Il tempo passa, la nostra Elena, proprio come una piccola esploratrice, è ormai giunta al suo primo traguardo: il primo compleanno.
La scorsa volta, dopo aver parlato brevemente di osservazione e dei progressi fatti, abbiamo analizzato il rapporto che lega la musica al linguaggio e abbiamo visto come essi si intreccino già prima della nascita.
Oggi, invece, riteniamo opportuno soffermarci sulle abilità motorie e di come queste possano influenzare la vita dei più piccoli in tutti i suoi aspetti.
Una premessa tecnica: le fasi dello sviluppo motorio
In gravidanza il feto si muove costantemente all’interno della pancia della mamma, alla nascita i movimenti aumentano di intensità e di ampiezza. Se inizialmente si trattava solamente di allungare le gambe e a volte portare la mano alla bocca, con il passare dei giorni, delle settimane, il piccolo inizia a muovere le manine, succhiare il dito, portare oggetti alla bocca, considerata, nei primi mesi di vita, uno strumento essenziale per conoscere ed esaminare ciò che gli viene offerto.

Il neonato sfrutta ogni momento per esercitarsi, provare e riprovare, raggiungendo sempre più autonomia e con essa uno dei tanto desiderati traguardi: imparare a camminare da solo. Il portare tutto alla bocca, oltre a permettergli di fare infinite esperienze sensoriali, non fa altro che rafforzare la coordinazione oculo – manuale, fondamentale per afferrare in modo saldo gli oggetti, spostarli da una
mano all’altra e, quando sarà più grande, eseguire travasi, attività di manipolazione e mangiare da solo.
I movimenti dei muscoli del viso, i primi versetti, insieme ai gesti e ai movimenti di tutto il corpo lo aiutano a comunicare e di avvicinarsi sempre di più a noi.
Già da questo possiamo capire che esiste una correlazione tra le diverse aree di sviluppo. Come dimostrato da numerosi studi, l’acquisizione di un’abilità è possibile solo se sono presenti alcuni prerequisiti. Facciamo un esempio: se il bambino muove a fatica le gambe, è pressoché difficile che impari a gattonare e successivamente a camminare. Le competenze impiegate per raggiungere un obiettivo verranno subito sfruttate e applicate in una situazione non per forza collegata a quella precedente.
Proprio perché esiste un’interdipendenza tra i vari ambiti cognitivi, è opportuno accompagnare i nostri piccoli nel loro percorso di crescita assicurandogli uno sviluppo completo, a 360 gradi.
Gli studi riguardanti lo sviluppo delle capacità motorie ci informano che intorno ai nove mesi, generalmente, il bambino perfeziona l’andatura a carponi e, rispetto alla motricità fine, è in grado di afferrare palline e piccoli oggetti con il pollice e l’indice, batte le mani ed inizia ad indicare puntando l’indice. Intorno ai dieci mesi, il bambino comincia a reggersi in piedi aggrappandosi a un sostegno e può gattonare con braccia e gambe tese, assumendo la cosiddetta posizione “dell’orso”. parlando di motricità fine, invece, il bimbo inizia a differenziare l’uso delle mani: con una tiene gli oggetti, con l’altra li muove, in altre parole, comincia una certa coordinazione degli arti superiori che prima non era così intenzionale.
Verso gli undici mesi, il bambino sta in piedi da solo e può muovere i primi passi se aiutato, ma non solo: comincia a portare il cucchiaino alla bocca in maniera autonoma. Un’altra importante conquista consiste nell’essere in grado di tenere in mano gli oggetti: piccoli giochi, libretti, matite…
Giunti al dodicesimo mese, lo sviluppo delle autonomie è sempre più evidente: il bambino si alza in piedi, muove i primi passi, anche se, a volte, preferisce gattonare, si arrampica su una scala a carponi e da un punto di vista di motricità fine, il bimbo spinge gli oggetti, li afferra, toglie tappi e coperchi dai contenitori.
Come si evince, il periodo dai nove ai dodici mesi è costellato da una serie di progressi volti alla conquista delle autonomie e allo sviluppo delle prime competenze di base.
Questa premessa ci sarà molto utile per comprendere meglio l’importante fase di sviluppo che Elena ha vissuto.
Probabilmente, vi sarete posti una domanda: “perché abilità motorie e abilità linguistiche sono collegate?”.
Come abbiamo sottolineato, le competenze costituiscono una il prerequisito dell’altra. Se la prima manca, non si potrà avere la seconda e viceversa. Quelle citate sopra sono attività che prevedono una certa coordinazione dei movimenti e ritmicità. Se il bambino non è coordinato, difficilmente riuscirà a stare in piedi, così come avrà difficoltà a produrre dei suoni. Una volta compreso il meccanismo, acquisirà il proprio ritmo ed effettuerà il tutto con maggiore semplicità.
Elena e la sua “esplorazione/evoluzione”
Elena ha iniziato a camminare quando aveva undici mesi, acquisendo fin da subito una certa sicurezza, proprio quando ha iniziato a dire “mamma” e “papà” per la prima volta. Nonostante la piccola fosse già una grande esploratrice, molto attiva anche dal punto di vista motorio e comunicativo, l’imparare a camminare ha fatto in modo di accrescere i suoi contatti con il mondo esterno.
Innanzitutto, camminando da sola, la bambina ha iniziato a toccare sempre più oggetti, tutto ciò che attirava la sua attenzione, sia in casa che fuori. Questo le ha permesso di fare esperienze sensoriali diverse, andando per esempio a prendere da sola giochi, libri, ma anche frutta, foglie, sassi, toccandoli, annusandoli, portandoli all’adulto ogni volta che le veniva chiesto. Azioni collegate fra loro in grado di influenzare e rafforzare una serie di abilità: dalla coordinazione oculo – manuale all’abilità motoria, dalla sfera relazionale a quella comunicativa. La bambina raccogliendo gli oggetti chiedeva il loro nome all’adulto presente, che prontamente rispondeva e focalizzava l’attenzione sul colore, sulla forma, sulla dimensione o sul suo utilizzo, a seconda di cosa si trattasse. Questo ha permesso di allenare la comprensione linguistica di Elena, sia in italiano che in cinese.
La piccola ha iniziato gradualmente, seppur molto timidamente, a giocare anche con bambini più grandi, osservandoli, imitandoli. Personalmente credo che questo possa avere molti lati positivi: il contatto, lo scambio verbale e non verbale con persone diverse, sia adulti che bambini, rappresenta un altro modo per crescere e imparare cose nuove, divertendosi, senza neanche accorgersene. È come se nostro figlio venisse catapultato in una nuova realtà, fino a quel momento ancora sconosciuta.
L’esempio e l’esperienza concreta permettono, infatti, di immagazzinare concetti in modo più duraturo rispetto ad imparare qualcosa che ci viene solo tramandato oralmente. Non a caso, ACA sostiene: “L’esperienza genera competenza” e io lo ripeto spesso.
Desideriamo concludere questa riflessione con questo messaggio: lasciamo i nostri bambini liberi di fare esperienze, osservare, toccare con mano, avvicinarsi a ciò che è diverso, saranno loro a farci capire quali attività preferiscono fare.
a cura di Haidi Segrada e Federica Mascheroni