Questa Giara dell’Età del Bronzo era stata scoperta da Giuseppe Voza a metà degli anni ’90 in Sicilia, a Castelluccio di Noto, ma i ricercatori non avevano mai investigato la natura del suo contenuto e di quello di altri due contenitori trovati accanto a essa. Grazie al ricercatore italiano Davide Tanasi, che lavora alla University of South Florida di Tampa, è stata individuata con certezza la prova chimica del primo olio d’oliva italiano, risalente a 4.000 anni fa, che retrodata di oltre 700 anni la produzione olivicola del belpaese.
Sotto, fotografia del Polo Regionale di Siracusa per i siti e musei archeologici Museo Paolo Orsi:
Grazie alle analisi alla gas cromatografia, spettrometria di massa e risonanza magnetica nucleare, durante la ricerca sono state individuate tracce di acido oleico e linoleico risalenti a un periodo compreso fra la fine del 3.000 a.C. e l’inizio del 2.000 a.C., e che sono rimaste testimoni dormienti del processo di spremitura delle olive dei nostri antenati. I resti degli acidi sono stati individuati in tutti e tre i contenitori presi in esame, rendendo quindi certa la presenza dell’olio nei contenitori.
I resti della Giara, che originariamente era distrutta in 400 pezzi, sono conservati al museo di Siracusa, dove è stata pazientemente ricomposta e dove tutt’oggi è esposta. I risultati della ricerca di Tanasi sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Analitycs Methods”, e retrodatano la produzione di olio di oltre mezzo millennio rispetto ai vasi di Cosenza e Lecce (XII-XI secolo a.C.).
Fonte: University of South Florida.