Mussolini nella sua vita ebbe tante amanti, e forse anche molti figli illegittimi, ma chi fu la prima donna che fece breccia nel suo cuore?
Ida Irene Dalser nacque a Sopramonte, in provincia di Trento, il 20 agosto 1880, da una famiglia benestante. Suo padre, Albino Dalser borgomastro di Sopramonte le fece avere un’istruzione che pochi potevano permettersi, si diplomò a Parigi come estetista, il che le permise di aprire un centro estetico a Milano chiamato: “Salone orientale di igiene e bellezza Mademoiselle Ida”.
Ida Dalser:
In questo periodo iniziò una relazione con Giuseppe Brambilla, che le promise una vita insieme, quando la storia finì nel 1914 lei lo denunciò chiedendo un risarcimento, ma la sua istanza venne rifiutata.
Nel 1908 aveva conosciuto un giornalista, un certo Benito Mussolini, e i due si innamorarono subito. Lei finanziò le attività politiche e l’apertura del giornale “Popolo d’Italia” mettendo in vendita i muri del suo salone.
Ma lui aveva già una donna, Rachele Guidi, dalla quale aveva già avuto una figlia, che tenne nascoste a Ida. Nel 1915 Mussolini era pronto per partire per la prima guerra mondiale, ma Ida gli comunicò l’attesa di un bambino. L’11 novembre 1915 Benito Albino, figlio di Ida Dalser e Benito Mussolini, nacque a Milano; l’11 gennaio 1916 Mussolini venne portato in tribunale da Ida, sotto accusa di aver “sedotto e reso madre Ida Dalser con promessa di matrimonio mai mantenuta”. Egli venne costretto a riconoscere come figlio Benito Albino, e dopo aver sposato Rachele Guidi iniziò a versare 200 lire al mese alla Dalser per il mantenimento del bambino.
Nel 1917 Mussolini era a Milano, ricoverato per le ferite in guerra e Ida andò a trovarlo, e urlò in faccia a Rachele Guidi che lei era la vera moglie di Mussolini, sostenendo che l’avesse sposata.L e due donne iniziarono ad azzuffarsi di fronte all’uomo che non poteva muoversi.
Mussolini convalescente a Milano:
Dopo quell’episodio la Dalser non fece altro che fare scenate in pubblico contro Mussolini, a mandare lettere piene di rabbia nei suoi confronti al Papa e perfino al Re d’Italia, inoltre entrava e usciva di manicomio perché accusata di essere pazza; Benito Albino invece venne affidato ad Arnaldo, suo zio e fratello di Mussolini.
Nel 1918 ricevette la richiesta di abbandonare Milano per “grave pericolo di turbamento dell’ordine pubblico, pel contegno provocante verso la famiglia del professor Mussolini, per i propositi di vendetta da lei manifestati, per le relazioni da lei coltivate, per i raggiri ai quali ricorreva per vivere”.
Ma dopo la fine della guerra ritornò a Milano dove tentò molte volte di fare irruzione nel giornale “Popolo d’Italia” dove lavorava l’ex marito.
Nel 1919 tornò a Sopramonte, dove decise di dedicarsi alla crescita di suo figlio Benito, che all’epoca aveva già 4 anni; nel 1921 la sorella di Ida, Adele, si sposò, e assunse la tutela legale di Benito Albino, che prese il cognome Paicher.
Nel 1922 dopo la “Marcia su Roma” Mussolini mise delle misure restrittive per fare in modo che Ida non abbandonasse Sopramonte, e nel 1925 versò centomila lire sul conto di Benito Albino.
Ida però riuscì a prendere un treno per Roma: il suo scopo essere riconosciuta come prima moglie di Benito Mussolini, ma venne fermata e riportata a Trento.
Intanto il cognato di Ida, Riccardo, padre adottivo di Benito Albino, scriveva continue lettere di lamentela ad Arnaldo Mussolini, i comportamenti isterici e ossessivi di Ida stavano facendo impazzire la famiglia Paicher, che si vide costretta a vendere la proprietà e a trasferirsi lontano dalla donna, ormai incontenibile.
Mussolini ordinò quindi l’internamento della Dalser nel manicomio di Pergine Valsugana (comune vicino a Trento) per poi trasferirla nuovamente al manicomio di San Clemente a Venezia.
Nel 1925 Benito Albino venne prelevato dalla polizia, per essere portato sotto il suo nuovo tutore, Giulio Bernardi, ma il bambino si ribellava, tanto che dovettero ricorrere a un fazzoletto bagnato di etere per stordirlo.
Nel 1934 venne concesso a Ida di tornare a Pergine Valsugana per il Natale, ma dopo essere fuggita dalla città tornò a Sopramonte, dove poi venne presa e riportata a Venezia, dove nel 1937 morì all’età di 57 anni.
Benito Albino desiderò sempre un padre, si arruolò nella Regia Marina e nel 1941 si imbarcò sul “esploratore Quarto” verso la Cina; durante il viaggio continuò a ripetere all’equipaggio di essere il figlio del Duce, senza essere creduto. Ritornato in Italia venne rinchiuso nell’ospedale psichiatrico di Mombello di Limbiate (Milano) dove morì nel 1942 per consuzione all’età di soli 27 anni.