alle truppe di circondare Parigi, col solo risultato di provocare ancor di più la rabbia del popolo, che prende a manifestare con ancora più forza, ad attaccare i caselli del dazio e a razziare gli edifici alla ricerca di armi e provviste.
Una folla composta per lo più da artigiani prende d’assedio la prigione-fortezza della Bastiglia, simbolo del potere monarchico. Le guarnigioni, al suo interno, sparano sulla folla. E’ una carneficina dalla quale usciranno vincitori i rivoltosi. E’ il 14 luglio 1789, una data entrata nell’immaginario collettivo non solo francese ma di tutto il mondo.

La Grande Paura e la marcia a Versailles
La rivolta infuria anche nelle campagne, dove si teme l’arrivo di briganti assoldati dagli aristocratici per vessare la popolazione. I contadini assaltano i castelli dei Signori, razziandoli e bruciando le carte comprovanti i diritti feudali.
Ad agosto la rappresentanza della nazione decide di aprire le carriere e abolire i privilegi di nobiltà e clero. Approva, inoltre, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, contenente i principi fondamentali di libertà, sovranità popolare ed eguaglianza, di ispirazione illuminista, perno della Rivoluzione.
A Parigi, tuttavia, si continua a patire la fame. Tra il 5 e il 6 ottobre un corteo di donne, accompagnate da membri della Guardia Nazionale (una milizia costituitasi a Parigi e poi in altre città), imboccherà la strada per Versailles, dove costringerà la famiglia reale a trasferirsi al palazzo delle Tuilieries, a Parigi, dal quale tenterà la fuga nella notte tra il 20 e il 21 giugno del 1791, venendo però intercettata a Varennes e riportata nella capitale.

La Costituzione del 1791 e la guerra
Nel settembre del ’91 il re dovrà accettare la Costituzione finalmente redatta, che limiterà molto i suoi poteri. Quello legislativo sarà assegnato all’Assemblea nazionale legislativa, votata dai cittadini attivi (coloro che pagavano un certo quantitativo di tasse). Eletti avrebbero dovuto essere anche i magistrati, detentori del potere giudiziario. Un potere esecutivo ridotto sarebbe, invece, rimasto al sovrano. La Francia è diventata una monarchia costituzionale.
La rivoluzione, intanto, si è radicalizzata. I bagni di sangue non sono rari, causati dai rivoluzionari ormai spaccati in correnti distinte e avversarie. Puntando su questo clima di caos e sul desiderio dei rivoluzionari di esportare la Rivoluzione nel resto d’Europa, Luigi XVI propone all’Assemblea Legislativa di dichiarare guerra al re di Boemia e Ungheria, Francesco II. L’armata francese, però, subirà un’importante sconfitta presso Lille (Belgio). L’esercito era già alle prese con una forte disorganizzazione: alcuni generali erano fuggiti all’estero e molti soldati avevano disertato. I rivoluzionari pensano subito a un complotto aristocratico contro la Rivoluzione e proclamano lo stato di Patria in pericolo, incitando i volontari ad accorrere a Parigi.

La fine della monarchia
Nella capitale un gruppo di rivoluzionari instaura la Comune Insurrezionale, andando a sostituire la precedente amministrazione; mentre le Tuileries vengono assaltate dalla folla rivoltatasi contro il monarca. La vicinanza delle potenze straniere alla famiglia reale, espressa anche tramite minacce ai rivoluzionari, avevano fatto infuriare i parigini. Inoltre le riforme ancora non avevano risolto la crisi economica e il problema della diseguaglianza. L’Assemblea legislativa non può far altro che riconoscere decaduta la monarchia. E’ il 10 agosto del 1792.
Il re e la sua famiglia vengono imprigionati, mentre l’Assemblea chiede al popolo l’elezione di una Convenzione, un’assemblea col compito di redigere una nuova Costituzione. Il 21 settembre verrà proclamata la Repubblica.

Il momento di decidere le sorti della famiglia reale è giunto. I gruppi rivoluzionari dibattono a lungo. C’è chi difende il monarca, temendo lo scontro con le potenze europee; e chi lo considera un nemico della nazione. Alle Tuilieries, intanto, vengono trovati dispacci comprovanti il coinvolgimento del re negli intrighi internazionali contro la Rivoluzione. Il suo destino è segnato. Sarà la Convenzione a processare il sovrano.
La sentenza è la morte
Il re sarà portato a Place de la Révolution, dove, il 21 gennaio 1793, la lama della ghigliottina porrà fine alla sua vita. Il 14 ottobre dello stesso anno sarà il turno di Maria Antonietta, accusata di aver esaurito il tesoro nazionale e di aver complottato con le altre monarchie contro la Rivoluzione.

I francesi non potevano immaginarlo ma con il taglio della testa dei due sovrani finiva un’epoca in Francia, quella di Impero Assoluto, e iniziava il periodo delle grandi rivoluzioni democratiche, che la stessa Francia dovrà poi riaffrontare durante l’800. Un lasso di tempo di 100/150 anni in cui l’assetto politico degli stati europei cambierà completamente. Il popolo guadagnava diritti inimmaginabili fino a pochi decenni prima, ma il prezzo di queste rivoluzioni sarà, in tutti i casi, la morte di un numero indefinibile di persone, tante fra le quali completamente innocenti. Ma questa è un’altra storia.