Parigi, 19° secolo: essere una cortigiana di successo significava avere un grande potere, ma al tempo stesso vivere ai margini di quella buona società cui ognuna di loro anelava di appartenere, e che mai ne avrebbe ammessa una nelle proprie case. Significava poter godere di lussi esagerati, senza mai raggiungere quella rispettabilità che era indispensabile per entrare a far parte dell’élite cittadina. Significava avere le armi per condurre un uomo alla rovina, ma non per indurlo al matrimonio, se non in rarissimi casi.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Sotto, Valtesse de La Bigne, in un’immagine pubblicata sulla guida “Pretty Women of Paris”, destinata ai gentiluomini inglesi in visita alla capitale francese. Il libretto elencava le migliori cortigiane dell’epoca e le loro “specialità sessuali”
Immagine di pubblico dominio
Nella storia di Émilie-Louise Delabigne ci sono tutti i passaggi obbligati di una giovanissima ragazza che si dedica alla prostituzione, fino a diventare una cortigiana in grado di influenzare i più potenti uomini dell’epoca e che, grazie alla sua professione, riesce ad accumulare un patrimonio pari a oltre 2 milioni di euro al cambio attuale.
Louise Delabigne (1848-1910) era la figlia naturale di una donna che per mantenere i sei figli si prostituiva per pochi soldi, e di un padre alcolizzato e violento, che le impedì per sempre di nutrire fiducia negli uomini. A 13 anni, già bellissima con i suoi capelli rosso-oro e intensi occhi azzurri, Louise perse la sua innocenza, violentata per strada da un uomo anziano che probabilmente l’aveva notata nel negozio di abbigliamento dove lavorava.
Il destino sembrava aver segnato il suo percorso: divenne una grisette, che nella gerarchia della prostituzione indicava quelle giovani donne che si vendevano per strada, rischiando l’arresto e il taglio dei capelli, se fermate dalla polizia. Intanto Louise lavorava anche in negozio di abbigliamento intimo femminile, frequentato da uomini facoltosi. Lì incontrò un giovane uomo che le prese il cuore e le diede due figlie, ma non trovò il coraggio di sposarla.
Ritratto di Valtesse de La Bigne, di Edouard Manet – Metropolitan Museum – New York
Immagine di pubblico dominio
Dopo quella deludente esperienza amorosa, Louise decise che non si sarebbe mai sposata, preferendo arrivare al traguardo della ricchezza e della notorietà con altri sistemi:
vendersi senza mai darsi veramente, senza eccezioni per nessuno
Intanto era salita di un gradino nella scala sociale delle mondane: era una lorette, che nel gergo della categoria indicava quelle donne che venivano mantenute da pochi clienti selezionati. La sua grande occasione arrivò quando conobbe il compositore Jacques Offenbach, che la elevò a livello delle grandes horizontales, cortigiane i cui favori erano contesi da tutti quegli uomini che potevano permetterselo. Divenne l’amante e musa ispiratrice di molti artisti, come Edouard Manet, Henri Gervex, Gustave Coubert, e altri pittori famosi, tanto che fu soprannominata “l’Union des Peintres”.
Valtesse de La Bigne, di Henri Gervex – Musee d’Orsay – Parigi
Immagine di pubblico dominio
Nel frattempo aveva cambiato nome, si faceva chiamare Valtesse de La Bigne: Valtesse aveva grosso modo lo stesso suono di “Votre Altesse” (vostra altezza). Con questo pretenzioso nome riuscì a rovinare economicamente diversi personaggi della nobiltà francese ed europea: il principe Lubomirski di Polonia e il principe de Sagan.
Dai suoi amanti pretendeva abiti lussuosi e gioielli preziosi, case, carrozze, viaggi, cene in locali prestigiosi, tanto che non ammise nella sua camera da letto lo scrittore Alexandre Dumas dicendogli: “Caro signore, non è nei tuoi mezzi”.
In un certo senso fu un altro scrittore, Emile Zola, a prendersi una rivincita sulla cortigiana: scrisse il libro Nanà, che ebbe un enorme successo, ispirandosi proprio a lei, la sirena che incantava e poi distruggeva gli uomini che si illudevano di possederla, descritta come amabile ma spietata, un ritratto poco lusinghiero che irritò molto la Valtesse.
Sotto, copertina di Nanà di Zola:
Il letto in legno e bronzo dorato di Valtesse, esposto al Musee des arts decoratifs di Parigi. Nel suo romanzo Nanà, Emile Zola lo descrisse così:
Un letto come non è mai esistito, un trono, un altare dove Parigi è venuta ad ammirare la sua nudità sovrana
Fonte immagine: THOR via Wikipedia – Licenza CC BY 2.0
Valtesse fu abbastanza lungimirante da capire che la sua attività era legata all’età, così si ritirò a vita privata, nella sua lussuosa dimora a Ville-d’Avray, quando aveva poco più di 50 anni. Continuò però a istruire giovani donne sull’arte di intrattenere gli uomini, fino a quando, il 29 luglio del 1910, le scoppiò una vena e morì.
Lei stessa aveva scritto il suo annuncio funebre, che rivela un animo poetico nascosto sotto le vesti da cortigiana: “Bisogna amare un po’ o molto, seguendo la natura, ma velocemente, in un istante, come si ama un canto degli uccelli, che parla alla propria anima e che si dimentica con la sua ultima nota, come uno ama i colori cremisi del sole nel momento in cui scompare sotto l’orizzonte “.