Si potrebbe dire, certo con un po’ di esagerazione, che la storia dell’uomo è una storia di mappe. Pare che fin dalla più lontana preistoria, gli uomini abbiano avuto la mania di rappresentare lo spazio intorno a loro, riproducendo con forme geometriche il paesaggio. Per la verità, i nostri lontani antenati amavano di più lasciare traccia di quello che vedevano in cielo, di notte, quando l’inquinamento luminoso era molto, molto di là da venire.
La Mappa Mundi Babilonese
Dall’antichità sono invece arrivate delle testimonianze materiali della consuetudine di mappare i terreni: tavolette d’argilla dalla Mesopotamia, ma anche la Mappa Mundi babilonese, che è il più antico (almeno tra quelli conosciuti) tentativo dell’uomo di rappresentare il mondo; papiri egiziani, anche se rari, e poi abbondanti testimonianze dall’antica Grecia, dove la sfericità della terra era un dato assodato già nel II secolo a.C.
Papiro delle Miniere d’oro – Museo Egizio di Torino
Riproduzione della Mappa del Mondo di Eratostene – 200 a.C. circa
E poi i Romani, che usarono le carte geografiche, in particolare le “carte itinerarie” per scopi militari e commerciali, dove il dato importante era rappresentato dalla precisione delle distanze, più che dalla forma dei territori disegnati.
Una Mappa Itineraria Romana
La svolta, nella storia delle carte geografiche e dei mappamondi, è avvenuta con l’età delle esplorazioni: i lunghi viaggi in luoghi sconosciuti (agli europei) hanno modificato profondamente la visione del globo terraqueo, e al tempo stesso hanno reso necessarie carte geografiche precise.
Ci riuscì il fiammingo Gerardo Mercatore, nel 1659, a creare una mappa geografica assai utile alla navigazione, Nova et aucta orbis terræ descriptio ad usum navigantium emendate accomodata, perché conservava la corretta angolazione, necessaria a impostare la rotta, nella proiezione in piano (proiezione conforme).
Mappa di Mercatore
Per riuscirci, il cartografo elaborò una proiezione, conosciuta con il suo nome. La definizione più complicata dice che è la “proiezione cilindrica centrografica modificata di Mercatore”, nota più banalmente come proiezione di Mercatore, dove la scala delle distanze è costante, ma la dimensione dei continenti è distorta.
Tanto più si sale dall’equatore verso i poli, tanto più l’immagine delle terre emerse non è equivalente: la Groenlandia finisce per apparire grande quasi quanto l’Africa, mentre in realtà è 14 volte più piccola, e l’Alaska sembra avere le stesse dimensioni del Brasile, che invece è cinque volte più esteso, mentre forma e dimensioni dell’Antartide risultano totalmente distorte, solo per fare qualche esempio.
Proiezione di Mercatore
Fonte immagine: Strebe via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0
Nonostante i ben noti difetti del planisfero di Mercatore, è su quello che si basa la rappresentazione più comune del mondo. Almeno fino a qualche anno fa.
Per correggere le distorsioni legate alla proiezione cilindrica, l’architetto e designer giapponese Hajime Narukawa ha studiato una proiezione che riesca a dare una rappresentazione bidimensionale del globo significativamente più accurata e precisa, con un maggior rispetto delle dimensioni in scala e delle proporzioni tra terre emerse e mari. A oggi, AuthaGraph, come è stata chiamata la mappa, è il planisfero più vicino alla realtà che si conosca.
La Mappa AuthaGraph
Fonte immagine: AuthaGraph
Narukawa ha sviluppato, nel corso di diversi anni, un processo complesso che lo ha portato ad appiattire una mappa tridimensionale: ha suddiviso la sfera terrestre in 96 triangoli e li ha trasferiti in un tetraedro, poi, mantenendo le proporzioni, lo ha trasformato in un rettangolo.
Fonte immagine: AuthaGraph
Il lavoro dell’architetto-designer è stato considerato talmente valido da meritare, nel 2016, l’assegnazione del Gran Premio al Good Design Award, il concorso di design più prestigioso del Giappone, con questa motivazione: “AuthaGraph rappresenta fedelmente tutti gli oceani e i continenti, inclusa la trascurata Antartide” e mostra “una prospettiva avanzata e precisa del nostro pianeta.”
Una nuova cartografia potrebbe portare a una nuova visione del mondo?
E’ quello che si augura Narukawa, convinto della necessità di guardare al pianeta in una nuova luce, affrontando il problema dei cambiamenti climatici e delle rivendicazioni territoriali sui mari. La speranza dell’architetto – forse non poi così utopistica visti i nuovi movimenti ambientalisti e l’impegno delle giovani generazioni in questo senso – è quella di vedere messi gli interessi del pianeta prima di quelli delle singole nazioni.
Narukawa ha lavorato al suo progetto AuthaGraph per moltissimi anni, tanto che già nel 2011 ne parlava a un evento TED giapponese: