Ci sono esploratori ed esploratori. C’era chi andava alla ricerca di nuove terre (e immense ricchezze) da conquistare, e chi invece voleva scoprire e riunire tutto il sapere di questo mondo.
C’era Cristoforo Colombo, l’uomo che partì alla ricerca di una nuova rotta verso l’Asia, dove credette all’inizio di essere arrivato, e scoprì invece il Nuovo Mondo. E c’era Fernando Colombo, figlio illegittimo (ma riconosciuto) dell’esploratore, che per tutta la vita andò alla ricerca di libri, per riunire nella sua biblioteca tutto lo scibile umano.
Fernando Colombo
Immagine di pubblico dominio
Non che Fernando fosse un topo da biblioteca, tutt’altro: a 14 anni, nel 1502, si imbarcò con il padre nel quarto e ultimo viaggio per l’America, dove poi tornò nel 1509 insieme al fratellastro Diego. Fernando era più interessato allo studio che alla contrastata eredità paterna nei territori d’oltremare, ma questo non significa che rimase solo chiuso in casa a scrivere le Historie della vita e dei fatti di Cristoforo Colombo, o i suoi trattati di geografia e navigazione, o il dizionario di definizioni in latino.
Tutt’altro: viaggiò attraverso la Spagna, e venne in Italia moltissime volte e con diverse mete. Visitò ovviamente Roma e Firenze, e poi Venezia, Treviso, Genova, ma anche Ferrara, Bologna e Viterbo. Poi se ne andò in giro per Svizzera, Germania, Francia e Paesi Bassi. Insomma, non si fermò mai, fino a circa due anni prima della morte, che lo raggiunse, non inaspettata, nel 1539.
La firma di Don Hernando Colon – Fernando Colombo
La mappa degli innumerevoli spostamenti di Fernando si può tracciare grazie alla sua passione per i libri e a una curiosa abitudine legata proprio ai volumi acquistati. Colombo, che viaggiava per andare alla ricerca di ogni genere di volumi, su qualsiasi materia e in ogni lingua, annotava meticolosamente nell’ultima pagina del libro il luogo di acquisto, la data e il prezzo pagato. Perché il suo sogno era quella di creare la più grande biblioteca – lui la chiamava Libreria – del mondo, che contenesse “tutti i libri, in tutte le lingue e su tutte le materie, che si possono trovare sia nella cristianità che al di fuori”. Una biblioteca universale dunque, all’interno della quale fosse possibile trovare una risposta a qualsiasi domanda.
Libro francese (La piteuse complainte) con annotazione manoscritta di Fernando Colombo
Arrivò a possedere, partendo dai 238 libri lasciatigli dal padre, qualcosa come 15600 volumi, un numero stratosferico, se si considera che all’epoca una collezione di 3000 tomi era considerata una rarità. Ma l’ambizione di Fernando andava ben oltre: aiutato da una squadra di collaboratori, stilò il Libro de los epitomes: volumi dove erano riuniti i riassunti di ciascun libro presente nella sua biblioteca (alcuni brevissimi, altri più lunghi): “il primo motore di ricerca al mondo” perché “suggeriva un percorso attraverso la biblioteca, proprio come un diverso insieme di termini di ricerca su Internet genera informazioni diverse”.
Il Libro degli Epitomi
Fonte immagine: Wikipedia / Giusto Uso
Lo afferma il professor Edward Wilson-Lee, che racconta la storia di Fernando Colombo, il suo sogno visionario di creare una biblioteca universale, in un libro affascinante, “Il Catalogo dei Libri Naufragati”. Ci racconta di come Fernando, a differenza di altri dotti del tempo, che andavano alla ricerca del sapere negli antichi testi manoscritti conservati nei monasteri, fosse convinto di poter riunire la conoscenza universale attraverso tutto ciò che era stampato, da preziose edizioni a semplici opuscoli di propaganda politica fino a manifesti “pubblicitari” dell’epoca.
Fernando Colombo – Historie
Della collezione di Colombo sono rimasti all’incirca 4000 libri, oggi raccolti nella Biblioteca Colombina, a Siviglia. Perché era in quella città che Fernando aveva deciso di creare la sua Libreria, che finì in eredità a un suo nipote, poco interessato ai libri, e infine custodita nella Cattedrale di Siviglia. Custodita male, abbandonata e distrutta dall’incuria e anche dalle inondazioni.
La casa di Fernando Colombo a Siviglia
Immagine di pubblico dominio
Il libro degli Epitomi, fondamentale per comprendere la grandiosità del progetto di Fernando, pareva perduto per sempre. Uno dei volumi che lo componeva è invece riapparso nella Collezione Arnamagnæan dell’Università di Copenaghen. I riassunti riempiono all’incirca 2000 pagine, e raccontano di libri, questi sì, veramente persi per sempre.
Il prezioso catalogo di Colombo faceva parte della collezione di un letterato islandese, Árni Magnússon (1663-1730), che alla sua morte la lasciò all’Università di Copenaghen. Il volume in spagnolo è passato inosservato per secoli, nascosto tra migliaia di testi in lingua islandese e scandinava, finché un professore dell’università canadese di Windsor lo ha fortuitamente individuato. Forse il manoscritto è finito nelle mani di Magnússon attraverso il diplomatico Cornelius Lerche, inviato dalla Spagna in Danimarca, ma si tratta solo di un’ipotesi.
Quello che invece viene certamente fuori, grazie al libro di Wilson-Lee, è la straordinaria storia di Fernando Colombo, un uomo che, 500 anni fa, iniziò “in un certo senso, a cambiare il modello di ciò che è conoscenza”.