Le battaglie tra Celti e Romani sono ben testimoniate da resoconti storici, anche se i dettagli degli scontri sono tutt’altro che noti. Della leggendaria battaglia della Selva Litana, combattuta fra i Romani e i Galli Cenomani contro l’esercito dei Galli Boi non si ha nemmeno una sicura localizzazione, e vi grava un’aura mitica perché si tramanda che:
Gli Alberi, trasformatisi in Guerrieri Galli, assalirono e sterminarono i Romani in virtù di una potente magia druidica
E’ probabile che lo scontro sia avvenuto in Romagna, tra le valli dei fiumi Ronco-Bidente e Santerno, verso gli Appennini. Altri studiosi sostengono che sia invece da localizzarsi in Emilia, tra le province di Reggio Emilia e Parma e altri ancora nel distante pistoiese in Toscana. Essendo un romagnolo, sono stato incuriosito dalla tesi dello storico locale Anselmo Calvetti che, in Romagna Celtica, individua il luogo della battaglia nei pressi della cittadina medievale di Modigliana, a 20 chilometri da Faenza.
Sotto, l’Antica porta di Modigliana. Fotografia dell’autore Riccardo Dal Monte:
Secondo Calvetti, l’imboscata dei Galli Boi avvenne vicino alla guarnigione romana di Castrum Mutilum (da cui l’odierno nome di Modigliana), posta a guardia del passo appenninico della valle del fiume Marzeno che mette in comunicazione la Toscana con Faenza. Precisamente, la battaglia sarebbe infuriata sotto un’estesa parete rocciosa nella frazione di San Cassiano, ora sovrastata da un castello in rovina. Per aggiungere leggenda a leggenda, secondo il folklore, qui signoreggiava un Drago che, ancor oggi nelle notti di plenilunio si fantastica possa essere avvistato. L’ipotesi potrebbe essere che, significando in dialetto romagnolo règan “uragano” e in dialetto dell’Italia Centrale u regu “serpente luccicante” e mescolando i due termini, si giungerebbe così al Drago di San Cassiano.
Il contesto storico
Roma nel 216 a.C. stava vivendo tra i momenti più angoscianti dalla sua nascita. Era l’anno di Canne, il più catastrofico massacro di legionari mai avvenuto, ben 50.000 caduti. Una sconfitta di tale portata, sopraggiunta dopo altre, avrebbe messo in ginocchio chiunque, ma non Roma.
La sua grandezza si è manifestata in tutta la sua potenza proprio nei periodi di sconfitta e calamità
Roma, come un’Idra dalle molte teste, ha sempre reagito e si è rialzata in piedi con una velocità e un’energia che sorprendeva i nemici. Non è un caso che sia durata 1200 anni come Impero anche Occidentale o ben 2200 anni se consideriamo Bisanzio (come va considerato) la naturale prosecuzione dell’Impero Romano d’Oriente e, sarebbe più intelligente chiedersi come mai sia prosperata per un tempo così lungo anziché come mai sia caduta.
Sotto, un ponte a Modigliana. Fotografia dell’autore Riccardo Dal Monte:
In ogni modo nel 216, con metodo più teutonico che latino, i Romani si riorganizzarono per ricostituire un esercito che aveva subito rovinose perdite. Non sappiamo se la spedizione in pianura padana al comando di Lucio Postumio fosse anteriore o posteriore alla battaglia di Canne, ma il Senato voleva costringere gli alleati Galli Boi di Annibale a staccarsi da lui, compiendo un grosso raid. Costoro erano i principali fiancheggiatori dei cartaginesi e possedevano numerosi e abili guerrieri.
Lo scopo di Postumio era impedire che nuovi rinforzi pervenissero ad Annibale
I Romani, con socii alleati Umbri e Piceni, erano circa 25.000 e, per raggiungere la pianura padana dovettero attraversare una folta foresta denominata dai galli, Litana. Postumio e i suoi avanzarono per un sentiero ma, a un tratto improvvisamente, la “foresta prese vita”. Gli alberi si trasformarono in formidabili guerrieri per difendere il suolo gallico dall’invasore.
Per i legionari non vi fu scampo, le ancestrali Forze della Terra li annientarono
Questa leggenda affonda le radici nella mitologia celtica. Esiste un poema gallese Câd Goddeu “La Battaglia degli Alberi” che narra della battaglia tra il divino Arawn e un grande mago Gwydion, a causa del furto di tre animali portatori di un soprannaturale segreto. Sembra che questo riguardasse il misterioso alfabeto Ogham inciso sugli alberi. Il mago, grazie a un incantesimo, riuscì a tramutare in guerrieri un notevole numero non solo di alberi ma anche di arbusti e piante erbacee, e ciò lo condusse alla vittoria. Anche nelle avventure di uno dei più grandi eroi celtici, l’irlandese Cúchulainn, troviamo tre streghe che fanno combattere due eserciti composti da querce. Infine nel Signore degli Anelli di Tolkien, appassionato di mitologia celtica, troviamo una “battaglia di alberi” dove Ent ed Entesse sconfiggono i malefici orchi del Signore del Male.
Gli storici romani, comunque, raccontano un’altra storia
Che parla di astuzia e perfidia. I Galli Boi, corrompendo guide locali fedeli a Roma, organizzarono un’imboscata. Una dinamica analoga a quella di Teutoburgo due secoli dopo, a causa del tradimento del romano-germano Arminio. Segarono a metà gli alberi che erano ai lati del sentiero, affinché alla minima spinta si abbattessero sui nemici. Così, a un dato segnale, scatenarono contro la lunga colonna romana una travolgente tempesta di alberi che arrecarono gravissime perdite. Gli scampati vennero poi isolati a gruppi e sterminati dai galli, appostati in cerchio. Solo pochissimi si arresero.
Il comandante Lucio Postumio, non volendo darsi prigioniero, trovò la morte combattendo
Sotto, il centro di Modigliana. Fotografia dell’autore Riccardo Dal Monte:
I Galli, poi, recisero la testa del generale. La scarnificarono, cinsero il cranio con un cerchio d’oro e lo usarono come coppa da libagione per druidi e capi durante le liturgie religiose. Secondo le loro credenze, essendo la testa la sede dell’anima, pensavano che si potesse in tal modo acquisire la forza e le qualità dell’ucciso. Era un onore. Simili trofei procuravano reputazione, essendo la prova suprema del valore marziale. Non per niente Rudianos, uno degli dei della guerra più importanti, è raffigurato su un destriero mentre calpesta cinque teste mozzate. Le teste venivano successivamente portate a casa come trofeo – usanza, sino a poco tempo fa, diffusa anche tra i Naga della Birmania, gli Shuar dell’Ecuador e i Daiacchi del Borneo – per inchiodarle all’architrave dell’entrata principale oppure per conservarle e poterle così esibire a ospiti di rango.
In conclusione, a metà tra storia e mito, la battaglia della Selva Litana fu una delle ultime vittorie dei Galli sui Romani perché di lì a poco, l’Aquila sventolerà in modo incontrastato su tutto il Nord Italia.