Tituba: la schiava che a Salem si salvò confessando di essere una Strega

Il villaggio di Salem era un piccolo insediamento di coloni britannici, in Massachusetts. Di questo borgo non sarebbe probabilmente rimasta memoria (oggi appartiene al territorio della città di Danvers) se, per nove lunghi mesi, la colonia non fosse stata colpita da una strana epidemia: molte ragazze furono considerate preda del demonio, vittime di stregoneria.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Le giovanette si contorcevano, oppure strisciavano per terra, dicevano di avvertire sulle loro carni morsi e pizzicotti, affermando di poter vedere chi le tormentava. In capo a pochi mesi, agli inizi del 1692, molte ragazze ormai soffrivano di questa possessione.

Processo alle Streghe di Salem


Tutto era cominciato con due bambine di 9 e 11 anni che, nell’inverno tra il 1691 e il 1692, erano sembrate un po’ strane agli occhi dei parenti, con la loro poca voglia di parlare e l’abitudine a nascondersi. Uno dei medici chiamati a fare una diagnosi, non riuscendo a trovare una spiegazione scientifica (forse un’intossicazione da segale cornuta), parlò di “malocchio”:

Solo una strega o un mago potevano aver ottenuto quei risultati

L’epidemia di diffuse e divenne una faccenda della quale doveva occuparsi l’autorità giudiziaria.


Quando ormai la primavera era arrivata a scaldare le pianure del Massachusetts, tutti gli abitanti di Salem erano ormai certi di essere al centro di una cospirazione demoniaca, che metteva a rischio la loro comunità e l’intero paese. In quei nove mesi un numero incerto di persone, tra le 144 e le 185, furono accusate di stregoneria, e 19 di loro (fra uomini e donne) furono impiccate. Quella stagione di terrore, a Salem, si concluse nel mese di settembre, quando un importante esponente della chiesa puritana, sostenuto da altri suoi pari, chiese al governatore di sospendere i processi.

Il Sonno della Ragione Genera Mostri – di Francisco Goya

(Quando la fantasia non è supportata dalla ragione, produce immagini mostruose)

Quei lunghi mesi di “sonno della ragione”, quel pregiudizio che colpì un’estesa comunità, conservano ancora un lato misterioso, nonostante tutte le analisi storico-sociali che per secoli hanno tentato di svelarlo. Come fu possibile che così tante persone, nel giro di pochissimo tempo, abbiano potuto convincersi che era in atto un complotto satanico ai danni del popolo del Massachusetts?

Tituba – la schiava / strega di Salem

La risposta è sempre una, sorprendente:

La responsabilità fu di una schiava di cui si conosce solo il nome, Tituba

Tra tutte le persone accusate di stregoneria, Tituba era la più improbabile: nel New England, le streghe (e i maghi) erano solitamente individuate tra persone di razza bianca che vivevano ai margini della società, magari dal carattere collerico e violento.

Tituba e le bambine sue vittime

Tituba era arrivata a Boston nel 1680, da Barbados, al seguito del suo padrone, il reverendo Samuel Parris. Delle sue origini, ovviamente, non si nulla: era solo una schiava, e se non fosse diventata il personaggio centrale dei processi alle streghe, nessuno si sarebbe mai curato di lei. Pare comunque che fosse nativa del Venezuela, o di qualche paese caraibico, ed era ancora molto giovane quando Parris si trasferì a Salem, come ministro di culto. Tituba aveva il compito di prendersi cura della figlia di Parris, Betty, di nove anni, e anche della nipote del reverendo, Abigail Williams, di undici. Lei era la persona che mangiava e pregava con le ragazze, quella che le metteva a dormire la sera, forse raccontando qualche storia del suo popolo.

Furono proprio le due bambine che lei accudiva ad accusarla, insieme ad altre due vittime del maleficio. Oltre a Tituba furono indicate altre due donne, Sarah Good e Sarah Osborn. Tutte e tre furono arrestate e accusate di stregoneria. Osborne e Good negarono, mentre Tituba confessò, inizialmente sotto tortura, di essere una strega.

“Il diavolo è venuto da me” rivelò, “e mi ha chiesto di servirlo”. Fornì un resoconto ampio e dettagliato dei suoi contatti con il demonio, e tutti i cittadini di Salem non dubitarono mai del suo racconto: era un uomo alto, con i capelli bianchi e un cappotto scuro a ordinarle di fare del male alle ragazze; se lei non avesse obbedito, lui l’avrebbe uccisa.

La testimonianza di Tituba in una trascrizione del 1692

Poi parlò di altre presenze inquietanti: un enorme cane nero, un maiale, un gatto nero, ratti neri e rossi, un uccello giallo… Il suo racconto era fluido e convincente, una delle testimonianze più lunghe dell’intero processo. Rispondeva a tutte le domande che l’accusatore le faceva, mostrando una reale volontà di collaborare, ma al tempo stesso mantenendo sul vago le sue dichiarazioni… in particolare sull’identità delle altre streghe, a parte le due donne già accusate. Con la sua confessione, Tituba alimentò l’idea della cospirazione demoniaca, aumentò a dismisura il numero delle persone che potevano essere coinvolte, che da 9 passarono addirittura a 500.

Se non fosse stato per lei, forse i processi alle streghe di Salem avrebbero avuto un altro esito. Invece, grazie alle sue storie, gli arresti si estesero a tutto il Massachusetts orientale. Peccato che ogni singola persona accusata abbia sempre negato, ma come si poteva ignorare il convincente racconto di Tituba? Dopo la sua testimonianza, come si poteva dubitare dei voli a cavallo di bastoni, di libri diabolici o di incontri fra streghe?

Tituba rimase in prigione per 15 mesi, ma non fu mai processata né condannata, né tantomeno giustiziata. Quando qualcuno, rimasto sconosciuto, pagò le tasse dovute per il soggiorno in carcere, fu rilasciata e sparì nel nulla, lasciandosi alle spalle una stagione di terrore. Aveva alimentato i pregiudizi e le paure di un’intera comunità, manipolandola in un modo che potrebbe sembrare oggi incredibile.

Eppure, la storia di Tituba (che nel corso di due secoli, da nativa sudamericana è passata a essere descritta come mezza indiana, poi mezza nera e poi nera, perché una donna di colore, magari dedita al vodoo, soddisfaceva maggiormente ai requisiti del personaggio…) potrebbe insegnare qualcosa ancora oggi, quando i rischi di fenomeni di isteria collettiva, magari alimentata da troppi clic sul mouse, non sono poi così improbabili.

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.