Santorini: l’Atlandide perduta di un Archeologo morto in circostanze misteriose

Gli abitanti di Pompei ed Ercolano non riescono a sfuggire all’eruzione del Vesuvio, che nel 79 d.C. svela la sua vera natura: non è solo una bella montagna coltivata a vigneti, ma un vulcano che porta morte e distruzione.

Va meglio agli abitanti di Thera (oggi Santorini), che probabilmente si accorgono che il loro vulcano è vicino ad eruttare e riescono a scappare dall’isola. Perché altrimenti abbandonare una città ricca, comoda e piena di vita?

Immagine satellitare di Santorini

E’ all’incirca a metà del II millennio a.C. (forse, ma non è certo, tra il 1627 e il 1600) che si scatena l’apocalisse a Thera, con ripercussioni in molti paesi vicini e lontani. E’ una delle eruzioni vulcaniche più potenti mai avvenute sul pianeta, chiamata eruzione minoica, talmente disastrosa da restare nella memoria collettiva sotto forma di mito: forse da quell’evento nasce il racconto della Titanomachia narrata da Esiodo, che parla di un “fulmine vulcanico”, di terra e mare che ribollono e di un calore insopportabile.

Santorini e uno degli isolotti affiorati dopo l’eruzione vulcanica

Immagine di Ellibah via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 4.0

Poi c’è il mito di Atlantide, la leggendaria isola descritta da Platone, sprofondata “in un singolo giorno e notte di disgrazia”. Anche se Atlantide è quasi certamente un luogo immaginario dove il filosofo greco dà corpo alle sue idee politiche, la memoria di un evento catastrofico lontano nel tempo potrebbe in qualche modo averlo ispirato.

Al di là di possibili miti nati a seguito dell’eruzione a Thera, sono certe le conseguenze che quel disastroso evento ebbe in tutto il Mediterraneo orientale, il Mar Egeo e ancora molto più a est. Strati di pomici e ceneri si depositarono sulle isole vicine e fino sui fondali marini della Turchia, mentre Creta fu probabilmente colpita da uno tsunami che si portò via tutti i paesi costieri, o in alternativa, da un terremoto che scosse l’isola prima dell’eruzione. Qualche storico fa iniziare la decadenza della civiltà minoica, basata molto sugli scambi commerciali via mare, proprio con la catastrofe di Thera, che probabilmente si portò via gran parte delle navi nel mare lì intorno.

Una città minoica, particolare da un affresco di Akrotiri

Immagine di pubblico dominio

A Santorini c’è un insediamento minoico importantissimo, la città di Akrotiri, uno dei porti principali dell’Egeo nell’età del bronzo, ma anche una città che può far cambiare idea sul grado di civilizzazione raggiunto all’epoca. Malgrado ci siano segni archeologici tangibili di una presenza minoica dopo l’eruzione, si può ipotizzare che l’indebolimento provocato dal quel tragico evento naturale abbia aperto la strada alla conquista micenea in tutto l’Egeo.

Mappa di Akrotiri nel 1600 a.C. circa

Immagine di Maximilian Dörrbecker via Wikipedia – licenza CC BY-SA 2.5

In Cina intanto, intorno al 1618 a.C. crolla la Dinastia Xia, mentre si registrano eventi climatici fuori dalla norma, compatibili con l’enorme quantità di materiale vulcanico proiettato nella stratosfera: “nebbia gialla, un fioco sole, dunque tre soli, ghiaccio a luglio, carestia e l’inaridimento di tutti e cinque i cereali”.

Il centro dell’apocalisse è però Thera, che praticamente esplode: la parte centrale dell’isola salta in aria, mentre una gigantesca massa d’acqua sommerge quell’area trasformandola in laguna, dalla quale sono riaffiorati, nel corso dei secoli, due piccoli isolotti.

La laguna di Santorini con i due isolotti

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La bella città di Akrotiri, forse ricordata in racconti orali che si tramandano nei secoli assumendo i contorni del mito, rimane coperta dalle ceneri vulcaniche per millenni: una coltre che preserva edifici, vasellame e affreschi, riscoperti nel 1967 dall’archeologo Spyridōn Marinatos. E’ la Pompei dell’Egeo.

L’ingresso agli scavi di Aktotiri

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In realtà, qualcosa della misteriosa civiltà di Thera era affiorato nel 1860, quando serviva roccia vulcanica per realizzare il Canale di Suez. Poi qualche studioso francese si interessa al sito, ma è solo con Marinatos che inizia la vera campagna di scavi.

Ceramiche all’interno del sito

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L’archeologo ha già 66 anni e sa bene che non arriverà a vedere la fine di quegli scavi a cui dedica tutto il resto della sua vita. Però non immagina di dover morire pochi anni dopo, nel 1974, quando forse è vicino a produrre risultati che avrebbero stupito il mondo intero. Preannuncia una conferenza stampa ad Atene, ma il 1° Ottobre del ’74 un incidente (o la mano di qualcuno) lo fa tacere per sempre:

La morte dell’archeologo è avvolta nel mistero, che si infittisce con il passare degli anni

Affresco nella “Casa delle Signore”

Immagine di Norbert Nagel via Wikipedia – licenza CC BY-SA 3.0

Marinatos è solo agli scavi di Akrotiri quando qualcosa, o qualcuno, lo colpisce alla testa. Ma se si fosse trattato di un incidente o di un malore fulminante, perché seppellirlo il giorno stesso, senza nessuna cerimonia funebre, nella stanza 16 del palazzo Delta, proprio lì dove stava conducendo le sue ricerche?

Nessuna spiegazione viene data per quella scelta tanto insolita quanto misteriosa: nessun sito archeologico può essere “profanato” con una tomba moderna, e poi qual è la vera causa della morte?

Sulla vita dello studioso, così come sulla sua scomparsa, cala il più assoluto silenzio, l’archeologo viene praticamente dimenticato dalla comunità scientifica e dalle autorità greche. Perché è ormai un personaggio scomodo, nonostante sia stato lui a fare una delle scoperte archeologiche più importanti del XX secolo.

Scimmie blu che scalano il paesaggio roccioso, edificio Beta

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Marinatos inizia i suoi scavi quando in Grecia governano i “colonnelli”, ed è quel regime dittatoriale a finanziare il suo lavoro e a nominarlo Ministro della Cultura. Probabilmente lui preferisce sorvolare sul risvolto politico che assume il suo lavoro, oppure condivide l’ideologia fascista, ma quando, a luglio del 1974, la dittatura cade, sa bene che ci saranno delle conseguenze. Decide di continuare a lavorare da solo là ad Akrotiri, almeno finché glielo consentono, perché vuole dimostrare quella teoria che coltiva da quarant’anni:

Thera è l’Atlantide descritta da Platone

Scavi ad Akrotiri

Immagine di F. Eveleens via Wikipedia – licenza CC BY 2.5

Peraltro anche questa sua teoria è piuttosto scomoda, perché in qualche modo legata alla filosofia delle sette esoteriche che tanta parte hanno avuto nella formazione del nazionalsocialismo tedesco. A complicare ulteriormente le cose salta fuori anche una maledizione, o meglio, una stravagante teoria secondo la quale sarebbero destinati alla morte (precoce) tutti quelli che cercano di svelare il mistero di Atlantide. Ecco allora che la fine di Marinatos viene ricollegata a quella, per certi versi misteriosa, dell’archeologo Heinrich Schliemann, l’uomo che aveva fatto dell’archeologia un remunerativo commercio, morto improvvisamente a Napoli forse per un’infezione o forse per un caffè avvelenato. Anche lui era alla ricerca di Atlantide, anzi, pensava di averla individuata proprio a Troia…

L’affresco del “Pescatore” all’interno della casa Occidentale

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La morte di Marinatos rimane dunque un mistero, da qualsiasi parte la si voglia guardare, ed è comunque un argomento del quale le autorità greche non vogliono discutere, nemmeno molti anni dopo.

Al di là delle ipotesi legate al mito di Atlantide, la spiegazione più semplice potrebbe essere quella della vendetta politica, portata a termine dall’Organizzazione Rivoluzionaria 17 novembre, oppure dell’eliminazione di un personaggio che conosceva troppi segreti della dittatura dei colonnelli, e in particolare su chi aveva finanziato il colpo di stato, e qui entrano in gioco la CIA, Michele Sindona, la mafia e addirittura la banca del Vaticano. Il mistero si infittisce ancora di più quando, nel 2000, si scopre che i resti di Marinatos non si trovano più nella stanza 16 dell’edificio Delta.

Che fine hanno fatto?

Nessuno sa né vuole dirlo. Oggi, ad Akrotiri, c’è una tomba che viene indicata come quella dell’archeologo, ma ci sarà veramente il corpo di Marinatos?

La tomba di Spyridon Marinatos ad Akrotiri

immagine di Klearchos Kapoutsis via Wikipedia – licenza CC BY 2.0

Al di là di ogni considerazione di tipo politico, resta il fatto che Marinatos ha scoperto un’antica città minoica che lascia stupiti per il grado di civiltà raggiunto. Il suo lavoro è stato portato avanti dall’archeologo Christos Georgiou Doumas, e certo molto ancora rimane da fare se si considera che, probabilmente, solo il 5% dell’area urbana è stato portato alla luce.

Ceramiche di Akrotiri

Immagine di Ivas 1950 via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 4.0

Già così però, possiamo immaginare quanta vita ci fosse in quelle strette stradine tortuose, sulle quali si affacciavano palazzi lussuosi, a più piani. Sotto alle viuzze, lastricate con grandi pietre, si sviluppava il sistema fognario: ogni abitazione era collegata, tramite tubi di argilla, a fossati che correvano sotto la strada: insomma a Thera le case erano dotate di bagni collegati direttamente con le fogne!

Ricostruzione di una casa di Akrotiri

Immagine di Ivas 1950 via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 4.0

Le case erano a due o tre piani, con grandi finestre e magnifici affreschi a decorare le pareti. A livello strada c’erano stanze adibite a negozi o a magazzini, dove venivano conservate, in vasi di terracotta, le provviste alimentari: olio, pesce, lumache, cerali, legumi, mentre ai piani superiori c’era l’abitazione. Ad Akrotiri vivono pescatori, allevatori, contadini, artigiani e commercianti. Dal porto salpavano navi cariche di merci, dirette a Creta e nel Peloponneso, ma anche in Egitto e Siria, che poi tornavano con beni di lusso, come le lumache, un cibo destinato forse solo ai più benestanti.

Affresco con sacerdotessa

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Una bella città, con una comunità attiva e intraprendente, che a un certo punto scappa verso la campagna perché avverte delle forti scosse di terremoto. Quando quelle persone tornano ad Akrotiri, trovano molte delle loro case danneggiate e si danno da fare per ricostruirle, ancora più lussuose di prima. Tutto questo è testimoniato dai molti materiali da ricostruzione (attrezzi, malta etc.) trovati in alcune abitazioni, ma ancor prima che quei lavori potessero essere portati a termine, ecco che gli abitanti di Akrotiri devono scappare di nuovo, anche se non in tutta fretta: hanno il tempo di radunare gli oggetti più preziosi e di sistemare ordinatamente le provviste alimentari. Forse vedono un pericolo mortale in quei fumi e gas che escono dalla caldera del vulcano e probabilmente dalle spaccature della montagna, e decidono di abbandonare l’isola, forse sperando di tornare.

L’unico oggetto prezioso trovato ad Aktortiri, nascosto sotto il pavimento di una casa

Immagine di pubblico dominio

A quanto pare, nemmeno un abitante si ostina a fermarsi, perché nessun cadavere è stato rinvenuto ad Akrotiri. Questa almeno è l’ipotesi sostenuta per molti anni. Dopo il ritrovamento di attrezzi abbandonati in tutta fretta, l’archeologo Christos Doumas ha avanzato un’altra ipotesi: gli abitanti di Akrotiri sono sì scappati per evitare i gas velenosi, ma non dall’isola. Sono piuttosto corsi in direzione contraria al vento, per finire sepolti sotto ceneri e rocce laviche, ma in un’altra parte di Thera.

Affresco della “Primavera”

Fotografia di Matteo Rubboli.

Nel giro di qualche mese, o forse addirittura di un paio d’anni, una serie di eruzione successive ricopre l’isola con strati sempre più spessi di ceneri e pomici, fino alla tremenda esplosione che fa collassare la parte centrale di Thera.

Per almeno due secoli nessuno pensa di tornare a Thera, la civiltà minoica è praticamente finita e l’isola poi accoglierà coloni dorici, diventerà un protettorato tolemaico e solo nel 1200 prenderà il nome di Santorini (da una cappella dedicata a Sant’Irene), quando viene ceduta alla Repubblica di Venezia. Tutta un’altra storia rispetto ad Akrotiri e al possibile sogno di un’Atlantide ritrovata…

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.