Roma Caput Mundi: prima di diventare la capitale di un impero che avrebbe dominato gran parte del mondo allora conosciuto, la Città Eterna ne aveva dovuto fare di strada…
Da quegli inizi oscuri della fondazione, basata su un crimine non certo sconosciuto ma indubbiamente orrendo come il fratricidio, Romolo fonda Roma sul Colle Palatino, e si premura di diventare l’unico re della neonata città uccidendo il fratello gemello Remo, con il quale aveva succhiato il latte della Lupa (animale vero o prostituta che fosse).
Romolo e Remo allattati dalla Lupa – Rubens – Musei Capitolini
Immagine di pubblico dominio via Wikipedia
Forse il crimine era necessario ad assicurare la futura grandezza di Roma, perché Romolo fu da subito assai sicuro di cosa occorreva per consolidare il suo potere: un sistema di leggi, un consiglio di Saggi e cerimonie che dimostrassero la sua posizione di dominio. Ma era anche ben conscio che solo con un adeguato numero di abitanti stabili la città si sarebbe potuta espandere. E lui non aveva dubbi sulla futura espansione, tanto che, come racconta la storico augusteo Tito Livio “…l’Urbe si ampliava, incorporando entro la cerchia delle mura sempre nuovi territori, poiché le mura venivano costruite in vista della popolazione futura, più che in rapporto a quella che v’era allora”. (Ab Urbe Condita)
Il giovane re (secondo il mito Romolo aveva 18 anni nel 753 aC, anno della fondazione di Roma) pensò bene di assicurarsi una futura popolazione procurandosi le mogli per i suoi sudditi con un atto di forza: prelevò le giovani donne di un popolo vicino, i Sabini.
L’intercessione delle Sabine – Jacques Louis David – Museo del Louvre
Immagine di pubblico dominio via Wikipedia
Ma nell’immediato adottò un altro accorgimento, non così violento come il Ratto delle Sabine: diede al bosco sacro, che sorgeva nella sella del Campidoglio (grossomodo dove oggi c’è la Piazza del Campidoglio) lo status di Asylum: un luogo “inviolabile”, dove chiunque poteva rifugiarsi senza correre il rischio di essere mandato via.
Nell’Asylum potevano convergere da ogni paese vicino tutti coloro che volevano diventare cittadini romani, sia che fossero persone libere o schiavi, o magari anche ladri e assassini che scappavano dalle loro terre (gli anglosassoni non hanno inventato niente come colonizzatori).
Sempre Livio racconta: “In seguito, perché non fosse inutile tale ampiezza dell’Urbe, allo scopo di accrescere la popolazione secondo l’antico accorgimento dei fondatori di città, i quali attiravano a sé gente oscura e umile facendola passare per autoctona, offrì come asilo il luogo che ora, a chi vi sale [verso il Campidoglio], appare circondato da una siepe tra due boschi. Ivi si rifugiò dai popoli vicini, avida di novità, una folla di gente d’ogni sorta, senza distinzione alcuna tra liberi e servi, e quello fu il primo nerbo dell’incipiente grandezza.”
L’Asylum era proprio lì, nel cuore della Roma antica, dove sorgerà il tempio di Giove Capitolino, e dove sorgeva il tempio di una divinità italica molto antica, Veiove (Vediovis in latino). Il mistero circonda questo dio giovane e bellissimo, del quale si sa veramente poco.
Statua Colossale di Veiove – Musei Capitolini
Fonte immagine: Jean-Pol GRANDMONT via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0
Forse il suo culto fu introdotto a Roma da quel re sabino, Tito Tazio, che, non si sa se a malincuore o no, accettò la pace con i Romani dopo l’affronto del Ratto, e si stabilì con il suo popolo al Quirinale. O forse Veiove può essere messo in relazione con Veive, il dio etrusco della vendetta.
Quasi certamente la divinità, quando fu assimilata nel pantheon romano, rappresentava il lato oscuro di Giove, quello infero, ostile e portatore di danni. Ma era anche il protettore dell’Asylum, e di tutti coloro che lì si rifugiavano: nel bosco sacro sorgeva un tempio a lui dedicato. L’edificio fu eretto tra il 196 e il 192 a.C. per volontà del console Lucio Furio Purpurione, che lo aveva promesso al dio se lo avesse fatto vincere contro i Galli Boi. Secondo lo scrittore Ovidio si trattò invece del restauro di un tempio che già c’era, risalente agli anni mitici di Romolo e dell’Asylum.
Tempio di Veiove – Ricostruzione
Fonte immagine: Sailko via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0
Il tempio fu scoperto nel 1939, durante gli scavi effettuati sotto Piazza del Campidoglio. Nella cella del santuario fu trovata una statua, senza testa, che raffigura un uomo con in mano un fascio di frecce portate, secondo lo scrittore Aulo Gellio, per procurare danni:“… la statua del dio Vediovis … tiene le frecce, che, chiaramente, hanno lo scopo di infliggere danno.” (Notti Attiche).
Scavi del Tempio di Veiove
Fonte immagine: Lalupa via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 3.0
E infatti Veiove veniva invocato durante i periodi di guerra, con una formula usata dai generali romani per chiedere la distruzione delle città nemiche. L’intervento del dio doveva riempire di “voglia di fuggire, terrore e panico” l’esercito dei nemici, “privarli della luce del cielo” (Macrobio, Saturnalia).
Ecco che questo dio giovane, così bello da essere a volte scambiato per Apollo, diventa una divinità terribile, che talvolta viene raffigurata con un giavellotto, simbolo distruttivo del fulmine, ma anche con una capra, simbolo di fecondità.
Resti del Tempio di Veiove al Campidoglio
Fonte immagine: José Louis Bernardes Ribeiro via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 4.0
I resti del tempio dedicato a Veiove al Campidoglio (un altro sorgeva sull’Isola Tiberina) non aiutano a conoscere meglio quest’antica divinità, perché l’edificio originale fu più volte modificato o ristrutturato, ancora fino al I secolo d.C. La caratteristica principale del tempio è la forma inusuale della cella, allungata trasversalmente, con una larghezza quasi doppia rispetto alla sua profondità (15 x 8,9 metri).
Resti del Tempio di Veiove al Campidoglio
Fonte immagine: José Louis Bernardes Ribeiro via Wikimedia Commons – Licenza CC BY-SA 4.0
Un dio praticamente dimenticato Veiove, già nel secondo secolo, così come il suo tempio, che scampò alla distruzione di barbari e cristiani solo perché nuove costruzioni si sovrapposero all’edificio.
Oggi, le suggestive rovine si possono visitare dal Tabularium, sotto i Musei Capitolini.