In un precedente articolo (“Il curioso parallelismo tra Calcio e Mitologia Greca”), ho rapidamente indagato alcune interpretazioni proposte per il ‘fenomeno’ calcio, definito, a seconda dei punti di vista e delle sfumature su cui ci si concentra maggiormente, come metafora e stilizzazione ora della guerra, ora della caccia, ma anche del mito e della religione. In questo contesto, vorrei invece creare, attraverso l’analisi di ciò che di più evocativo e comunicativo le società calcistiche possiedono, ovvero i loghi, una sorta di ‘bestiario’ calcistico: soprattutto nel Medioevo, un bestiario era un tipo di testo che descriveva una serie di animali, sempre con uno taglio moralizzante e riferimenti religiosi e culturali. In fondo, come potrete vedere, la simbologia medievale e quella calcistica odierna non sono poi così distanti.
Il motivo per il quale partire dallo studio dei loghi è molto semplice. Per secoli, i guerrieri sul campo di battaglia, ma anche le nobili famiglie europee, necessitavano di una simbologia che li rendesse immediatamente riconoscibili, per questioni di prestigio e blasone nel caso della nobiltà (non a caso il termine “blasone” indica principalmente un simbolo araldico) e per evidenti necessità sul campo di battaglia: in quest’ultimo caso, per un combattente, appartenere ad uno schieramento o all’altro poteva fare la differenza tra la vita e la morte!
In fondo, i due più potenti strumenti a disposizione per farsi riconoscere erano i simboli e i colori ed ancora oggi i club di calcio li utilizzano per i medesimi scopi.
Gli animali araldici per eccellenza (ovvero quelli che compaiono nella stragrande maggioranza dei simboli delle storiche famiglie nobiliari europee) sono due: il leone e l’aquila. Come sostiene l’insigne storico del Medioevo Michel Pastoureau, “il leone non è soltanto l’animale più presente negli stemmi medievali, ma anche – e di gran lunga – la più frequente tra tutte le figure del blasone”.
Il leone, pur rappresentando un concetto tutto sommato esotico per l’Europa, rimane il re degli animali, ed evoca forza e solennità, caratteristiche che possono – e devono! – evidentemente spaventare un ‘nemico’ con il quale si è in procinto di scontrarsi: quelli presenti sugli stemmi calcistici “sono di solito animali aggressivi, rapaci, che esprimono forza, coraggio, dominio; oppure animali terrificanti e spaventevoli, la cui sola immagine dovrebbe far tremare il nemico e smontarlo psicologicamente” secondo Salvi e Savorelli.
Partiamo da un caso emblematico. Le due squadre che disputano il Derby de Lisboa, il derby della capitale portoghese, sono lo Sporting Clube de Portugal, meglio noto come Sporting Lisbona, e lo Sport Lisboa e Benfica, spessissimo semplificato in Benfica.
Sul logo dello Sporting troneggia un leone d’oro, nella tipica posizione rampante, cioè ritto sulle zampe posteriori e aggressivamente rivolto all’avversario per… sbranarlo.
Il Benfica, invece, presenta la parte centrale dell’escudo (cioè ‘stemma’ in portoghese, ma il richiamo alla guerra non è certo poco chiaro…) che viene sostenuta da un’aquila ad ali spiegate, che, dall’alto dei cieli, è pronta a sua volta a individuare la preda e a… ghermirla.
I due animali araldici per antonomasia sono qui proposti in tutto il loro splendore: e così il Derby da Capital mette in scena l’eterna rivalità tra Leões (Leoni) e Águias (Aquile).
In quest’ultimo caso, l’aquila non funge solo da totem della squadra, ma anche da vera e propria mascotte, chiamata emblematicamente Vitória e sempre presente allo stadio durante le partite della squadra di casa (vedi Immagine 1).
Immagine 1: Di Rodrigo Gómez Sanz – Wikipedia: Águila Vitoria del Benfica, CC BY 2.0:
In entrambi questi casi, sia il leone che l’aquila sono stati scelti per rappresentare due compagini calcistiche per il loro evidente simbolismo, evocativo, appunto, di forza e prestanza: il primo è il re degli animali terrestri, mentre la seconda spadroneggia tra i volatili. Non è un caso se anche nell’araldica i due animali rivaleggiano e la presenza dell’uno esclude l’altra.
Ma cosa succede se, come in parte è accaduto anche per lo stemma dello Sporting Lisbona, l’animale viene scelto perché simbolo non tanto di forza fisica quanto di un’entità cittadina o addirittura imperiale, se non di un popolo intero?
Consideriamo ancora il caso dell’aquila: sì, ma bicipite. Questo simbolo, sebbene sia stato utilizzato in diverse occasioni nel corso della storia, è legato alla dinastia dei Paleologi, l’ultima a governare l’Impero Bizantino, anche conosciuto come Impero Romano d’Oriente. La corrispondenza è così stretta che l’aquila, da simbolo della sola dinastia regnante, è diventato l’emblema di tutto l’Impero (vedi Immagine 2). In questo senso, la doppia testa dell’aquila potrebbe rappresentare la vastità dell’Impero stesso, tale da permettergli di estendersi da Occidente a Oriente.
Immagine 2: Di F l a n k e r – endless-greece.com (dead link) crwflags.com, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1812107
Ora, la stessa aquila – e con la stessa combinazione di colori! – la ritroviamo sullo stemma di uno dei club più famosi ed emblematici del calcio greco: l’A.E.K. di Atene. L’acronimo A.E.K. sta per Athlītikī Enōsis Kōnstantinoupoleōs, ovvero Unione sportiva di Costantinopoli: un nome che sembra evidentemente contrastare con la sua attuale sede, ovvero la capitale ellenica Atene.
Le origini di questo nome sono però da ricercare nella storia del club: fu infatti fondato nel 1924 da un gruppo di ellenici fuggiti da Costantinopoli a seguito della guerra greco-turca, conclusasi con la vittoria turca e la conseguente diaspora della comunità greca dell’ex capitale bizantina.
In questo caso, a differenza del Benfica, la scelta dell’aquila come simbolo del club non ha nulla a che vedere con l’idea di forza e dominio, bensì ha precisi connotati culturali e identitari: rappresenta infatti un’intera comunità. Le motivazioni sono le stesse che portarono, due anni dopo, nel 1926, i fondatori del PAOK di Salonicco, a scegliere, pur cambiandone leggermente i colori, l’aquila bicipite come simbolo del loro nuovo club, ovvero il Panthessalonikeios Athlītikos Omilos Kōnstantinoupolitōn, Club Atletico Pan-tessalonicese dei Costantinopolitani.
Dal sud-est dell’Europa spostiamoci ora verso sud-ovest, sulla costa valenciana, per incontrare l’ultimo esempio di questo ‘bestiario’ calcistico. A conclusione, è interessante notare un esempio di animale che, come l’aquila, è un volatile, ma che, come l’aquila bicipite, ha un preciso connotato culturale e storico: stiamo parlando del pipistrello, che ritroviamo sul logo di entrambe le più famose squadre di calcio di Valencia, il Valencia Club de Fútbol e il Levante Unión Deportiva.
Il murcielago, ovvero come viene denominato il pipistrello in spagnolo, compare infatti sullo stemma cittadino (vedi Immagine 3) e risulta difficile pensare che possa, quantomeno in Europa, rivelarsi un simbolo positivo, poiché spesso è un abitatore delle tenebre ed evoca paura e mistero (si pensi, a titolo esemplificativo, ad un personaggio letterario come il conte Dracula, il quale spesso si tramuta in un pipistrello).
Immagine 3: Di Macondo – Wikipedia, CC BY-SA 4.0:
Ora, il motivo che ha spinto le due maggiori compagini valenciane a scegliere di inserire il pipistrello nei propri simboli va ricercato, ancora una volta, nella storia cittadina: si dice infatti che, all’epoca della cosiddetta Reconquista, secoli medievali nei quali diversi condottieri e re iberici si occuparono della conquista dei territori di dominio musulmano nella penisola, un pipistrello, volando nella notte, svegliò i soldati cristiani capitanati da Jaume I d’Aragona, avvertendoli in questo modo di un imminente attacco da parte dei nemici, che venne sventato. Ugualmente, i tifosi di Valencia e Levante si augurano che i propri beniamini, discendenti di quei medievali paladini, difendano i colori della casacca respingendo eroicamente gli attacchi dei propri avversari sul campo… da calcio.
Siamo così giunti, sorvolando l’Europa da Ovest a Est e da Est a Ovest, alla conclusione di un così affascinante viaggio, che non può altro che confermare la capacità dello sport e del calcio di raccontarci la storia, che questa sia più o meno vicina o lontana da noi.
Bibliografia essenziale:
Chevalier, Jean e Gheerbrant Alain, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, BUR Rizzoli, Trebaseleghe (Pd) 2018.
Fasano, Alfonso, Fútbol alla valenciana, Les Flȃneurs Edizioni, Reggio Calabria 2018.
Jägerskiöld Nilsson, Leonard, World Football Club Crests. The Design,
Meaning and Symbolism of World Football’s Most Famous Club Badges,
Bloomsbury Sport, Londra 2018.
Metelo de Seixas, Miguel, “O futebol é o que de mais parecido temos com a heráldica medieval”, in A Bola, 3 aprile 2011, pp. 16-17.
Pastoureau, Michel, Figure dell’araldica. Dai campi di battaglia del XII secolo ai simboli della società contemporanea, Ponte alle Grazie, Slovenia 2018.
Pastoureau, Michel, L’arte araldica nel Medioevo, Einaudi, Verona 2019.
Ricart Martínez, Franco, “Banderas de clubes de fútbol españoles (I)”, in Banderas. Boletín de la sociedad española de vexilología, n°1-2, gennaio-giugno 1979, pp. 34-39.
Salvi, Sergio e Savorelli, Alessandro, Tutti i colori del calcio. Storia e
araldica di una magnifica ossessione, Le Lettere, Sesto Fiorentino (Fi)
2008.