Sancho I di León “el Gordo”: il Re più Grasso della storia

La storia ci tramanda molte vicende particolari di sovrani. Possiamo vedere come uomini insigniti del loro diritto divino a regnare andassero incontro ad esistenze terribili, con tutte le debolezze e i vizi del caso. Gola compresa.

In precedenza abbiamo parlato di Guglielmo il Conquistatore, ma possiamo citare altri esempi, quali Enrico VIII o Cosimo III, penultimo Granduca di Toscana.

Una delle storie più particolari, su questa falsa riga, è quella di Sancho I, re di León, che anche, per la sua mole enorme, fu estromesso dal trono.

A causa del suo peso e del suo leggendario appetito passerà alla storia come Sancho I “el Gordo” (il Grasso), ma fu anche vittima di uno dei più crudeli metodi di dimagrimento di cui si abbia memoria.

L’infanzia: un ostaggio privilegiato

La nostra storia comincia attorno all’anno 933, l’anno di nascita di Sancho. La Spagna era allora divisa fra nord, a dominazione cristiana, a sua volta separata in tanti piccoli regni, e il sud, l’Emirato musulmano di Cordova. Nella zona nord-occidentale della penisola iberica lo stato di maggior rilievo era il Regno di León, che dominava anche sulla Castiglia.

La penisola iberica, nel 929, all’inizio del califfato di Abd al-Rahman III (Immagine condivisa su licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia)

Nel 939 il padre di Sancho, Ramiro II, consolidò il suo dominio vincendo nella battaglia di Simancas, dove sbaragliò le truppe arabe dell’emiro ‘Abd al-Raḥmān III, occupando città come Ledesma e Salamanca. Ramiro II si guadagnò l’appellativo di “Grande” fra i suoi sudditi, mentre significativamente i suoi nemici lo chiamavano “Il Diavolo”, per la sua ferocia. Subito dopo la grande battaglia, però, cominciarono le difficoltà. Fernan Gonzales, conte di Castiglia, che aveva combattuto a Simancas come suddito, si ribellò.

Ramiro II di León in una miniatura medievale (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Nel 940 entra in scena il nostro Sancho. Questi era figlio di Ramiro della seconda moglie, Urraca, figlia del re di Navarra, che pure lui si chiamava Sancho, e fratellastro dell’erede al trono, Ordoño, di sette anni più grande.

Vinta rapidamente la guerra in Castiglia, Ramiro imprigionò il Conte Ferran, proponendo per quel titolo proprio il figlio Sancho, un bambino di sei-sette anni. Ma i nobili castigliani mal sopportavano che la loro contea fosse retta da un fanciullo, e così il sovrano di León li accontentò: liberò Ferran e lo rimise al suo posto.

Ramiro volle due garanzie: la figlia di Ferran, Urraca, si sarebbe fidanzata con il suo erede Ordoño, mentre Sancho avrebbe abitato nel palazzo di Ferran, a Burgos, sotto la sua protezione.

Il patto funzionava apparentemente bene: se il padre avesse mosso l’esercito contro la Castiglia, Sancho sarebbe morto; ma se il conte avesse fatto del male al principe, Ramiro gliel’avrebbe fatta pagare. Il bambino era un ostaggio, ma un ostaggio trattato con tutti i riguardi.

Ferran sapeva benissimo che il bambino che cresceva a casa sua era una pedina da utilizzare al momento opportuno, da plasmare e da nutrire a suo piacimento. E fu nutrito anche troppo, dato che già allora era probabilmente grassottello.

Statua di Fernán González sulla facciata dell’Arco di Santa Maria, Burgos (Immagine condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia)

La giovinezza: le ambizioni di Sancho

Nel palazzo di Burgos, Sancho cresceva sotto la guida del conte di Castiglia. Dobbiamo immaginare che il suo piccolo ospite, in età non certo matura, fosse stato plasmato a suo piacimento, influenzato anche dalla sua corte a fare il gioco del suo protettore.

Sancho I di León raffigurato in una miniatura in un codice conservato nella cattedrale (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Agli inizi del 951 il padre, re di León da circa venti anni, sentendo vicina la morte, abdicò in favore del figlio maggiore Ordoño, genero del conte di Castiglia. Il vecchio re sarebbe morto pochi giorni dopo, alla veneranda età, per l’epoca, di cinquant’anni. Probabilmente, con questa successione anticipata, aveva voluto mettere al sicuro il trono da possibili lotte di potere dopo la sua morte.

Ma non ci sarebbe riuscito: l’ambizione di Sancho, un fuoco su cui indubbiamente soffiava abilmente Ferran, provocò uno scontro fra i due fratellastri. Non accettando la salita al trono di Ordoño III, cercò di prendere il potere, appoggiato dalla Navarra, paese di origine di sua madre, e dalla Castiglia. Si scatenò una sanguinosa guerra civile. Inizialmente Sancho sembrò prendere il sopravvento, ma nel 953 Ordoño vinse lo scontro decisivo a San Esteban de Gormaz.

Ordoño III era definitivamente re di León, incontrastato, e, mentre Sancho fu esiliato in Navarra, Ferran fu ridimensionato dal genero nelle sue velleità di potere. Il re, ormai tranquillo, poté occuparsi dei suoi veri nemici: gli arabi. Dopo una serie di vittorie in battaglia, nel 955 concluse una pace molto vantaggiosa con il califfo di al-Andalus ‘Abd al-Raḥmān III.

Sancho sale al trono

La tranquillità del potente regno spagnolo durò poco: appena tre anni. Ordoño III morì nel 956. Era praticamente senza eredi: aveva un solo figlio illegittimo, Bermudo, che era peraltro un bambino.

I nobili leonesi comprendevano bene il momento. Il prestigio del regno era in pericolo, un re dalla nascita illegittima e per giunta infante non era una bella prospettiva, i nemici, arabi in testa, avrebbero potuto approfittarne. L’unica mossa sensata da fare, a loro avviso, fu richiamare dall’esilio l’unico erede rimasto del grande Ramiro II: Sancho.
Ben presto, tuttavia, si pentirono di questa scelta.

Il nuovo sovrano, infatti, si dimostrò assai poco abile: i nobili furono fortemente ridimensionati nelle loro prerogative. Inoltre cominciò tutta una serie di scontri di confine, suscitando le ire di ‘Abd al-Raḥmān III, con cui il fratellastro aveva concluso una pace.

E, nel mentre, Sancho passava la vita a banchettare nel suo splendido palazzo. I molteplici pasti giornalieri aggravarono un problema certamente già esistente: presto raggiunse un peso ragguardevole, si dice almeno duecentocinquanta chili. Un gigantesco individuo incapace di alzarsi dal letto, e, cosa più importante, di cavalcare e anche di portare l’armatura o sollevare la spada.

Stava per scatenare una guerra con la più grande potenza della Spagna di quegli anni, ma non era capace, come doveva fare un vero re dell’epoca, di condurre l’esercito. Per un sovrano era una situazione impensabile.

Già nel 958 si attivarono per risolvere il problema: un altro Ordoño, figlio del fratello di Ramiro II e, dunque, suo cugino, prese facilmente il potere, agevolato da un complotto dei nobili. Sancho, caricato a fatica su un carro, prendeva di nuovo la via dell’esilio in Navarra, da sua nonna materna Toda e suo zio il re Garcia.

Ordoño IV di León ritratto in una miniatura del XII secolo (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Il ritorno di Sancho

Il regno cristiano di León, evidentemente, non era molto fortunato con i sovrani in quegli anni. Il nuovo re, Ordoño IV, fu significativamente soprannominato dai suoi contemporanei “Il Malo”, cioè il malvagio. La sua irragionevolezza lo portò ad essere ancora più autoritario e guerrafondaio del cugino, tanto che si pensò di richiamare il grasso figlio di Ramiro II. Ma c’era ancora il problema della sua persistente obesità. Il ventisettenne non accennava a diminuire di peso, anzi sua nonna tendeva a viziarlo, così ingrassava ancora di più.

Il califfo si offrì di risolvere la cosa: era chiaro il suo interesse di avere un re nello stato vicino più malleabile e che gli era in debito per la corona ricevuta. C’era anche un altro motivo per quella sua offerta: se l’impresa di far dimagrire Sancho fosse riuscita, sarebbe stata la dimostrazione della superiorità della cultura araba su quella cristiana.

Ma, in realtà, colui che fu incaricato della missione non fu un arabo né un cristiano, bensì il famoso medico ebreo Hasday ibn Shaprut, un luminare alla corte di ‘Abd al-Raḥmān III.
Arrivato a Pamplona, Hasday capì che Sancho doveva allontanarsi dalla sua casa, dai suoi cari e dalle proprie abitudini. Lo fece portare a Cordova per curarlo, e soprattutto controllarlo meglio. E qui cominciò la sua impresa.

L’interno della grande moschea di Cordova, oggi cattedrale dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima in Cordova (Immagine condivisa su licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia)

La crudele cura di Hasday

I telespettatori di una nota serie televisiva americana in cui un medico cerca di far dimagrire persone con problemi di peso, si potrebbero immaginare che Hasday utilizzò lo stesso metodo.

E inizialmente fu così: il luminare mise a dieta il nostro Sancho. Niente cibi solidi, solo zuppe alle erbe e intrugli medicamentosi preparati da lui stesso.

Ma il paziente non diminuiva di un etto, anzi sembrava ancora ingrassare sempre di più. L’israelita non riusciva a capire la ragione. Passava le notti a studiare il problema senza successo, quando, finalmente, capì cosa stava succedendo.

Passeggiando nottetempo per il palazzo del califfo, sentì una voce: c’era una persona che parlava in arabo con uno strano accento e che chiedeva cibo. Era Sancho, che aveva imparato la lingua, e, di nascosto, si faceva portare interi pasti!

Allora Hasday fu ancora più drastico. Sancho fu legato mani e piedi in una stanza chiusa a chiave. La bocca gli fu cucita in modo tale che potesse solo assumere soltanto liquidi versati con un imbuto o aspirati con una cannuccia. Le zuppe che gli venivano propinate a forza erano talmente ripugnanti che spesso il poveretto rigettava il tutto.

Non c’era attimo di pace: veniva costretto a lunghe passeggiate nel palazzo del califfo e, se non voleva camminare, gli veniva legata una corda e al collo e veniva trascinato a viva forza. Solo dopo quaranta giorni il regime fu allentato. Fu slegato e la bocca, finalmente, fu scucita.

Non sappiamo lo stato fisico e mentale del malcapitato aspirante re, ma, dopotutto, ne era valsa la pena, dato che era aveva perso circa un centinaio di chilogrammi. Oltre a questo aveva imparato benissimo a parlare l’arabo.

Sancho di nuovo re di León

Nel 959 tutto era pronto: un baldanzoso Sancho in armi, alla testa di un esercito fornito dal califfo, suo alleato (e, possiamo dire, padrone), invase il suo ex regno. La città di Zamora cadde quasi subito. Dappertutto, la gente accoglieva Sancho come un liberatore, ribellandosi al crudele cugino che governava col pugno di ferro.  Nel 960 la riconquista era conclusa: Ordoño IV fuggì e fu accolto a Cordova dal califfo ‘Abd al-Raḥmān III.

Ritratto immaginario ottocentesco di Sancho I di León (Immagine di pubblico dominio via Wikipedia)

Ancora una volta il signore arabo dimostrava di essere un abile giocatore: aveva accettato di fornire uomini e armi a Sancho in cambio di un giuramento di fedeltà, oltre alla cessione di numerose fortezze ai confini fra i loro domini. La presenza del cugino alla sua corte era un modo per ricattarlo nel caso le cose non fossero andate secondo i patti.
Ma Sancho, rigenerato dalla cura, non si preoccupava eccessivamente. In questo periodo si sposò con Teresa Ansúrez, una nobile castigliana, e nel 961 la sua vita fu allietata da un erede, che fu chiamato Ramiro come il nonno.

Sul piano politico, invece, cercò di non ripetere gli stessi errori: mano a mano conquistò la fiducia dei nobili e attese il momento giusto per scrollarsi di dosso il dominio del califfato.

Una mappa della Spagna del tempo (Immagine condivisa su licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia)

L’epilogo

Nel 961 morì al-Raḥmān, seguito l’anno dopo da Ordoño IV. Il re di León, che non aveva ancora consegnato le terre pattuite, si ritenne libero dal trattato stipulato col vecchio sovrano arabo, costringendo il suo successore, al-Hakam II, a invadere il regno con un poderoso esercito.

Dopo una brevissima spedizione, nel 963 Sancho dovette arrendersi e giurare ancora fedeltà al sovrano di Cordova. Anche il regno di Navarra e le Contee di Castiglia e Barcellona dovettero chiedere una pace disonorevole al califfo. La disfatta era terribile. E c’era chi voleva approfittarsene, in particolare un gruppo di nobili leonesi, capeggiati dal sempre attivo conte di Castiglia Fernan González, vera e propria spina nel fianco del regno di Sancho. Stavolta con loro si schierò anche il vescovo di Santiago de Compostela Sisnando. Fu un’altra, sanguinosa, guerra civile.

Il re, inaspettatamente, condusse abilmente il proprio esercito, tanto da sconfiggere il vescovo Sisnado e mettere in seria difficoltà il conte di Castiglia.

Si sentiva investito di una specie di missione divina: considerava da sempre come suo protettore San Pelagio di Cordova, morto una quarantina anni prima per mano degli arabi. Richiese con successo le reliquie del santo martire al califfo e le portò nella capitale del regno con l’intento di costruirvi una grandiosa chiesa per custodirle. Ma non potrà vedere neanche l’inizio dei lavori di costruzione dell’edificio.

Nel novembre del 966, il conte di Castiglia, in pesanti difficoltà per la guerra civile, volle invitare Sancho a un incontro riconciliatorio nel monastero di Castrelo de Miño. Sancho accettò di buon grado e, dopo un breve conciliabolo, la pace fu siglata. Fernan González sancì la sua sottomissione al re con un gesto simbolico: offrì a Sancho, di cui certamente conosceva il proverbiale appetito, una succosa e bella mela, che fu avidamente divorata.

Ma il destino voleva che la fame fosse la rovina del nostro Sancho. Come avvenne in una famosa favola dei fratelli Grimm, la mela era stata infatti avvelenata. Il re cominciò a sentirsi male e morì il 17 novembre.

Il perfido Fernan González aveva ottenuto ciò che voleva: fino al 970, anno della sua morte, la Contea di Castiglia sarà quasi completamente autonoma dal regno di León, dove fino al 985 governerà Ramiro III, il figlio di Sancho “el Gordo”, un uomo straordinariamente grasso, morto per aver mangiato una mela…

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Rafael Altamira, Il califfato occidentale, in Storia del mondo medievale, vol. II, 1999.
Roger Collins, Early Medieval Spain, Unity in Diversity, Macmillan, 1983.
Roger Collins, Caliphs and Kings: Spain, 796-1031, Wiley Blackwell, 2012.
Gonzalo Martínez Díez, El condado de Castilla, 711-1038: La Historia Frente a la Leyenda, vol. I, 2005.

https://it.wikipedia.org/wiki/Sancho_I_di_Le%C3%B3n
https://www.britannica.com/biography/Sancho-I-king-of-Leon
https://dbe.rah.es/biografias/7394/sancho-i

 


da