Nel periodo d’oro del progresso tecnologico e meccanico del XIX secolo, in cui tutto sembrava possibile, fu creata la prima macchina fotografica (1839): uno strumento capace di registrare il mondo circostante grazie all’effetto della luce e di focalizzare l’attenzione sui problemi relativi al concetto di osservazione istantanea.
Utilizzando le scoperte e gli studi iniziati già nell’antica Grecia per lo più in ambito aristotelico e platonico, l’idea di fissare nella memoria il divenire di una forma o di un concetto, grazie a un’immagine statica, acquista nei secoli un grande fascino e diviene finalmente possibile.
Una tra le prime macchine fotografiche nel 1839. Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
La scrittura è stato il primo strumento usato dell’uomo per conservare la memoria, ma l’avvento della macchina fotografica cambiò radicalmente la visione di ciò che circondava l’essere umano.
Le persone iniziarono a documentare il mondo possedendolo attraverso le immagini, che inizialmente fissavano paesaggi naturali od opere dell’uomo, e con il tempo anche le persone:
La memoria iniziava a diventare una cosa concreta
In quello stesso periodo a New York si stava diffondendo lo Spiritualismo, nel cosiddetto “distretto bruciato” (Burned-over District), ovvero le regioni occidentali e centrali dello Stato dove un rinnovato fervore religioso e spirituale sembrò appunto incendiare l’area.
Il “distretto bruciato” di New York. Immagine di Burnedover condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia
La pratica della comunicazione con lo spirito disincarnato dei defunti cominciò ad essere l’elemento comune e fondante di questo movimento, che cercava diversi metodi per comunicare con l’aldilà.
Lo sviluppo tecnologico e la ricerca spirituale si intrecciarono nel 1861, quando l’incisore William Howard Mumler produsse la prima fotografia spiritica. Mumler stava eseguendo una prova per realizzare un autoritratto che, una volta sviluppato, gli riservò una sorpresa: non era solo nella fotografia, ma compariva vicino a lui una figura eterea somigliante a una sua parente morta da anni.
William Mumler nel 1869. Immagine di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Il caso destò curiosità e speranze in tutti coloro che volevano sentire i propri cari defunti ancora vicino. Nonostante lo scetticismo di molti, e la fotografia spiritica diventa una moda che si diffonde anche in tutta Europa, dando vita a un vero e proprio business, ma anche a un movimento di carattere storico.
Si cercava essenzialmente di far apparire, attraverso l’uso di un occhio artificiale, quello che la vista umana non poteva percepire: apparizioni, irraggiamenti o fantasmi, basandosi sulla fede cieca che si aveva nella fotografia quale mezzo per ritrarre la realtà.
Esempio di fotografia spiritica. Fotografia di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Molte persone, anche importanti, pagavano cifre consistenti per avere una foto di qualche caro estinto, e Mumler sapeva come accontentarle: dalla doppia esposizione, alla stampa di più lastre su un solo foglio.
Mary Todd Lincoln con il “fantasma” di suo marito
Come in ogni ambito commerciale, anche nel campo della fotografia spiritica, a una grande richiesta seguì una grande offerta: spuntarono ovunque fotografi-medium, in grado di soddisfare le richieste delle persone afflitte da un lutto. Fino a che iniziarono a occuparsi della faccenda anche i tribunali, che tentano di arginare quel fenomeno fraudolento. Tra gli altri, fu intentata una causa anche giudizio contro Mumler, che però se la cavò anche in virtù delle testimonianze favorevoli portate dai suoi importanti e danarosi clienti (compresa la vedova del presidente statunitense Abraham Lincoln).
Fanny Conant con il “fantasma” di suo fratello:
I risultati artistici delle fotografie spiritiche ebbero, tra gli estimatori, non solo persone in lutto, ma anche diversi artisti del secolo successivo, che usando la tecnica della doppia esposizione, ottennero notevoli risultati: le stampe futuriste di Anton Giulio Bragaglia, del 1913, alcune fotografie del pittore Edvard Munch e dello scrittore, nonché pittore e fotografo, August Strindberg, ne sono solo un esempio.
Un’immagine di Herrod con un unico “fantasma”:
Il periodo tra il 1860 e il 1910, definito “l’età d’oro degli automi”, cambiò l’approccio con la realtà: al sistema naturale, del quale fa parte l’uomo, subentrò la “macchina”, che diventò addirittura la pietra di paragone con la quale confrontarsi.
Un soggetto sconosciuto con due figure:
Moses A. Dow con il “fantasma” della sua assistente:
John J. Glover con il “fantasma” di un’anziana:
La signora French con un bambino “fantasma”:
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