Un minuscolo villaggio fantasma, abbandonato da oltre cinquant’anni, è ancora ostinatamente aggrappato alla ripida scogliera dove il popolo Aseuluk lo aveva costruito, su King Island, una piccola isola del mare di Bering, appartenente all’Alaska.
Immagine di Dave Cohoe via Wikipedia – licenza CC BY 3.0
Il villaggio di Ukivok ospitava, durante il periodo invernale, una comunità di circa duecento persone di etnia Inupiat, che si erano dati il nome di Aseuluk, “gente di mare”, nella propria lingua. Vivevano grazie ad un’economia di sussistenza: durante l’estate cacciavano e raccoglievano uova d’uccelli sia sull’isola che sulla terraferma; d’inverno foche e trichechi rappresentavano una ricca fonte di alimentazione.
Sotto, dettagli del paesaggio e delle abitazioni:
Nei lunghi e bui inverni l’attività prevalente era quella ricreativa: ballo e musica; il mese di dicembre veniva chiamato “Sauyatugvik”, il tempo della batteria.
Le abitazioni a palafitte:
Nessuno sa da quanto tempo gli Aseuluk vivessero su questo microscopico lembo di terra roccioso e desolato, scoperto nel 1778 da James Cook, che lo battezzò King Island in onore di James King, un membro del suo equipaggio.
A un certo punto della loro loro storia gli Aseuluk costruirono Ukivok, un insediamento costituito da case in pietra, precariamente appollaiate su lunghi pali di legno.
Questo strano tipo di architettura spontanea nacque per adeguarsi alla topografia dell’isola, dove le aree pianeggianti si trovano sulla cima delle scogliere, esposte a fortissimi venti e soggette ad essere sepolte da metri di neve. Le pendici meridionali di King Island, anche se ripide e rocciose, fornivano comunque un riparo dal vento.
Il villaggio coperto di neve:
Dopo che gli Stati Uniti acquistarono l’Alaska dall’Impero Russo, nel 1867, il piccolo insediamento di Ukivok prese un aspetto da “villaggio”, grazie alla costruzione di due grandi edifici pubblici: una chiesa cattolica e una scuola. Nel 1959 però, il Bureau of Indian Affairs ordinò la chiusura della scuola, per un imminente pericolo di caduta di massi sopra la struttura.
In realtà l’edificio, come si può vedere nella foto in alto, dopo cinquanta anni dall’abbandono, è ancora in piedi e senza nessun danno. La chiusura della scuola innescò però una serie di conseguenze che alla fine portarono all’abbandono dell’isola da parte di tutti gli abitanti. I bambini erano infatti tenuti a frequentare la scuola sulla terraferma, nel paese di Nome, dove solitamente gli Aseuluk trascorrevano parte dell’estate.
Senza la presenza di bambini e ragazzi, parte attiva dell’economia di sussistenza degli Inupiat, la vita sull’isola divenne insostenibile per gli anziani e gli adulti rimasti, e nel 1970 King Island rimase disabitata.
Alcuni abitanti all’opera:
Anche se la natura si sta lentamente appropriando delle strane case degli Aseuluk, queste rimangono a testimonianza di uno stile di vita e di un’identità culturale di cui è rimasto soltanto un lontano ricordo nel passato…
Immagine di Ansgar Walk via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0
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