Marlene Dietrich: la Diva tedesca che disse NO a Hitler e al Nazismo

Al ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels non piace per niente quella canzone, Lili Marleen, così malinconica e per niente adatta a infondere spirito bellico ai soldati del Reich, che invece ne vanno pazzi. Il gerarca arriva addirittura a proibirne la trasmissione per radio, ma deve tornare sui suoi passi, perché giungono proteste da tutti i militari, di ogni grado, dislocati nei fronti di guerra.

Joseph Goebbels durante un comizio politico nel 1932 – Immagine del Bundesarchiv condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 de via Wikipedia

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Lili Marleen

Il testo della canzone nasce come una poesia, La canzone di una giovane sentinella, composta da un giovane scrittore tedesco prima di partire per la Russia, all’inizio della Prima guerra mondiale.

Racconta dello struggente ricordo dell’amata, Lili Marleen, incontrata ogni sera alla luce fioca di un lampione davanti alla caserma, da parte di un soldato che, partito per la guerra, teme di essere stato dimenticato, e si chiede:

E se dovesse accadermi qualcosa / Chi starà presso il lampione / Come una volta, Lili Marleen / Con te, Lili Marleen

Nel 1938, la poesia viene messa in musica e registrata con il titolo La ragazza sotto il lampione, ma un anno dopo è semplicemente Lili Marleen. Non ha un gran successo – il disco non lo compra praticamente nessuno – ma diventa improvvisamente popolare quando una radio militare tedesca, nel 1941, la trasmette per i soldati dell’Africa Korps, comandati da Erwin Rommel, che pure l’apprezza molto.

Cartolina tedesca di propaganda, realizzata in Francia nel 1942 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Vola nell’etere anche grazie a Radio Belgrado, nella Jugoslavia occupata dai nazisti, ed è talmente grande il disappunto dei sodati quando viene proibita, che poi, a divieto ritirato, sarà trasmessa tutte le sere, come canzone di chiusura delle trasmissioni.

Non l’apprezzano solo i tedeschi, ma anche militari e civili che captano il potente segnale della radio militare, tanto che Lili Marlene viene tradotta e riadattata nel testo in molte lingue, compreso l’italiano.

Diventa, insomma, un testo trasversale, che oltrepassa frontiere e fronti di guerra

La prima interprete di Lili Marleen è la cantante tedesca Lale Andersen, ma è la divina Marlene Dietrich, quando ormai la guerra è agli sgoccioli, che con la sua voce calda e sensuale la rende immortale: una triste melodia che è tutto tranne una canzone di guerra, addirittura forse un inno alla pace.

Lale Andersen con il marito Arthur Beul nel 1953 – Immagine di Adrian Michael condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

La cosa straordinaria è che la grande attrice, orgogliosamente tedesca (amava ripetere «Grazie a Dio, sono nata a Berlino»), canta Lili Marleen per le truppe statunitensi, nel corso di tour organizzati per tenere alto il morale dei soldati, prima negli Stati Uniti (nel 1942/43), poi in diversi fronti di guerra (Algeria, Francia, Italia, Regno Unito), tra il 1944 e il 1945.

Marlene Dietrich ne L’angelo azzurro (1930) – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Questo perché Marlene, figlia di un ufficiale di polizia prussiano, artisticamente nata nei teatri e nei cabaret della libera e un po’ “scostumata” Berlino, ha fatto una scelta professionale e politica:

Sono gli Stati Uniti la sua nuova patria

Ma facciamo un passo indietro.

Marlene Dietrich nel 1936 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Dalla Germania agli Stati Uniti

La sconosciuta Marlene Dietrich, nata nel 1901, viene sorprendentemente scelta, nel 1929, per interpretare la parte principale nel film L’angelo azzurro, del regista austriaco (poi naturalizzato americano) Josef von Sternberg.

Marlene Dietrich nel 1920 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

È il successo, l’immediata consacrazione a Diva, la nascita del mito di una femme-fatale libera e trasgressiva, plasmata da un lungimirante von Sternberg, che la dirigerà nei successivi sei lungometraggi.

Josef von Sternberg e Marlene Dietrich – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Marlene diventa la prima attrice, nella storia del cinema, a osare un bacio omosessuale, nel suo secondo film, Marocco, in una scena dove, nei panni di una cantante di cabaret vestita da uomo, bacia sulla bocca una donna del pubblico.

James Stewart e Marlene Dietrich in Partita d’azzardo (1939) – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

A lei piace indossare abiti maschili, e lo fa, scandalosamente, anche fuori dal set, in anni in cui mettersi i pantaloni è considerato disdicevole per una donna, tanto che in molti locali alla moda non la fanno nemmeno entrare, quando lei arriva con i suoi famosi smoking. E non si tratta solo di abbigliamento. Dietrich è una donna libera, e non lo nasconde, nonostante non viva più nella tollerante Berlino anteguerra, ma nei puritani Stati Uniti.

Immagine di Bundesarchiv condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 de via Wikipedia

Malgrado un matrimonio mai sciolto con Rudolf Sieber (i due, che hanno una figlia, non vivono assieme, ma sono in buoni rapporti; il marito si accompagna a un’amica della Dietrich, che continuerà a frequentare entrambi e a sostenerli anche economicamente) colleziona decine e decine di amanti, sia uomini sia donne, inclusi attori e attrici notissimi di Hollywood, da Gary Cooper a Greta Garbo, da James Stewart a Jean Gabin, da Frank Sinatra a Yul Brinner, forse la cantante francese Edith Piaf e sicuramente l’ereditiera Marion “Joe” Carstairs.

Marlene Dietrich e Rudolf Sieber il giorno del loro matrimonio, il 17 maggio del 1923 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Tanto è trasgressiva nella sua vita privata, quanto precisa, puntuale, disciplinata e professionale sul lavoro.

Foto pubblicitaria di Marlene Dietrich per il film No Highway in the Sky noto anche come No Highway (1951) – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

L’angelo azzurro, girato in Germania, all’uscita in patria nel 1930, riscuote un successo enorme: è nata una star, tedesca, che però non è nemmeno presente alla “prima” berlinese. Lei è già in viaggio verso gli Stati Uniti, dove la Paramount la mette sotto contratto senza aspettare il riscontro del botteghino, accettando, peraltro, alcune clausole onerose, come la decisione del regista da parte dell’attrice.

Marlene Dietrich ne L’angelo azzurro (1930) – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Una scelta professionale, quella di trasferirsi negli Stati Uniti, che nel giro di poco diventa anche una precisa e drammatica scelta di campo:

Lei, così orgogliosa di essere tedesca, non vuole avere nulla a che fare con Hitler e il nazismo

Marlene Dietrich in Shanghai Express (1932) – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

La guerra e la propaganda antinazista

Il Fürher, invece, la vorrebbe come amante, mentre il ministro della propaganda Goebbels le fa arrivare generose offerte, purché torni in Germania e diventi un simbolo del Reich. Offerte che lei nemmeno si sogna di accettare, tanto che, nel 1939, prende la cittadinanza statunitense e rinuncia a quella tedesca, ma non solo. Alla fine degli anni ’30, organizza aiuti (insieme ad altri austro-tedeschi fuoriusciti, che nel mondo del cinema sono tanti: Billy Wilder, Fritz Lang, il suo “pigmalione” von Sternberg, Ernst Lubitsch e molti altri) anche economici, per far fuggire ebrei e dissidenti dalla Germania. Nel 1937, mette il suo intero cachet (450.000 dollari) per il film L’ultimo treno da Mosca, come garanzia a sostegno dei rifugiati.

Dietrich e Rita Hayworth servono cibo ai soldati alla Hollywood Canteen il 17 novembre del 1942 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Quando, nel dicembre del ’41, gli Stati Uniti entrano nel secondo conflitto mondiale, ci mette la faccia per vendere le obbligazioni di guerra e inizia a viaggiare per tutto il paese, sostenendo l’iniziativa ed esibendosi davanti ai militi. Nel 1944 e 1945, va nei fronti di guerra all’estero, e canta, oltre al suo repertorio, la malinconica Lili Marleen, tanto amata dai soldati di ogni esercito in campo. Infine, si unisce alle truppe del generale Patton, quando queste entrano in Germania. Ma perché? Perché correre un rischio simile, trovarsi così vicino al fronte nazista? Semplicemente “per decenza”, dice a chi glielo chiede.

Marlene Dietrich firma il gesso di un soldato in Belgio il 24 novembre del 1944 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Quando la guerra finisce ha modo di rivedere la madre (rimasta sempre a Berlino), e la sorella con il marito e il figlio, che hanno trascorso gli ultimi anni a Belsen.

Marlene Dietrich torna a Los Angeles, 1946 – Immagine di Los Angeles Daily News condivisa con licenza CC BY 4.0 via Wikipedia

La Dietrich, prima garantisce per loro, poi quando scopre che sorella e cognato hanno gestito un cinema frequentato dai gerarchi del campo di concentramento di Bergen-Belsen chiude per sempre i rapporti e li cancella dalla sua vita, tanto che successivamente dirà di essere figlia unica.

Marlene Dietrich e soldati statunitensi in Francia durante il suo secondo tour nel 1944 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Gli ultimi anni

Nella “sua” Germania ci torna solo negli anni ’60, per un tour in vari teatri, ma l’accoglienza non è buona: lei è una “traditrice” o una “puttana americana”.

Marlene Dietrich nel 1943 – Immagine di pubblico dominio via Wikipedia

Marlene, che vive i suoi ultimi anni a Parigi, chiede però di essere sepolta a Berlino, vicino alla madre, perché: «Quando sono vicino alla mamma, non mi può accadere nulla».

Marlene Dietrich nel 1963 – Immagine di Eric Koch condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 nl via Wikipedia

Muore nella capitale francese nel 1992, e se il funerale parigino è seguito da migliaia di persone, compresi ambasciatori di molti paesi, quello nella sua città natale non vede la presenza di nessuna autorità pubblica e la sua tomba sarà più volte vandalizzata da qualche nostalgico nazista.

La lapide di Marlene Dietrich a Berlino. L’iscrizione recita “Hier steh ich an den Marken meiner Tage” (“Eccomi in piedi presso le pietre di confine dei miei giorni“) – Immagine di Axel Mauruszat di pubblico dominio via Wikipedia

Lei, la donna con “le gambe più belle del mondo”, confinata in un letto ormai da molti anni e, forse, morta suicida, aveva cantato, in una sua canzone del 1957, «… ho ancora una valigia a Berlino…», a rimarcare il legame profondo con la sua città, dove riposerà per sempre, nonostante il poco amore di certi suoi compatrioti che non le hanno mai perdonato la colpa di essere stata antinazista.


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