Nei Victoria Embankment Gardens di Londra c’è la statua di un uomo con la mano destra rivolta verso una Bibbia appoggiata su una macchina da stampa.

Il soggetto è William Tyndale e un’altra opera in bronzo sita al Millennium Square di Bristol lo raffigura seduto mentre è al lavoro su di un testo. Quel testo è la Bibbia, ma non una Bibbia qualsiasi.
È la sua Bibbia in inglese, la stessa che nel 1536 gli costò la vita

William Tyndale aveva un sogno, anzi, un’utopia, se consideriamo la mentalità dell’epoca: voleva che l’opera principale della cristianità fosse accessibile al volgo, alla plebe, agli indegni di interpretare le sacre scritture senza la mediazione della Chiesa.

Si trattava di un’utopia perché la parola di Dio era in latino, la lingua dei dotti, e solo il clero doveva interpretarla per i fedeli. Ma Tyndale non era d’accordo. La Chiesa non poteva impedire ai meno istruiti di cercare conforto nella Bibbia. Serviva un punto d’incontro, che per lui equivaleva a tradurre tutto in inglese e diffondere i testi sacri attraverso la stampa, inventata non molto tempo prima.

In molti non furono d’accordo. Era un’impresa che suonava blasfema, che sembrava negare alla Chiesa il suo primato di unica intermediaria terrena fra Dio e il popolo. L’esito fu una caccia all’uomo per mezza Europa e una condanna per eresia. Ma partiamo dal principio.

Gli anni universitari e i disaccordi con il clero
William Tyndale nasce in una data compresa fra il 1490 e il 1494, in un piccolo villaggio della contea di Gloucestershire, nel sud-ovest del Regno Unito. Della sua giovinezza sappiamo poco e le prime informazioni certe si hanno quando si iscrive all’Università di Oxford, dove si laurea, viene ordinato suddiacono nel 1512 e consegue il titolo di Maestro d’Arti nel 1515.

Prosegue la carriera accademica a Cambridge e lì approfondisce gli studi sulla teologia e la Bibbia. È un uomo brillante, arguto, un grande linguista: conosce e parla fluentemente il francese, il tedesco, l’italiano, lo spagnolo, l’ebraico, il greco e il latino. Diventa prete nel 1521 e, in quello stesso anno, si trasferisce a Little Sodbury, in casa di sir John Walsh, che lo assume in qualità di cappellano e precettore dei figli.

Nel tempo libero, Tyndale frequenta i circoli ecclesiastici e spesso si trova in disaccordo con i colleghi. Pur essendo un prete, manifesta opinioni al limite dell’eresia, che gli valgono una convocazione da parte del Cancelliere della Diocesi di Worcester. Non si tratta di un processo, ma il confronto con la mentalità chiusa del clero lo convince a slegarsi dalla Chiesa e fare qualcosa di concreto per i fedeli. Passa dalla teoria alla pratica quando matura l’idea di tradurre la Bibbia dal greco all’inglese e avvalersi dell’invenzione della stampa.

Le peregrinazioni e la pubblicazione della Bibbia
L’intento per lui è nobile, molto meno per il clero, ma Tyndale ha due grandi problemi: la scarsità della materia prima, ovvero i volumi in greco da cui partire (all’epoca la Bibbia era diffusissima solo in latino), e l’ostilità della classe dirigente. Il suo precursore in tal senso è il teologo John Wycliff, che, 1382, pubblica una parziale traduzione inglese della Bibbia e dà il via al movimento riformista dei lollardi.

In Inghilterra, nessun ecclesiastico vuole che una nuova versione anglofona crei problemi come quella di Wycliff, ma Tyndale ignora tutte le possibili implicazioni e nel 1523 si sposta a Londra, dove spera nell’appoggio del vescovo Cuthbert Tunstall.

Contro le sua aspettative, il prelato rabbrividisce al solo pensiero delle Sacre Scritture in volgare, per giunta tradotte direttamente dal greco e non dal latino, un presupposto che già di per sé lascia presagire uno stravolgimento della tradizione biblica. L’udienza si conclude con un netto rifiuto che sottintende un dato di fatto:
Nessun sacerdote inglese lo appoggerà mai

Allora, Tyndale fa le valigie e sfrutta una donazione del ricco mercante di stoffe Humphrey Monmouth per trasferirsi in Germania e girovagare fra Amburgo e Wittenberg, prima di accasarsi a Colonia e iniziare la traduzione.

Completa la prima stesura nel luglio del 1525, e il tipografo Peter Quentell gli stampa alcuni volumi, ma il fervente clima anti-luterano del paese lo costringe a interrompere l’edizione e ripiegare altrove. Nel 1526, si accasa a Worms, una città imperiale di fede luterana e, di conseguenza, dalla mentalità più aperta, e lì completa la traduzione del Nuovo Testamento.

Fa stampare il volume a tiratura limitata dal tipografo Peter Schöffer il Giovane e si mette a lavoro anche sull’Antico Testamento.

Nel frattempo, la Bibbia Tyndale si diffonde in tutta la Germania e, grazie a delle copie trafugate illegalmente, arriva in Inghilterra, dove riscuote un grande successo, ma da parte della classe dirigente cristiana scatena un malcontento generale capitanato dal vescovo Tunstall, dal cardinale Thomas Wolsey e dall’umanista Thomas More, che lo accusano di aver travisato e storpiato la parola del Signore con una traduzione blasfema che, non solo taglia fuori la Chiesa dal suo ruolo di intermediaria, ma, addirittura, si rivolge alla gente con termini e frasi anticlericali.

Per comprendere questo punto di vista, dobbiamo aprire una breve parentesi linguistica.

La “blasfemia” della Bibbia di Tyndale
Col senno di poi, Tyndale ha creato il moderno linguaggio ecclesiastico anglofono e coniato locuzioni tipiche come, ad esempio, Let there be light (E luce sia), ma su alcune singole parole greche ha cercato un’interpretazione diversa rispetto alla corrispondente traduzione in latino.

In particolare, nel 1526, Thomas More gli rimprovera di aver tradotto ekklesia con congregazione, quando, invece, la parola tradizionale è chiesa, il che, a detta dell’umanista, spoglia appunto la Chiesa del suo ruolo di intermediaria fra Dio e i fedeli, con questi ultimi che, invece, passano in primo piano perché sono i componenti delle varie congregazioni.

E ancora, lo incolpa di aver vocalizzato con Jehovah (in italiano Geova) il tetragramma YHWH, una sequenza di quattro lettere ebraiche che, nell’Antico Testamento, compongono il nome proprio di Dio, o aver trasformato sacerdote e carità, dal greco presbyteros e agàpe, in anziano e amore.

La caccia all’uomo e l’esecuzione
Tyndale si difende dalle accuse, vuole solo rendere la parola del Signore accessibile al popolo, ma ormai il dado è tratto: in un’udienza pubblica del gennaio del 1529, Wolsey ordina la distruzione di tutte le copie della sua Bibbia e lo dichiara un eretico.

La sua posizione si aggrava nel 1530, quando, nel trattato The Practyse of Prelates, critica Enrico VIII e la sua smania di divorzio da Caterina d’Aragona, che porterà alle note sei mogli del sovrano e alla decapitazione di due di queste.

Se da un lato attrae la simpatia dei fedeli, dall’altro si guadagna l’inimicizia del sovrano, che chiede all’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V di catturarlo ed estradarlo in patria.

Nello stesso anno, pubblica a Marburgo i primi volumi dell’Antico Testamento e, dal 1531, si sposta di città in città per sottrarsi all’arresto.

Nel 1534 trova asilo ad Anversa, in casa del mercante belga Thomas Poyntz, e continua il suo lavoro di traduzione, ma, nel 1535, conosce Henry Phillips, un ragazzo di buona famiglia con cui fa amicizia.
Il giovane, in realtà, è una spia inglese e, dopo anni di latitanza, riesce a consegnarlo alle autorità

I gendarmi lo rinchiudono nel castello di Vilvoorde, nei pressi di Bruxelles, dove viene processato e condannato a morte con il benestare dei suoi detrattori. L’unico che si oppone e tenta invano di salvargli la vita è Thomas Cromwell, conte di Essex e primo ministro di Enrico VIII, ma il sovrano non vuole sentir ragioni.
Tyndale ha fatto troppi guai

Ha sfidato e disobbedito alla Chiesa, ha criticato il suo re e fatto circolare innumerevoli copie di una Bibbia blasfema e non autorizzata.
Tyndale deve morire

Dopo la pubblica umiliazione, in cui lo spogliano dell’abito sacerdotale, il 6 ottobre del 1536 (anche se alcuni documenti suggeriscono che l’esecuzione potrebbe essere avvenuta qualche settimana prima), i soldati lo scortano nella piazza di Vilvoorde e lo legano a un palo circondato dalla legna per il rogo.

Il boia gli si avvicina, gli stringe il collo con una catena e Tyndale urla le sue ultime parole:
Signore! Apri gli occhi al re d’Inghilterra
Viene strangolato a morte e bruciato.

Conclusioni
Ironia della sorte, l’eretica Bibbia di Tyndale diventerà il modello per tutte le successive Bibbie inglesi, a partire da quella voluta proprio da Enrico VIII nel 1539, fino ad arrivare alla più famosa, la Bibbia di re Giacomo del 1611.

Eppure, nel 1536, William Tyndale muore da martire per una questione che oggi, neanche 500 anni dopo, farebbe quasi sorridere se non fosse stata foriera di conseguenze drammatiche. Crede che la parola del Signore non sia né elitaria né un’esclusiva della Chiesa, che sia di tutti, anche del più ignorante dei contadini. Cose scontate oggi, assurde un tempo.

Leggenda narra che l’idea della Bibbia per il volgo risalga a una conversazione con un ecclesiastico convinto che venisse prima il Papa e poi Dio. La risposta di Tyndale fu questa:
Farò in modo che anche un ragazzo con l’aratro conosca le scritture più di te

Una frase che ben riassume l’ideologia di un eretico che, come tanti altri prima e dopo di lui, eretico non lo era affatto.

Fonti:
William Tyndale – Enciclopedia Britannica
William Tyndale – Enciclopedia Treccani
William Tyndale – Wikipedia inglese
Bibbia Tyndale – Wikipedia italiano
Tradurre la Bibbia in inglese: l’eresia di William Tyndale – frammentirivista.it