Allontanarsi dalla civiltà e dal mondo. Vivere come un eremita: un pensiero che balena nella testa degli esseri umani più di quanto si possa credere, ma che dura quasi sempre un attimo, il tempo di un pensiero, appunto. Lontani i tempi di Simeone il Vecchio, il monaco che rimase in isolamento per 37 anni in cima a una colonna.
Simeone Stilita il Vecchio fu un monaco cristiano siro vissuto tra il 390 circa e il 459. I siri (o siriaci) sono stati una popolazione semitica, di origine aramaica, stanziata nell’attuale Siria dal XII secolo a.C. fino a un periodo seguente il VII secolo, quando fu soppiantata a seguito della conquista islamica della Siria.
Simeone nacque a Sis, in Cilicia, nel nord della Siria. Figlio di un pastore, in lui si sviluppò presto un forte sentimento per il Cristianesimo, grazie alla lettura delle Beatitudini evangeliche. Così, prima ancora di aver compiuto 16 anni, Simeone entrò in convento.
La sua concezione di vita era basata sulla massima austerità: digiunava in occasione della Quaresima e legava stretta attorno alla vita una cintura fatta di fronde di palma, che sovente gli lasciava delle profonde ferite. Abbandonato il convento decise di allontanarsi dalla società, e di andare a vivere in una capanna dove restò per tre anni intervallando lunghi periodi di digiuno.
La volontà di ritirarsi dal mondo prese sempre il sopravvento nel suo animo, tanto che decise di sistemarsi su una roccia della montagna Sheik Barakat dedicandosi solamente alla preghiera. Questo suo comportamento però cominciò ad attirare sempre nuovi pellegrini in cerca di un sostegno spirituale o semplicemente di un consiglio.
Così, per tagliare definitivamente i ponti con le altre persone, Simeone Stilita il Vecchio prese la decisione di creare una piattaforma sulla cima di un pilastro di circa 4 metri sul quale decise di vivere.
Appurata l’impossibilità di allontanarsi dal mondo orizzontale, decise di fuggire in verticale
Sotto, Icona del 1465:
Informato della scelta del monaco, un vecchio religioso si recò ai piedi della colonna chiedendogli di scendere. Se avesse ubbidito all’ordine l’anziano gli avrebbe consentito di restare lì per sempre. Così fece: Simeone scese dal pilastro in totale docilità, potendo così far ritorno subito nel suo posto di pace.
Il monaco siro non permetteva a nessuno di avvicinarsi, specie alle donne, compresa sua madre Marta alle quale mandò a dire che “Se saremo degni, ci vedremo nella vita seguente”. Un gesto per così dire di vicinanza alla collettività Simeone lo espresse allorquando la madre morì: pregò che la salma della genitrice fosse portata sotto la sua colonna cosicché potesse salutarla per l’ultima volta.
Sotto, Icona del XVI secolo:
Con il trascorrere degli anni, Simeone sostituì varie volte la colonna sulla quale aveva deciso di vivere, fino a installarne una di oltre 15 metri. Nel tempo, un leggero disgelo cominciò a manifestarsi: Simeone il Vecchio permise ai pellegrini, che ormai erano in moltissimi per tutto l’impero bizantino, di venire a trovarlo ogni pomeriggio, e accettò anche l’installazione di una scala in modo che i fedeli potessero raggiungere la sua dimora.
L’anacoreta diventò famoso e influente in tutta la Chiesa e l’impero, ma i lunghissimi anni di stenti iniziarono a farsi sentire sul suo corpo. Simeone rifiutava l’intervento dei medici, preferendo rimettersi alla volontà dell’Altissimo. Il 12 settembre 459, a quasi 70 anni, dopo ben 37 anni trascorsi sulla cima della colonna, Simeone Stilita il Vecchio morì. Di lui restano alcune lettere scritte ai discepoli.
Nel luogo in cui sorgeva il pilastro di Simeone, a 30 chilometri a nord-ovest di Aleppo, fu costruito un edificio in suo onore. Le rovine della costruzione chiamata in arabo Qalʿat Simʿan (Rocca di Simeone) sono ancora visibili. Tra questa anche la base della colonna su cui Simeone visse per 37 anni.
Immagine condivisa via Wikimedia Commons
I suoi resti furono acquisiti da Antiochia. Simeone il Vecchio è commemorato come santo nella Chiesa copta ortodossa, il 27 luglio nella Chiesa cattolica e il 1º settembre nella Chiesa cristiana ortodossa e in quella Chiesa cattolica greca di rito bizantino.
Simeone Stilita il Vecchio è detto così per distinguerlo da Simeone Stilita il Giovane. (521-597) altro monaco cristiano siro, che sulle orme dell’omonimo predecessore condusse gran parte della sua vita su una colonna.
Sotto, Simeone Stilita il giovane:
Il suo stile di vita infatti ispirò per secoli altri asceti, tanto che questi nuovi religiosi dediti alla solitudine e alla preghiera vennero denominati stiliti in suo ricordo.
Nella Storia del declino e della caduta dell’Impero romano di Edward Gibbon, pubblicata per la prima volta nel 1776, e riedito nel 2015 in sei volumi da Res Gestae, lo storico inglese descrive così la vita di Simeone il Vecchio: “In quest’ultima e più elevata posizione, l’anacoreta siriano resistette per trenta calde estati ed innumerevoli freddi inverni. L’abitudine e l’esercizio gli diedero modo di mantenere la sua pericolosa posizione senza paura o senso di vertigine e sperimentare successivamente le posizioni di preghiera più adatte al luogo in cui si trovava. Egli talvolta pregava in posizione eretta con le braccia aperte a forma di croce, anche se la sua posizione più frequente era quella di curvare il suo scheletro macilento dalla fronte ai piedi. Uno spettatore curioso, dopo avere contato 1.244 ripetizioni del gesto desistette dal contarle ancora. È probabile che i progressi di un’ulcera ad una coscia, all’età di 72 anni, abbiano accorciato la sua vita, ma sicuramente non poterono disturbare la sua esistenza celestiale, ed egli morì senza scendere dalla colonna“.
Il film del 1965 di Luis Buñuel, “Intolleranza: Simon del deserto”, è basato sulla vita di Simeone lo Stilita: