Henry Every: la cruenta storia del Re dei Pirati

Agosto, 1659 – Newton Ferrers. Nel piccolo villaggio a dieci chilometri dalla grande città portuale di Plymouth, Anne e John Every danno alla luce un figlio: Henry. La famiglia Every ha una certa importanza in Inghilterra: hanno grandi possedimenti ed Henry appartiene a un ramo della famiglia vicino ai proprietari del castello di Wycroft. In Inghilterra si è consumata una Rivoluzione, dalla quale è nato il Commonwealth, conosciuto come Repubblica Inglese, retto da Richard Cromwell, considerato quasi una sorta di dittatore. La lotta politica è aspra e la monarchia è prossima a ritornare.

Oliver Cromwell, opera di Robert Walker (1649 ) – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Gli inizi

Cresciuto, viene iniziato alla vita marinara. Forse si arruola nella Royal Navy, ma non abbiamo certezze. Nel 1688 scoppia la Guerra dei Nove Anni: l’Inghilterra di Guglielmo d’Orange, l’Impero, la Spagna e le Province Unite si alleano per contenere le mire espansionistiche francesi. Henry, ormai trentenne, serve sotto il comandante Francis Wheeler, sull’HMS Rupert: una nave di linea da settecento-novantuno tonnellate e sessantasei cannoni. Fa carriera e si unisce all’equipaggio della HMS Albemarle, un novanta cannoni. Partecipa alla rovinosa sconfitta di Beachy Head, che mette in grande allarme l’intera Inghilterra; poco dopo viene congedato.

Ha famiglia, o almeno una moglie, Dorothy Arther, sposata nel settembre del 1690. Prende parte alla Tratta degli Schiavi, trasportando i prigionieri dalla Guinea alle Americhe, facendosi un nome come Long Ben.

Battaglia di Beachy Head – dipinto di Theodore Gudin – immagine di pubblico dominio via WIkipedia

In seguito si imbarca come primo ufficiale sulla Charles II, conosciuta anche come Duke, entrando al servizio della Spanish Expedition Shipping, fondata da un mercante e altri azionisti, allo scopo di trarre profitto dalla guerra tra Spagna e Francia. La prima è infastidita dagli attacchi dei corsari francesi e dal traffico di contrabbando imbastito nelle Indie Occidentali. Gli iberici non hanno la forza di contrastare i nemici, per questo si rivolgono a privati, che avrebbero dovuto commerciare nelle colonie e importare armi. La Carlo II è a la Coruna, quando si scopre l’assenza dei documenti necessari alla missione. I marinai si trovano in Spagna, praticamente senza lavoro e senza paga. Gli sfortunati protestano inutilmente; si prende, così, a pianificare un ammutinamento. Avery ne è uno dei protagonisti; gira per le navi, sondando gli animi, accattivandosi le simpatie degli scontenti, parlando delle opportunità di ricchezza che un ammutinamento, che la libertà avrebbe portato.

A Coruña – opera di Pier Maria Baldi (1669) – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’ammutinamento

La notte del 7 maggio 1694, il capitano è addormentato nella sua cabina, forse sbronzo, oppure malato. Altri uomini si avvicinano a bordo delle lance; chiedono ad Avery:

è a bordo il vostro ubriacone di nostromo?

La risposta affermativa arriva immediatamente. E’ il segnale concordato. I cospiratori salgono furtivi sulla Charles e prendono il controllo della fregata. I fedeli al capitano sono pochi e dormono. Il capitano della James, una delle navi del convoglio, si accorge della situazione e spara un colpo. Ma a nulla vale l’allarme. Gli ammutinati levano l’ancora e partono, favoriti dall’oscurità.

Il vascello veleggia tranquillamente nell’Atlantico. Il capitano si sveglia, chiama Every, pretende spiegazioni: perché sono in mare aperto? Chi ha dato l’ordine? Il suo vecchio primo ufficiale gli comunica la notizia: si sono ammutinati. Gli dà una scelta: unirsi a loro o essere sbarcato. Il capitano Gibson opta per la seconda: posto su una barca, insieme ai suoi, viene lasciato al suo destino.

La Pirateria

Ora, Every è il capitano, eletto all’unanimità. Cambia il nome della nave in Fancy e propone di dirigersi in Madagascar, da dove compiere scorrerie nell’Oceano Indiano. Lungo la costa africana depreda alcuni mercantili e trascina a bordo, con l’inganno, alcuni schiavi. Percorre la Pirate Round, una rotta percorsa già da altri pirati, che costeggia l’Africa occidentale, passando per il Capo e poi in Madagascar.

Vita in Madagascar, XVII secolo – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Sulla costa occidentale della grande isola catturano una o due corvette, precedentemente prese da pirati francesi. Questi si sono rifugiati nei boschi; pensano che la Fancy sia una nave inglese inviata contro di loro. Every li avvicina e li convince a unirsi a lui. Le sue forze crescono e così le sue ambizioni: vuole le prede delle ricche coste arabe.

Altri pirati battono le acque del Bab-el-Mandeb, lo stretto all’imboccatura del Mar Rosso che divide Africa e Penisola Arabica. Tutti puntano allo stesso obiettivo: la grande flotta indiana. Henry incontra altri capitani, divenendo ammiraglio di una temibile flotta di navi pirata: sotto di sé unisce grandi nomi, come Thomas Tew, Joseph Faro,  Richard Want, William Mayes e Thomas Wake. Almeno sei navi e più di quattrocento uomini sono uniti sotto il carismatico capitano. Tew ha già avuto modo di gustare i ricchi bottini di quelle acque, catturando un veliero carico di un tesoro che vale circa centomila sterline.

Comune rappresentazione del Jolly Roger di Every – immagine sotto licenza CC0 via Wikipedia

I pirati sono in attesa; puntano gli occhi all’orizzonte; osservano con attenzione e scorgono delle vele. Si avvicinano, convinti siano mercantili olandesi, carichi di merci esotiche; sono, invece, venticinque navi indiane; appartengono al Gran Moghul, il ricchissimo sovrano d’India. Ingaggiano un breve combattimento, ma gli avversari sfuggono, mentre Thomas Tew trova la morte, colpito da una palla di cannone. Every non demorde e si mette sulle tracce del convoglio, imbattendosi in una preda estremamente succulenta.

Sono due navi. Una è il Fateh Muhammed, seicento tonnellate, e sta scortando Ganj-i-sawai, l’orgoglio della marineria indiana, un Ghanjah Dhow (veliero mercantile) di oltre cinquanta metri di lunghezza e un tonnellaggio circa tre volte superiore a quello della Fateh, di ritorno da La Mecca, in occasione del pellegrinaggio di una parente del Gran Mogol.

Il Grande Colpo

Inizia l’inseguimento. La flotta Moghul è diretta verso l’India, così come le due grandi navi rimaste probabilmente indietro; il tempo scarseggia. La Fancy distanzia gli alleati e spara un colpo contro la Ganj. Questa non si ferma, anzi, issa orgogliosa la bandiera dell’impero. Every ingaggia la scorta, arresasi poco dopo, e arraffa un ricco bottino; ma i pirati puntano a qualcosa di più. I bastimenti si stanno avvicinando alla foce dell’Indo e al porto di Surat. I predoni superano la nave indiana. Questa vanta sessantadue (o addirittura ottanta) cannoni e un cospicuo equipaggio armato, ben addestrato. Si prospetta una lotta cruenta.

Xilografia della Fancy che ingaggia il Ganj-i-Sawai – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La Fancy spara, tenendosi a debita distanza; fa esplodere un cannone dell’avversaria; i morti sono tanti e l’albero maestro del grande veliero è distrutto. La nave pirata si avvicina e parte l’abbordaggio. Viene sparso molto sangue, mentre si va alla ricerca del grande tesoro, uno dei più grandi mai catturati dai pirati. Gli uomini vengono torturati e le donne stuprate.

Raccolte le ricchezze i malfattori ripartono, lasciando andare la Ganj. Inizia così la delicata questione della divisione del bottino. Essendo la Fancy ad aver corso il rischio maggiore, al suo equipaggio è andata la parte più grossa. Le altre navi si devono accontentare delle “briciole”. Gli uomini di Every sono colmi di oro e pietre preziose. Ora possono tranquillamente dirigersi in Madagascar, dove ognuno riceverà il corrispettivo di mille sterline (circa centomila di oggi), più altri preziosi, che useranno per acquistare un gran numero di schiavi.

Xilografia del 1837 raffigurante il carico dei forzieri a bordo della Fancy – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La Vendetta del Re

Alcuni uomini lasciano la ciurma, decisa a puntare alle Bahamas. Intanto, la Ganji è tornata in India. La notizia dell’attacco ha generato un grosso scandalo: una nave dell’imperatore, che per di più trasportava pellegrini, è stata attaccata dagli inglesi, i quali, non contenti, ne hanno trafugato il tesoro e sottoposto a violenze i passeggeri. L’imperatore moghul è furioso e così lo sono i membri della Compagnia delle Indie Orientali, che vedono compromessi i loro sforzi di instaurare rapporti commerciali con il ricchissimo impero d’Asia.

Si rischia il deflagrare di un pericoloso incidente diplomatico. Diversi inglesi vengono arrestati, mentre si minaccia un attacco a Bombay, controllata dai britannici. La Compagnia risolve di pagare un indennizzo, mentre il Parlamento inglese si scaglia con forza contro i pirati. E come se ciò non bastasse, entrambi pongono una grossa taglia sulla testa di Every.

Il proclama per l’arresto di Henry Every, con una ricompensa di 500 sterline – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Ormai famigerati ricercati, gli uomini della Fancy cercano di corrompere il governatore di Nassau, con ottocento sterline e la nave stessa. Un’offerta allettante per una colonia inglese spopolata, sguarnita e in crisi, a causa della guerra. Every, sotto la falsa identità di Bridgeman (uno schiavista), e i suoi vengono ben accolti a Nassau. La nave viene consegnata al governatore, insieme ad altri regali. Arrivata la notizia dell’impresa del pirata e della taglia, il capo della colonia delibera di arraffare quanto può e far naufragare la fregata. I pirati sono costretti a tenere un profilo basso; non possono godere delle fortune come vorrebbero e devono continuamente guardarsi le spalle.

La scomparsa del Re dei Pirati

Non è chiaro cosa ne sia stato di Every e dei suoi. Pare abbiano girovagato per un po’ tra le Antille e la costa Nordamericana. La ciurma, ricca e annoiata dalla povera vita delle Bahamas, si divide. C’è chi è rimasto lì e chi si è sistemato a Boston. Il capitano e alcuni uomini si sono imbarcati su una nave diretta in Irlanda, dove alcune guardie cercheranno di arrestarli. Henry ha paura; nessun porto è sicuro per lui. Il carico che si porta dietro lo rende troppo riconoscibile. La restante ciurmaglia si divide definitivamente. Ognuno per sé.

Henry Every – xilografia da A General History of the Pyrates (1725) – immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Every vuole godersi le sue fortune, ma ha bisogno di vendere le pietre preziose. Necessita di persone fidate: si reca, dunque, a Bideford, non lontano da Bristol. Contatta dei conoscenti. Gli vengono indicati dei mercanti, avvezzi a trattare oggetti di valore. Li incontra e consegna loro le pietre e l’oro, in cambio di un po’ di denaro, col quale avrebbe dovuto vivere fino a quando i mercanti non avessero venduto i suoi preziosi. Passano i giorni e i soldi finiscono. I mercanti sono spariti; gli scrive, insiste, fin quando non ottiene solo una misera somma. Si reca a Bristol; ci parla, ma questi minacciano di denunciarlo. Every si trova con le mani legate. E’ stanco e decide di tornare in Irlanda, dove prende a vivere in totale povertà. Morirà di malattia a Bideford, tornato per regolare i conti coi mercanti.

Questa è celebre versione raccontata da Charles Johnson, autore della “Storia generale…”. Ma, nonostante si possa assumere che il capitano morì poveri e solo, nessuno, in realtà, sa che fine abbia fatto l’audace Re dei Pirati (così verrà definito in un omonimo libro del 1720 di difficile attribuzione – forse scritto da Daniel Defoe), detentore di uno dei più ricchi bottini mai catturati da un pirata, stimato tra le trecento-mila e seicento-mila sterline (oggi 200-400 milioni di sterline), svanito nel nulla insieme al suo leggendario possessore.

Alessandro Licheri

Studente di Storia, natio dell'isola più bella del mondo viaggio da un libro all'altro, traversando cronache e romanzi, dedicandomi particolarmente alla storia delle esplorazioni e spaziando sugli innumerevoli campi che questa lambisce, cercando di ripercorrere attraverso racconti d'ogni epoca quei sentieri avventurosi tracciati dall'audacia degli uomini.