Una storia di ingratitudine e cieca ferocia sconvolse Roma la mattina del 19 ottobre 1945, una città alle prese con le difficoltà del dopoguerra. È la vicenda delle sorelle Cataldi. Angela Barruca è una donna di trentaquattro anni originaria di Colleferro, un piccolo paese nella campagna romana. Si è trasferita a Roma insieme al marito Pietro Belli, un commerciante che in quella funesta epoca segnata dai ricordi freschi della guerra le permette di condurre una vita discretamente agiata.
La coppia ha anche tre figli, uno dei quali, Gianni, di appena due anni. Vivono al numero 70 di piazza Vittorio Emanuele. C’è fame a Roma in quel 1945, tante case sono distrutte, gli sfollati sono a centinaia, ma la famiglia Belli riesce a sbarcare il lunario senza troppe difficoltà.
Una fortuna che attira le invidie di molti
Angela Barruca incontra le sorelle Cataldi
Da qualche mese Angela ha conosciuto due sue compaesane, Lidia e Franca Cataldi, ventitré anni la prima, soli diciassette la seconda. Le giovani soffrono terribilmente quel difficile dopoguerra: sfollate a causa dei bombardamenti, non hanno una dimora fissa, non hanno un lavoro e non hanno di che vivere. L’animo di Angela Barruca è caritatevole verso quelle ragazze meno fortunate di lei. Dà loro da mangiare, dona alcuni vestiti che non indossa più e le finanzia con qualche lira buona per tirare avanti.
Le due giovani accettano di buon grado la solidarietà dell’amica
Ma le sorelle Cataldi cominciano a frequentare troppo spesso la casa della loro benefattrice, e le richieste di denaro diventano sempre più continue. L’avidità mista all’invidia verso quella loro concittadina che è riuscita a crearsi una posizione inizia a ottenebrare la mente delle Cataldi.
Il delitto
La mattina del 19 ottobre 1945 le sorelle Cataldi si recano all’appartamento di Angela. La donna è appena tornata a casa, dopo aver accompagnato a scuola le figlie più grandi, ed è sola con il figlioletto Gianni. Senza troppi preamboli le chiedono dei soldi. Questa volta però Angela si rifiuta: non possono chiederle denaro con così tanta costanza, il marito non può lavorare anche per loro; è ora di smetterla. Il rifiuto acceca le sorelle: Lidia e Franca Cataldi aggrediscono la donna e la immobilizzano al divano. Rovistano per casa in cerca di roba di valore, ma non sanno cosa fare, forse Angela minaccia di denunciarle se non vanno via subito.
Decidono di ucciderla
Prendono un coltello dalla lama triangolare e colpiscono la donna che con tanto amore le aveva aiutate sino a quando non muore. Nella furia del delitto poi si dirigono verso il piccolo Gianni che, chiuso in bagno, urla e piange a dirotto. Il bambino ha due anni, non potrebbe ricordare nulla, né tanto meno accusarle di qualcosa, ma le donne non hanno pietà.
Gli tagliano la gola
Poi rubano una pelliccia e scappano dal palazzo, gettando l’arma nei pressi della piazza.
L’arresto e l’indignazione
Non sono due assassine di professione e vengono notate da molti durante la fuga. Alle 10.30 bussa alla porta di Angela Enrico Ponzi, il cugino, e vengono scoperti i corpi di Angela e Gianni. Dopo poco la polizia ascolta la testimonianza del portiere del palazzo, Cesare Betti, e ha i nomi delle assassine:
Lidia e Franca Cataldi
La polizia le arresta quel pomeriggio stesso mentre attendono una corriera diretta a Colleferro.
Il caso sconvolse l’opinione pubblica per l’assoluta ingratitudine delle donne e la brutalità nell’uccidere senza problemi la donna che le aveva di fatto tenute in vita, non risparmiando neppure il piccolo Gianni, che non poteva rappresentare alcun pericolo per loro.
In aprile Lidia Cataldi , l’esecutrice materiale del tremendo duplice omicidio, venne condannata all’ergastolo, mentre la sorella minore Franca a trent’anni. Durante il processo venne infatti fuori che Franca, la minore, mentre Lidia si recava in bagno a finire il bambino aveva tentato di togliere l’arma alla sorella.
Un barlume di pietà in una mattina di orrore
Il coltello usato dalle due donne, rinvenuto subito dopo il duplice omicidio, è custodito al Museo Criminologico di Roma.