Uova Fabergé: la storia degli inestimabili gioielli realizzati per gli Zar Russi

È il 1885 e si avvicina la Pasqua alla corte imperiale russa, dove la zarina Maria Fëdorovna (nata come Dagmar di Danimarca) sente molto la nostalgia di casa. Lo Zar Alessandro III suo marito, resosi conto della tristezza della moglie, decide di tirarle su il morale regalandole un preziosissimo gioiello. Per farlo si rivolge a Peter Carl Fabergé recentemente nominato gioielliere della corona imperiale; così, Fabergé realizza un uovo bianco in smalto opaco che (seguendo il meccanismo delle matrioske) contiene un tuorlo d’uovo il quale contiene a sua volta una gallina che nasconde una piccola copia della corona imperiale, adornata da un rubino d’oro a forma di uovo. Ad oggi, la corona e il rubino sono purtroppo andati perduti. L’uovo riscontra un tale successo che diventa una sorta di tradizione. Ogni anno per Pasqua viene commissionato un uovo, anche dal figlio di Alessandro e Maria, ovvero Nicola II, ultimo zar di Russia ucciso assieme alla sua famiglia nella strage di Ekaterinburg.

Chi è Peter Carl Fabergé l’abilissimo gioielliere di corte?

Uovo di Pietro il Grande (1903). Fotografia di Sotakeit via Wikipedia

Peter Carl nasce a San Pietroburgo nel 1846, figlio di un gioielliere originario della Francia di famiglia ugonotta, ovvero protestante. L’arte della gioielleria fluiva nelle vene del giovane Carl che continua a formarsi in Europa per poi stabilirsi nella boutique del padre che rileva alla morte di quest’ultimo nel 1882. Durante una mostra i gioielli di Fabergé vengono notati dallo Zar Alessandro III in persona, il quale decide di onorarlo con il titolo di Gioielliere per nomina speciale della Corona Imperiale. Dopo il primo uovo, Fabergé continua a realizzarne fino alla Rivoluzione del 1917, quando la famiglia imperiale viene uccisa dai rivoluzionari bolscevichi. Fabergé realizza un uovo più bello dell’altro, ognuno di essi è sempre più bello ed opulento, nonché di finissima realizzazione. Il numero esatto delle uova realizzate varia a seconda delle fonti, dovrebbero essere in tutto circa una sessantina, ognuno realizzata con preziosissime gemme, rubini e pietre varie e, ovviamente, ognuna contenente una sorpresa legata alla simbologia imperiale russa.  Con lo scoppio della Rivoluzione, la società di Fabergé viene nazionalizzata e Carl Peter si trova costretto a scappare in Europa, prima in Germania e poi in Svizzera. Si dice che fino alla morte, avvenuta in Svizzera il 24 settembre 1924, non accettò mai di buon grado la Rivoluzione russa.

Uovo del Cremlino. Fotografia di Stan Shebs via Wikipedia

Difficile stabilire quale fra le molteplici uova possa definirsi la più bella. Fra le più particolari si ricordano l’uovo dello Yacht Štandart, un uovo posizionato in orizzontale su di un reggi uovo, trasparente e contenente al suo interno una riproduzione del famoso yacht imperiale. Altro uovo molto bello è quello del quindicesimo anniversario dell’incoronazione di Nicola II e sua Moglie Alexandra, il quale presenta 16 miniature, tra cui i ritratti dei due sovrani, dei loro figli, lo zarevic Aleksej e le Gran Duchesse Tatjana, Olga, Marja e Anastasia, e i momenti salienti del regno dello Zar, tra cui un mini ritratto della sua incoronazione.

Uovo Memoria di Azov (1891). Fotografia di Stan Shebs via Wikipedia

Una curiosità è che la celeberrima attrice Liz Taylor, grande amante e collezionista di gioielli, scelse un piccolo uovo Fabergé come ornamento per una sua collana. Addirittura, le uova sono state protagoniste di Ocean’s Twelve e del tredicesimo film di James Bond.

Uovo della Transiberiana (1900). Fotografia di greenacre8 via Wikipedia

Dove sono le uova oggi? Quasi tutte sono state ritrovate e oggi sono divise tra musei e collezioni private, ad esempio, uno appartiene alla collezione Regina Elisabetta e un altro a quella di Alberto di Monaco. Addirittura, Viktor Vekselberg, famoso collezionista russo (noto come oligarca dell’alluminio), ne possiede ben quindici. Tra le uova mancanti all’appello ci sono Uovo con gallina e pendente di zaffiro (1886), Uovo sul cocchio con cherubino (1888), Uovo Necessaire (1889), Uovo Malva (1897), Uovo di Nefrite (1902), Uovo reale danese (1903), Uovo in memoria di Alessandro III (1907). Ovviamente, non si sa che fine abbiano fatto, alcuni pensano siano semplicemente andati perduti, altri che siano stati distrutti a seguito della Rivoluzione. Un caso misterioso è quello dell’Uovo Necessaire, che celava al suo interno strumenti per la toletta, come delle pinzette. Ebbene, quest’uovo sarebbe stato avvistato nel 1949 in una mostra londinese sulle opere di Fabergé e si pensa sia stato venduto nel 1952 a un acquirente sconosciuto per sole 1.200 sterline, mentre oggi potrebbe valere al minimo decine di milioni.

Uovo dei gigli (1899). Fotografia di Stan Shebs via Wikipedia

La storia delle Uova Fabergé rimane sempre affascinante, non solo per la minuzia dei dettagli, ma anche per quell’alone di mistero che le avvolge che fa sì che l’interesse per questi oggetti rimanga vivo nonostante siano passati così tanti anni.

Uovo di Alessandro III a cavallo (1910). Fotografia di Stan Shebs via Wikipedia
Valentina Pane

Ho venticinque anni e sono iscritta al secondo anno della laurea magistrale in lingue straniere per la comunicazione internazionale presso l'Università degli Studi di Torino. Attualmente, mi trovo a Düsseldorf per il mio semestre Erasmus. Parlo fluentemente inglese, francese e tedesco e sto cercando di imparare anche il russo. Ho una laurea triennale in mediazione linguistica in ambito turistico-imprenditoriale conseguita presso l'Università per Stranieri di Siena e un Bachelor of Arts in Germanistik e Italoromanistik conseguito presso la Friedrich-Alexander-Universität, grazie al progetto della doppia laurea offerto dalle due università. Attualmente sono impiegata come docente e traduttrice presso la scuola internazionale di lingue di Roma, per la quale lavoro esclusivamente online. Amo leggere sin da quando ero bambina, in particolare i thriller e i fantasy.