Alcune storie che nascono come reali a volte si tramutano in leggenda a causa delle iperboli che le arricchiscono di particolari. La storia del guerriero Shaolin – lupo mannaro fa parte proprio di questa schiera di storie.
A onor di cronaca il monaco non si dichiarò mai come “lupo mannaro”, ma il suo aspetto e le credenze delle popolazioni del tempo ovviamente gli fecero acquisire rapidamente questo status. Il nostro eroe era un uomo soprannominato Su (苏), affetto da una malattia genetica chiamata ipertricosi, che causa una crescita incontrollabile dei peli su tutto il corpo.
La leggenda di Su inizia a metà del XIX secolo, quando nacque come bambino diverso dagli altri. L’ipertricosi era già visibile nel suo volto, e i genitori presero la sua nascita come un maleficio, considerando il bimbo un demone da scacciare al più presto.
Portarono Su nel vicino bosco destinandolo alla morte
Ma la vita del futuro guerriero era ben lontana dal finire fra le fronde degli alberi. Il bambino fu scoperto e salvato da alcuni monaci Shaolin, che tentarono di darlo in adozione ad altre persone, le quali però alla vista del bambino temevano per la propria incolumità.
Su venne quindi portato al tempio, dove gli furono insegnati il Kung Fu e le arti marziali
Consapevole del fatto che se avesse lasciato il tempio sarebbe stato bruciato vivo da una folla inferocita con torce e forconi, Su dedicò il proprio tempo al solo studio delle arti marziali, apprendendo più di 200 tecniche di combattimento a mani nude e imparando a maneggiare 140 tipi di armi diverse. Presumibilmente riuscì anche a imparare il famigerato Dian Xue (点穴), o “Tocco della Morte” (come quello di “Kill Bill”). Su divenne così forte e addestrato che gli altri monaci lo chiamarono Su Gong (苏 公, Gran Maestro Su).
Di qui in poi inizia la leggenda e si intreccia con la realtà
La leggenda della Riunione
Durante un’assemblea con 12 maestri Shaolin provenienti da tutta la Cina, Su entrò nella stanza e fu accolto con gli abituali riti di saluto. Egli non ricambiò, ma invece tirò fuori un coltello e lo scagliò contro il soffitto. Un assassino cadde a terra, con il coltello piantato nel cuore. Su aveva capito che l’assassino si nascondeva fra le travi quando, entrando nella stanza, era riuscito a sentire 13 persone respirare, ma i monaci presenti erano solo 12.
La leggenda dei combattimenti con gli orsi
Leggenda vuole che quando Su non era impegnato a svelare complotti, si recava nella foresta a combattere gli orsi. Ironicamente il monaco poteva esser scambiato per un lontano parente, quindi quando l’orso si vedeva colpito da un suo “simile” poteva esser colto alla sprovvista.
La leggenda dei Pirati
Su inoltre era impegnato nella difesa delle coste della provincia del Fujian contro i pirati giapponesi, che venivano puntualmente sconfitti dagli implacabili guerrieri Shaolin, paladini della giustizia e della pace per la gente del posto. La storia racconta che il successo di Su contro i pirati e l’affetto della popolazione verso i monaci attirò le attenzioni del governo imperiale, che vedeva i monaci come potenziali ribelli. In quel tempo i pirati cinesi erano comunissimi, e si ricorda fra loro la famosa Ching Shih, il pirata che fu il più potente della storia.
La reale trattativa con l’esercito cinese
L’impero mandò un esercito armato di tutto punto a trattare con i monaci che si difendevano con pugnali e cazzotti. Anche se l’addestramento dei monaci era sicuramente superiore ai soldati cinesi, gli Shaolin avrebbero dovuto arrendersi alla forza del fuoco dei cannoni e degli obici. A questo punto della storia i film hollywoodiani vorrebbero i monaci impegnati in impressionanti acrobazie mentre sconfiggono migliaia e migliaia di soldati armati di moschetto, magari deviando i proiettili o schivandoli come in Matrix.
La realtà, anche della leggenda, è molto meno cinematografica
Su e gli altri monaci furono avvertiti dell’attacco e si resero subito conto dell’impossibilità di lottare contro palle di cannone e fucili. Presero gli oggetti di valore e abbandonarono il proprio tempio, dandolo alle fiamme. I monaci si trasferirono fra le montagne, dove era impossibile per l’esercito scovarli e sovrastarli con la forza delle armi da fuoco.
La morte
Su morì nel 1928 all’età di 71 anni, lasciando un’eredità storica che, com’è evidente, è frutto del mito che si intreccia con l’effettiva cronaca dei fatti.