“They Shall not Grow Old”: il documentario che Colora la Grande Guerra

La grande diffusione di fotografie ricolorate della prima guerra mondiale, fra cui anche il nostro articolo con 45 fotografie della grande guerra a colori, è un segno dell’interesse per il tema dell’attualizzazione delle immagini del passato, spesso difficilmente intelligibili dagli osservatori moderni.

L’ultima produzione, e certamente la più importante, che ha interessato la colorazione di foto e filmati d’epoca è a opera di Peter Jackson, direttore fra gli altri de “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”, che ha da pochissimo presentato il documentario “They Shall Not Grow Old”.

Jackson e il suo team non si sono limitati a colorare le pellicole, ma sono riusciti anche a normalizzare la velocità delle riprese e la qualità generale dei video. Durante la prima guerra, i cameraman utilizzavano delle cineprese a manovella, il che rendeva ogni filmato unico nel proprio genere proprio per la variazione di velocità che veniva impressa dall’operatore. Grazie alla tecnica digitale, i filmati sono oggi perfettamente sincroni, senza differenze di velocità nelle riprese e con una colorazione praticamente perfetta.

Jackson ha commentato: “Ricordare questi soldati un centinaio di anni dopo significa riportare parte della loro umanità nel mondo. Per impedire loro di essere solo dei cliché in bianco e nero, perché loro non videro e non vissero la guerra in bianco e nero. La videro e la vissero a colori, e perché noi ora non dovremmo, grazie alla tecnologia, trasformarla in qualcosa da ricordare a colori?“.

Vedere le immagini è emozionante, un’emozione che si vive nei volti dei soldati, nei loro sorrisi e nelle loro ferite, ricordandoci che quegli uomini non sono diversi dagli uomini di oggi. Il documentario di Jackson è un modo tremendamente efficace per ricordarci come la guerra non fu solo numeri o statistiche, battaglie vinte o battaglie perse, ma venne combattuta da uomini contro altri uomini che, come loro, non avevano nessun desiderio di uccidere e farsi uccidere.

Matteo Rubboli

Sono un editore specializzato nella diffusione della cultura in formato digitale, fondatore di Vanilla Magazine. Non porto la cravatta o capi firmati, e tengo i capelli corti per non doverli pettinare. Non è colpa mia, mi hanno disegnato così...