Molti ricorderanno l’elegante Singer, realizzata con l’accuratezza di uno scrigno d’arte e all’insegna dell’artigianalità. Questa macchina da cucire troneggia ancora in molte case, memore di una storia antica e controversa, che l’ha resa la rivoluzionaria capostipite delle sue controparti odierne.

Oggi, abituati alla facilità di un tasto che ci permette di scegliere tra i più particolareggiati punti e i più raffinati ricami, possiamo, infatti, disporre di abiti e beni di ogni genere, con produzioni veloci e generose. Per quanto tutto questo possa sembrarci normale e scontato, qual è la storia della geniale invenzione dietro una comodità del genere?

Le prime idee
In passato, tutte le cuciture potevano essere affidate alle sole abilità manuali. Fu in seguito alla Rivoluzione industriale del XVIII secolo che la necessità di escogitare nuovi mezzi per velocizzare i processi produttivi divenne impellente e, dopo gli avveniristici primi germogli di un’idea di cucitrice meccanica, lo sviluppo di un prototipo funzionale su cui vantare la propria potestà divenne la sfida di molti. Si trattò di uno sviluppo lento e spinoso, che attraversò i secoli, contemplando scandali, rappresaglie e corse alle registrazioni, non sempre riuscite, dei tanto famigerati brevetti.

Tra i primi in corsa per l’invenzione del secolo, si annovera Charles Fredrick Wiesenthal, che, nel 1755, brevettò il così definito “Ago progettato per un macchinario“, seguito, nel 1790, dal ben più ardito e dettagliato progetto di Thomas Saint, con cui si iniziava a intravedere il fantasma di quella struttura che oggi riconosciamo nelle nostre macchine.

Barthélemy Thimonnier
Il caso più acclamato resta quello del brillante sarto francese Barthélemy Thimonnier, che aveva a lungo osservato i lavori svolti con l’uncinetto. Il tortuoso accavallarsi di quello strumento, manovrato con oculata destrezza dalle sapienti mani delle sarte, lo aveva profondamente ispirato, instillando in lui la stravagante idea di un punto simile da far eseguire a un macchinario.

Non ci volle molto, prima che riuscisse a passare dalle parole ai fatti, ottenendo, nel 1830, un brevetto per la creazione del primo modello di macchina da cucire, capace di creare gli stessi punti a catenella dell’uncinetto, ma molto più velocemente, a cui seguirono altri esemplari sempre più innovativi.

Ciò che Thimonnier realmente bramava, altro non era che alleggerire il gravoso lavoro delle sarte, costrette a lavorare per ore ed ore ricurve sulle proprie ginocchia, manovrando ago e filo nelle laboriose cuciture a mano e concedendosi solo dei pasti consumati in piedi, unico momento di riconciliazione con una postura eretta.
Tutto per una paga esigua

Nonostante offrisse un miglioramento a quelle condizioni lavorative, l’invenzione non incontrò l’entusiasmo sperato. I ritmi di produzione a macchina non erano paragonabili al semplice lavoro manuale e, per i sarti francesi, quel macchinario divenne presto l’emblema di una minaccia che avrebbe, di lì a poco, potuto sancire la fine della richiesta dei loro servigi. Quando 80 delle macchine di Thimonnier vennero impiegate per le forniture militari dell’esercito francese, la paura dei sarti si tramutò in rivolta e lo stabilimento fu dato alle fiamme, mentre l’inventore si vide costretto a fuggire.

John Fisher, Elias Howe e Isaac Singer
Questo episodio non arrestò la brama di sviluppo e, presto, si accodarono nuove proposte da Francia, Inghilterra e America. Mentre la competizione saliva, altri sfortunati protagonisti furono l’inglese John Fisher, che produsse nel 1844 un prototipo per cui non ottenne mai alcun riconoscimento (caso volle, infatti, che i documenti lasciati all’ufficio brevetti andassero perduti), e, nel 1846, Elias Howe, con il suo modello di macchina da cucire a navetta, che non riuscì a commercializzare.

A cogliere, infine, i frutti dell’allettante invenzione fu il tedesco-americano Isaac Merritt Singer. Uomo dal gran carisma e dalla grande passione per la meccanica, fu lui che, miscelando le caratteristiche di maggiore successo contemplate nei modelli precedenti, realizzò un modello funzionale, firmando una delle più rinomate ed eleganti macchine a noi oggi note.

Anche per Singer il percorso non fu facile e sfide economiche, così come battaglie personali e legali, non tardarono a presentarsi. Howe, sentitosi defraudato di una sua idea, sporse denuncia a Singer per violazione del brevetto, ottenendo, tra l’altro, un lauto risarcimento.

Va aggiunto che, se non avesse avuto quello sfortunato problema al deposito del suo brevetto, sarebbe stato Fisher il reale detentore del primo brevetto al mondo per la moderna versione della macchina da cucire.
Singer ebbe dalla sua anche la fortuna di avere qualcuno che sostenne fermamente il suo progetto: l’avvocato Edward G. Clark, con cui creò la società I. M. Singer & Co, che vide presto la diffusione di fabbriche Singer in Germania, Russia, Canada e Austria.

Le macchine Singer divennero simbolo di funzionalità e impeccabile qualità; ogni loro componente era numerato e sagomato in egual maniera, consentendone la precisa costruzione e facile riparazione. Nelle fabbriche, la loro versatilità, consentiva le più svariate produzioni: abiti, tappeti, scarpe, uniformi, tende, sciarpe e via dicendo.

Le macchine successive
Il boom degli anni ‘30 delle macchine da cucire elettriche, seguite poi, negli anni ‘50, dalla diffusione delle riviste di modellistica, con cartamodelli e istruzioni per il cucito, definì una vera e propria rivoluzione.

Nelle case, queste macchine superarono la mera vocazione di mezzo produttivo, divenendo suppellettile-gioiello dalla rara bellezza. Pregevoli ornamenti in filigrana d’oro o d’argento formavano l’ordito che rivestiva la brillante laccata nera.

A volte, mirabili motivi ispirati allo stile liberty impreziosivano queste macchine, rendendole piccole opere d’arte ricercatissime dai collezionisti di tutto il mondo. Protagonista di questa rivoluzione fu, insieme alla Singer, la Pfaff (del 1862), con esportazioni in oltre 60 diversi paesi tra Europa, Africa, Asia ed Australia.

Le macchine italiane
In Italia, si iniziò a produrre le macchine solo in un secondo momento, ma, nonostante il ritardo, quelle nostrane si distinsero subito per l’eccelsa qualità e funzionalità, divenendo un prodotto altamente richiesto all’estero. Tra i marchi italiani più noti, ad esempio, ricordiamo la Necchi, il cui primo modello risale al 1919.

E pensare che Vittorio Necchi realizzò la sua macchina per accontentare il desiderio della moglie di possederne una; così, al posto di comprarla, fu in grado di crearne una sua nuova versione, ovviamente vincente. Seguirono poi la BU del 1939, capace di realizzare ricami, poi la BF, l’innovativa Supernova del 1950, la famosa Mirella del ’56 e molte altre ancora.

Quella della macchina da cucire è stata un’impresa audace, sorretta dalla tenacia e perseveranza di questi uomini, senza i quali oggi vivremmo certamente una realtà dai diversissimi colori.