“Cà delle anime”- la locanda degli orrori: tra Granaccia e sangue, la regola è mai guardare nello stufato!

La guerra è finita ma l’Italia è un paese da rimettere in piedi, anche se il teatro di questa storia è Genova che è da sempre considerata un polo fondamentale per la produzione e lo smercio di beni di tutti i tipi, sia via mare sia via monti.

Siamo sulle alture di Voltri, l’ultima delegazione a ponente della città. Il suo centro è ubicato intorno alla foce del torrente Leira e la gente, da queste parti, si è sempre data da fare senza chiedere niente a nessuno.

Sin dal Medioevo Voltri era famosa per le sue cartiere, assieme alle vicine Mele e ad Acquasanta, due località dell’entroterra. Qui si produceva carta pregiatissima. Si dice venisse proprio da Voltri quella su cui era stata redatta la famosa Magna Carta libertatum, nel 1215; pare fosse assemblata con un antico composto rivoluzionario fatto di stracci di lino e canapa, molto resistenti all’usura del tempo e alle insidie dei tarli, pertanto le richieste arrivavano, copiose, da ogni parte d’Europa.

Una delle sole quattro esemplificazioni sopravvissute della Magna Carta libertatum (British Library)

Ma siamo nel secondo dopoguerra e i fasti di un tempo sono ormai un ricordo scolorito: le campagne sono ridotte a una distesa di terra incolta e le poche fabbriche rimaste aperte durante il conflitto, sono ormai abbandonate.

Una famiglia caduta in disgrazia cerca rifugio, quattro mura in cui potersi sistemare per iniziare da zero una nuova vita. Lo trova sulla Strada dei Giovi che, da Voltri, andando verso nord, conduce fino alla valle Stura, in basso Piemonte.

C’è un casolare immerso nella campagna, una costruzione un po’ datata che sembra stare ancora abbastanza in piedi. Che colpo di fortuna! Una scala per sistemare qualche finestra e una scopa per tirar via qualche ragnatela: tutto ciò di cui ha bisogno questa famiglia per poter ricominciare.

Ricostruzione del Porto di Genova nell’immediato dopoguerra, 1945

Si stabiliscono lì, ma dopo qualche giorno iniziano a capitare cose strane: gli oggetti si spostano senza che nessuno li tocchi, le porte sbattono da sole e durante la notte si sentono grida e lamenti provenienti da almeno tre stanze del piano di sopra, e anche dal terreno tutto intorno alla costruzione. Dulcis in fundo, dopo aver bussato insistentemente a suon di pugni – e questo già basterebbe alla sottoscritta per esser vittima di un fulmineo attacco di cuore – una sera si presenta alla porta una giovane pallida dallo sguardo assente, abbigliata come per una festa di carnevale il giorno di ferragosto: maniche a campana di velluto, corsetto a “V” e lunga gonna con lo strascico.

I proprietari le chiedono se abbia bisogno di qualcosa, lei risponde che sta cercando il suo amore, che le hanno detto che si trova proprio lì e che “quei maledetti” gliel’hanno fatto sparire. Avrebbe fatto meglio a esprimersi a gesti perché, oltre a essere demodé, la ragazza parla anche un dialetto poco comprensibile, quasi un’altra lingua. Il capofamiglia, abbastanza in difficoltà, le risponde che lì non c’è nessuno, che forse ha sbagliato strada. Neanche il tempo di finire la frase e pouf! La donna si dissolve nell’aria, sparendo proprio davanti ai loro occhi mentre tutto intorno si sprigiona un forte profumo di rose.

Ragionevolmente terrorizzati, i malcapitati infilano i pochi effetti personali in un paio di valigie e la notte stessa se la squagliano, ripromettendosi di non rimettere mai più piede in quel postaccio infestato. Da allora il casolare viene ribattezzato “Cà delle anime”, per via dei lamenti e delle grida strazianti che chiunque si trovi a passare da quelle parti giura di sentire indistintamente.

Inquietante, vero? Sembra la versione al pesto di Amityville Horror ma state più che tranquilli, l’episodio che vi ho appena raccontato pare sia solo un’innocente storiella fatta circolare dalla gente del posto per regalare agli appassionati di storie di fantasmi un po’ di brivido.

Peccato però che le leggende nascondano sempre un fondo di verità, e che “la verità” a cui sto per introdurvi sia una realtà ancora più spaventosa.

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Torniamo indietro di qualche centinaio di anni, per la precisione al Medioevo. Con l’affermazione della Repubblica Marinara Genovese, la valle Stura assume una notevole importanza per le ferriere che lavorano minerali provenienti dalle cave dell’isola d’Elba, trasportati tramite lunghe carovane di muli attraverso la Strada dei Giovi. La lavorazione del ferro è strettamente collegata sia alla produzione del carbone vegetale – di cui la valle è ricca ed è un elemento indispensabile per alimentare i fucinali – sia alla presenza dell’acqua, per la creazione di energia idraulica destinata al funzionamento di magli e soffiere.

La Repubblica Marinara di Genova in una stampa del 1493

Lungo la via della “Canellona” transitano anche preziosi carichi di spezie dal lontano Oriente e pregiati tessuti provenienti dalle Fiandre, assieme a ricchi mercanti, rappresentanti e soldati diretti verso il porto di snodo di Voltri-Prà.

Bisognosi di ristoro e di un posto caldo in cui dormire, spesso accade che questi personaggi scelgano di fermarsi poco prima di arrivare a destinazione visto che, proprio sulla Strada dei Giovi, si trova una locanda gourmet famosa per i suoi gustosi ravioli.

Dove potremmo mangiare un boccone stasera?

Fermiamoci qui, è tranquillo e possiamo riposarci. Più avanti troveremo certamente qualche brigante e non mi va proprio di rischiare!

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Ma sicuro, è una splendida idea! Peccato che i locandieri non siano precisamente i tipi che vorresti incontrare in un ricovero isolato in mezzo ai cinghiali, di notte, e per giunta nel medioevo!

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Trattasi infatti di criminali senza scrupoli, responsabili di atrocità degne del peggior horror di serie B.

Accade che questi signori attirino gli ospiti all’apparenza più ben provvisti, con la promessa del miglior ragù di carne della loro vita. Una volta fatti cadere nella rete, prima li abbuffano a puntino poi li alloggiano nelle stanze ai piani superiori, “le più confortevoli di tutta la Repubblica”. Delle camere speciali, dalla bellezza, per cosi dire, mozzafiato!

Sì perché tutti i soffitti sono dotati di un ingegnoso sistema di contro soffittatura mobile creato con pesanti tavole di legno quasi impossibili da distinguere. E non appena il malcapitato appoggia la testa sul materasso, un altrettanto ingegnoso sistema fatto di guide e funi fa in modo che quelle stesse tavole ricadano, assieme a tutto il loro peso, sul suo corpo, schiacciandolo letteralmente. La morte avviene quasi istantaneamente, intanto i gestori fanno rifornimento di monete e oggetti di valore, per poi trasportare i corpi nel seminterrato dove li smembrano e li seppelliscono nel terreno appena fuori la locanda.
Un sistema semplice quanto efficace!

La locanda degli orrori in una foto degli anni ottanta

Solo che a un certo punto, a qualche mese dall’inizio di questa proficua attività, i corpi iniziano a essere veramente troppi, e lo spazio esterno troppo poco.

Tranquilli, ci pensa lo chef!

Ed ecco che i succulenti spezzatini iniziano a essere allungati con pezzi di gluteo e coscia e, qualche volta, ci finisce dentro anche un dito del piede.

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La versione ufficiale parla di sospetti che nascono per via delle denunce dai famigliari delle vittime alle autorità locali, che ricostruiscono il tragitto degli “scomparsi” tramite le rotte commerciali. Quella ufficiosa, che una falange fosse finita nella ciotola di un religioso in un monastero poco distante dalla locanda, perché intanto i delinquenti avevano iniziato un business di carni “pregiate” destinato ai residenti delle zone limitrofe.

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Il dito lascerà pochi dubbi e porterà immediatamente ai responsabili della “nouvelle cousine”, i quali verranno immediatamente catturati e condannati a morte per direttissima. Fine.

Dopo questi macabri fatti, la casa acquisisce una pessima fama e nessuno vorrà più vederla nemmeno col binocolo. I vecchi abitanti delle alture dell’estremo ponente sostengono che sia stata disabitata per secoli. Si sa per certo che abbiano tentato più volte di restaurarla, come dimostrano le migliorie apparse gradualmente nel tempo, anche se nessuno ha mai avuto il coraggio di fermarsi. Negli anni ottanta la RAI gli ha addirittura dedicato un servizio, contribuendo a rendere l’antica locande degli orrori una delle mete più visitate dei ghost tour italiani.

Ma nel 2018 la proprietà è stata ufficialmente acquistata e ristrutturata, e oggi, tenetevi forte, è abitata!

Gli attuali proprietari sostengono di non aver mai assistito a fenomeni paranormali, ma c’è ancora chi spergiura di gente che sente lamenti e grida strazianti provenire dal terreno circostante e di vedere, dal vetro di una delle finestre del primo piano, il riflesso di una giovane donna vestita di bianco dallo sguardo perso.

Il suo amore sarà davvero finito a pezzettini nello stufato, o si tratta dell’ennesimo racconto a tinte fosche per qualche temerario dark tourist?

Ve lo saprò dire, forse.

Tutte le immagini sono di pubblico dominio


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