Fu uno degli ingegneri ed esploratori più importanti del primo Novecento. Attratto dall’ignoto, spinse l’Italia nell’eccezionale impresa della conquista del segreto polare. La sua esperienza però fu segnata dalla tragedia del dirigibile Italia, disperso insieme a 6 suoi uomini nei ghiacci del Polo Nord e mai più ritrovato.
Nato a Lauro, provincia di Avellino, il 21 gennaio 1885, Umberto Nobile era figlio di Vincenzo e Maria La Torraca, originari di Eboli; il padre aveva origini nobili, nomen omen, perché in origine il suo cognome era Nobile Delle Piane, ramo cadetto dei Delle Piane, famiglia tra le più antiche di Genova e coi secoli stabilitasi al Sud, privati del titolo nobiliare dopo essersi opposti all’ascesa dei Savoia.
Umberto Nobile nel 1920 ca.
Fotografia di sconosciuto (Mondadori) di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Umberto Nobile era un ragazzo brillante e appassionato di ingegneria. Dopo aver concluso gli studi a Napoli con la laurea in Ingegneria industriale meccanica, nel 1911 si trasferì a Roma cominciando a insegnare in università, ma non dimenticando la sua grande passione per l’ingegneria e per un nuovo mezzo aereo del quale si era follemente innamorato:
Il dirigibile
Frequentò quindi un corso di costruzioni aeronautiche e durante la Grande guerra lavorò in uno stabilimento, iniziando ad impegnarsi nella creazione di vari generi di paracadute, aeroplani e soprattutto di un dirigibile in grado di percorrere lunghe distanze.
Nel 1925, con l’istituzione del Ministero dell’Aeronautica, Nobile, frattanto divenuto anche tenente colonnello dell’Aeronautica militare, sfruttò le sue conoscenze nelle alte sfere e domandò al primo ministro Benito Mussolini e al re Vittorio Emanuele III di poter prendere parte, con un dirigibile di sua creazione, alla spedizione polare che il famoso esploratore norvegese Roald Amundsen stava elaborando da qualche tempo. Amundsen era già una celebrità nell’ambiente, avendo conquistato nel 1911, durante una spedizione che prese il suo nome, gli ignoti ghiacci del Polo Sud.
Dopo alcune iniziali titubanze e tanto scetticismo per l’assoluta incertezza che attorniava il progetto – l’Italia propendeva più per lo sviluppo degli aeroplani, amati dal fedele Italo Balbo, molto più avanti nel loro sviluppo –, Nobile riuscì a ottenere il benestare del governo.
Umberto Nobile
Fotografia di sconosciuto di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Il dirigibile messo in piedi da Nobile fu acquistato dall’aeronautica norvegese e ribattezzato Norge. Il 10 aprile 1926 il Norge si staccò dal suolo dell’aeroporto di Ciampino dando avvio alla sua epica impresa. Gli otto italiani a bordo, con a capo Umberto Nobile, sostarono prima alle isole Svalbard, arcipelago del mare Glaciale Artico, per caricare Roald Amundsen e i suoi uomini, per poi raggiungere trionfalmente il Polo Nord la notte del 12 maggio 1926.
Era la prima volta che degli esseri umani sorvolavano il Polo Nord.
L’entusiasmante avventura si concluse a Teller, cittadina quasi disabitata dell’Alaska, dove il dirigibile Norge atterrò dopo aver percorso 5300 km di volo.
Amundsen in Antartide
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Quella del Norge fu una grandissima impresa dalla quale Umberto Nobile tornò da eroe nazionale. Inneggiato dal regime fascista, l’ingegnere fu elevato al grado di generale e ricevette la medaglia di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia. Nobile fu osannato da tutto il popolo italiano per mesi e, sfruttando quel momento di gloria riconosciutogli dal fascismo, chiese a Mussolini il permesso di organizzare una nuova missione al Polo, questa volta tutta italiana.
Come improvvisa si era accesa la passione italiana per i dirigibili, presto però si spense. L’interesse del governo per i dirigibili, infatti, scemò subito dopo l’impresa del Norge, in favore degli aerei sui quali il regime decise definitivamente di investire, forse presagendo già le guerre che sarebbero scoppiate nel decennio successivo.
Il Norge parte da Ciampino (La grande Illustrazione)
Fotografia di sconosciuto di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Le difficoltà che dovette superare furono molte, ma, caparbio, Nobile riuscì egualmente a organizzare la nuova spedizione, grazie al sostegno di molti privati che non avevano ancora smesso di venerarlo. Costruita la nuova aeronave e battezzata col nome Italia, l’esploratore campano ottenne nuovamente la benedizione sia del re sia del duce e del pontefice papa Pio XI, che affidò addirittura all’avventuriero un crocifisso da collocare sui ghiacci una volta raggiunto il Polo.
Il dirigibile Italia abbandonò il suolo italiano dall’aerodromo di Baggio, Milano, il 15 aprile 1928. Dopo una sosta programmata alle isole Svalbard, l’Italia raggiunse il Polo Nord il 24 maggio. Dovette però ripartirne il giorno seguente, senza aver di fatto toccato la superficie polare, a causa di una forte tempesta di neve.
Fu l’inizio del disastro.
Il dirigibile Italia perse improvvisamente quota e si schiantò contro la banchisa polare. Nobile e altri 9 uomini finirono sul pack – inclusa anche Titina, la cagnetta che Nobile aveva deciso di portare con sé –, mentre i restanti 6 uomini dell’equipaggio (Calisto Ciocca, Attilio Caratti, Ettore Arduino, Renato Alessandrini, Aldo Pontremoli e Ugo Lago, giornalista a seguito dell’avventura) rimasero sulla aeronave oramai sfasciata e ripresero il volo perdendosi per sempre nei ghiacci del mare Glaciale Artico.
Il generale Nobile affacciato al portello della cabina dell’Italia appena giunto a Stolp, in Pomerania, durante il viaggio verso il Polo Nord nell’aprile 1928. In basso a destra la cagnetta del generale, Titina
Fotografia di Bundesarchiv, Bild 102-05737 / Georg Pahl condivisa via Wikipedia con licenza CC-BY-SA 3.0
Umberto Nobile e i superstiti della tragedia rimasero nei ghiacci e sopravvissero grazie ad alcuni viveri e a una tenda rossa, simbolo della disavventura, che fortunatamente caddero dal dirigibile durante l’impatto col suolo. Dall’Italia precipitò anche la radio per lanciare l’allarme di SOS così Nobile e i suoi riuscirono a farsi rintracciare da un radioamatore collegato dalla città russa di Arcangelo.
I soccorsi, seppur lentamente, si mossero, e il 24 giugno, a un mese dal disastro dell’Italia, ad aiutare i sopravvissuti, oramai disperati e allo stremo delle forze, giunse un primo aeroplano. Il primo degli uomini tratti in salvo fu Umberto Nobile, seppur il generale si fosse opposto alla decisione di esser salvato per primo. Gli altri esploratori saranno recuperati i primi di luglio da un rompighiaccio battente bandiera sovietica.
Tra equipaggio e coraggiosi soccorritori, alla fine le vittime furono in 17, incluso Roald Amundsen che, avvertito dell’epilogo infausto dell’avventura dell’amico Nobile, si diresse nell’Artico, ma perì a seguito di un incidente col velivolo che utilizzò per l’operazione di salvataggio.
Fu la fine dell’idillio tra Umberto Nobile e il Partito fascista
Di ritorno in Italia, infatti, Nobile si trovò contro il regime, deluso da quell’incidente che aveva offuscato irrimediabilmente la sua immagine e la grande propaganda, imperniata sull’impresa del ’26.
L’Italia in volo
Fotografia di Bundesarchiv, Bild 102-05736 / Georg Pahl condivisa via Wikipedia con licenza CC-BY-SA 3.0
Perduta la fiducia, Umberto Nobile fu visto come il responsabile del disastro, reo di essere tornato vivo da quella missione che aveva fortemente voluto e che era costata la vita a tanti innocenti.
Partì un’indagine sul disastro dell’aeronave Italia e Nobile, tra i principali accusati e resosi conto di essere oramai un personaggio scomodo, si dimise dall’Aereonautica militare e nel 1931 decise di emigrare, autorizzato dal governo fascista che non voleva più vederne neppure l’ombra, in Unione Sovietica.
Dopo aver girovagato tra Stati Uniti e Spagna e aver assistito da lontano al crollo del fascismo, il generale ritornò in Italia nel 1943 chiedendo di essere immediatamente reintegrato nell’Aeronautica. Ci riuscì nel 1945, e l’anno seguente si gettò in politica nelle liste del Partito comunista italiano. Divenuto deputato dell’Assemblea Costituente, abbandonò presto la politica, si dedicò all’insegnamento universitario e alla sua riabilitazione pubblica, duramente compromessa dal fascismo all’indomani della tragedia del dirigibile Italia. Tutto questo fino alla sua morte, avvenuta a Roma il 30 luglio 1978, all’età di novantatré anni.
Alcuni libri per approfondire la vicenda di Umberto Nobile e della conquista del Polo Nord: “Disastro al Polo. La tragica spedizione di Nobile al Polo Nord con il dirigibile Italia” di Wilbur Cross (Corbaccio); “Umberto Nobile e la spedizione polare del dirigibile Italia” di Emilio Milisenda (Milisenda); il recente volume di Claudio Sicolo dal titolo “Umberto Nobile e l’Italia al Polo Nord” (Aracne); e soprattutto “La tenda rossa: memorie di neve e di fuoco” (Mondadori) e “L’Italia al Polo Nord. 1928: l’ultima epopea del dirigibile” (Marsilio), scritti proprio dall’ingegnere e avventuriero italiano.