Vercingetorige: il guerriero che quasi sconfisse Giulio Cesare

Giulio Cesare non ha certo bisogno di presentazioni: è il generale romano (ma anche console, dittatore, scrittore…) più famoso, non solo per le sue campagne di conquista in Gallia, Britannia, Spagna, Africa etc, ma probabilmente anche per la sua tragica morte, arrivata per mano di una ventina di senatori che volevano difendere l’ordinamento repubblicano (ma anche i propri interessi personali…) e non ci riuscirono.

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Tanto è vero che Giulio Cesare viene indicato dallo scrittore romano Svetonio, nelle “Vite dei Cesari”, come il primo dei dodici imperatori di cui egli narra.

Vercingetorige, condottiero di una fiera tribù di Galli, non ha ugualmente bisogno di presentazioni: è uno dei più conosciuti tra i guerrieri sconfitti da Cesare. Forse perché è divenuto il primo eroe nazionale della Francia, simbolo della lotta contro gli invasori romani.

In realtà, Vercingetorige e le tribù di Galli che per un po’ riuscirono a tenere a bada le legioni romane, furono dimenticati dai francesi per quasi duemila anni. Fu solo Napoleone III, nel 19° secolo, a usare la figura dell’antico condottiero per “trasmettere un messaggio politico potente” ai Francesi, quello di unirsi a lui per “combattere insieme contro l’invasore” (cit. Karine Marchadour), ovvero la Prussia. Non gli portò una gran fortuna Vercingetorige: perse la guerra franco-prussiana nel 1871.

Come capita spesso ai vinti, ciò che si sa di loro proviene dalla bocca dei vincitori, e Vercingetorige non fa eccezione. Giulio Cesare ne parla, ovviamente, nel suo De Bello Gallico, ma si possono ricavare altre informazioni da altri autori, come Plutarco, Strabone e Cassio Dione.

Pare accertato che il nome con il quale è conosciuto non fosse quello di nascita: Vercingetorixs sarebbe un titolo traducibile come “Il grandissimo re dei guerrieri”. Poco altro si sa della sua vita prima della sua ribellione contro i romani nel 52 a.C. Era sicuramente figlio di Celtillo, capo di una delle tribù più forti della Gallia, gli Arverni, nato presumibilmente intorno all’80 a.C.

Nel 58 a.C. Cesare approfitta della pressione esercitata dai popoli germanici sugli Elvezi, che vorrebbero attraversare il fiume Reno e stabilirsi nei territori della Gallia. Il condottiero va in soccorso delle tribù amiche, quelle della Gallia Cisalpina e Transalpina già assoggettate a Roma, e probabilmente già mira ad allargare i confini, per acquisire prestigio e potere.

Celtillo si oppone e cerca di mettersi alla guida di una coalizione anti-romana, ma viene ucciso da alcuni aristocratici della sua tribù, che temono da parte sua un tentativo di restaurazione della monarchia (che straordinaria coincidenza con la fine di Cesare…).

All’incirca ventenne, Vercingetorige diventa addirittura contubernales, un “compagno di tenda” di Cesare, che gli insegna la tecnica militare, mentre il giovane guerriero collabora con preziose informazioni sul territorio della Gallia ancora non soggetta a Roma.

Nel 57 a.C. la Gallia è conquistata, ma negli anni seguenti sono molte le rivolte delle diverse tribù che Cesare deve sedare, senza farsi scrupolo di sterminare intere popolazioni, come quella degli Eburoni, che erano riusciti a sgominare un’intera legione romana. Vercingetorige, che ben conosce il malcontento serpeggiante tra le tribù galliche, nonostante la disapprovazione degli anziani della sua tribù, riesce a mettersi a capo delle fazioni anti-romane, esortando tutti i Galli a unirsi contro l’invasore. E’ l’inverno tra il 53 e il 52 a.C.

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Cesare non è in Gallia, e il suo comandante Labieno non è preparato ad affrontare la tecnica di guerriglia messa in atto da Vercingetorige, che fa veloci incursioni per poi scomparire. Sapendo bene (era stato istruito da Cesare) quanto gli approvvigionamenti fossero essenziali per le legioni, il condottiero gallico fa terra bruciata intorno ai Romani: distrugge città, case e fattorie, finché arriva ad Avarico, dove si ferma, sperando di logorare il nemico obbligandolo a un lungo assedio.

Cesare, che intanto è arrivato in soccorso di Labieno, invece espugna la città, e i Galli proseguono la lotta con le più sicure tattiche di guerriglia, bruciando ponti e tentando di impedire i rifornimenti alle legioni. Finché, dopo uno scontro diretto, Vercingetorige non è costretto a ripiegare nella città di Alesia, che diventerà la sua trappola. Dopo 40 giorni di assedio, e la sconfitta della cavalleria arrivata in suo soccorso, il guerriero gallico decide di arrendersi: per i cittadini di Avarico e per le sue truppe non c’è più possibilità di scampo, se non la morte per fame. E’ l’ottobre del 52 a.C.

Tutti i guerrieri Galli sono ridotti in schiavitù, e Vercingetorige viene tenuto prigioniero a Roma, forse nel carcere Mamertino, fino al “trionfo” celebrato in onore di Cesare per le sue conquiste, durante il quale il suo valente nemico viene mostrato, come un trofeo, in catene.

Subito dopo, Vercingetorige viene ucciso. E’ il settembre del 46 a.C.

Dimenticato a lungo dalla storia, Vercingetorige, nella statua eretta nel 1866 nel presunto sito di Alesia, ha le sembianze del viso che probabilmente sono quelle di Napoleone III, a parte i capelli fluenti e i lunghi baffi.

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Da allora nacque l’orgoglio dei francesi per i loro antenati, i Galli, che solo il “grandissimo re dei guerrieri” era riuscito, per breve tempo, a trasformare in un popolo unito, capace di tenere testa al generale invincibile: Giulio Cesare.

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