George Lucas, creatore della figura del fascinoso archeologo cinematografico Indiana Jones, non ha mai confermato di essersi ispirato a una persona reale per il suo avventuroso Indy, ma sicuramente Roy Chapman Andrews ha influenzato parecchio il giovane Lucas, perfino nella scelta del cappello indossato da Jones.
Harrison Ford impersona Indiana Jones
Fonte immagine: Wikipedia – Giusto uso
Roy Chapman Andrews
Andrews, che nel 1934 divenne il direttore dell’American Museum of Natural History, affermava, forse con una punta di vezzosa modestia, di aver avuto la fortuna di nascere “sotto una buona stella”. In realtà era un avventuroso esploratore e naturalista, più determinato e tenace che fortunato.
Andrews era un ragazzo qualunque, nato nel 1884 in Wisconsin, che amava esplorare i boschi e i corsi d’acqua intorno a casa, mentre coltivava anche la passione per il tiro a segno e la tassidermia: da autodidatta imparò a imbalsamare gli animali. Questo hobby un po’ particolare gli consentì di guadagnare i soldi necessari per studiare al college. Dal Wisconsin, dopo la laurea, prese un treno per New York, fermamente intenzionato a farsi assumere all’American Museum of Natural History. Visto che non c’era di meglio, accettò l’incarico di custode nel dipartimento di imbalsamazione, e continuò a studiare fino a specializzarsi in mammologia (lo studio dei mammiferi).
La successiva fortuna di Andrews non è quindi dovuta (solo) a una buona stella, ma è piuttosto frutto di anni di poco avventuroso studio… Anche i soldi necessari per le prime spedizioni furono guadagnati da Andrews grazie alla pubblicazione delle sue “avventure” di ragazzo in una rivista per adolescenti, che gli fruttarono 30.000 dollari, mentre il finanziere JP Morgan gli firmò un assegno da 50.000 dollari, ma solo dopo che il naturalista era stato in grado di dimostrare le sue capacità in un primo rocambolesco viaggio nel deserto del Gobi.
Prima di quell’avventura in Cina, Andrews aveva navigato lungo le coste del sud-est asiatico, per raccogliere esemplari di rettili e per osservare i mammiferi marini. Poi era andato in Artide, sperando, senza riuscirci, di catturare un esemplare di balena della Groenlandia, da esporre al Museo.
Tra il 1910 e il 1920, Andrews visse una serie di avventure degne del suo successivo alter-ego cinematografico: pericolose cadute da ripide scogliere, cani selvatici che lo volevano sbranare, banditi che lo volevano uccidere, e addirittura l’attacco di una balena ferita, che quasi rovesciò la baleniera sulla quale era imbarcato…
Roy Chapman con la moglie Yvette Borup
Intanto, nel 1914, aveva sposato una donna non meno avventurosa di lui: Yvette Borup, fotografa con la passione per le esplorazioni, che lo accompagnò nella spedizione zoologica asiatica per conto del Museo. Quei due anni, tra il 1916 e il 1917, furono la loro luna di miele, come amava dire Borup…
Andrews è conosciuto soprattutto per le sue spedizioni nel deserto del Gobi, finanziate anche a grazie a una sponsorizzazione ottenuta dalla casa automobilistica Dodge.
L’allora direttore del Museo di Storia Naturale di New York, Henry Fairfield Osborn, sperava che Andrews trovasse delle prove a sostegno della teoria, sostenuta da entrambi, che fosse l’Asia il luogo dove era nata la vita sulla Terra.
Durante la prima spedizione, partita nel 1922, Andrews scoprì molti fossili di dinosauro fino ad allora sconosciuti (tra i quali Oviraptor e Velociraptor), ma il vero colpo grosso lo fece nel 1923, quando un paleontologo della sua squadra di ricercatori trovò le prime uova di dinosauro mai rinvenute sul pianeta.
La scoperta era sensazionale, perché fino ad allora gli scienziati non sapevano con certezza (potevano solo presumerlo, in quanto rettili) come si riproducessero i dinosauri.
La difficile situazione politica della Cina e della Mongolia, dopo il 1930, obbligò Andrews a sospendere ogni progetto di nuove spedizioni: la carriera di esploratore era finita, ma nel 1934 iniziò quella di direttore dell’American Museum of Natural History… non male per uno che era partito come custode!
Quando andò in pensione, nel 1942, Andrews scrisse le sue memorie: in Under a Lucky Star racconta dei molti pericoli corsi durante le cinque spedizioni nel deserto del Gobi, come quella volta che incrociò dei pericolosi banditi a cavallo, armati di fucile. Li affrontò spingendo la sua auto a tutta velocità, per spaventare gli animali che, imbizzarriti, portarono lontano i loro cavalieri. L’esploratore si limitò a sparare al cappello del bandito più vicino, perché “ondeggiava su e giù… era una tentazione troppo grande per resistere”.
Se l’episodio non fosse raccontato nell’autobiografia di Andrews, sembrerebbe tratta da uno dei film di Indiana Jones…
Tuttavia, George Lucas e i suoi collaboratori non menzionano mai Andrews (né altri esploratori) come fonte d’ispirazione: pare che il legame sia indiretto. Lucas racconta di aver ideato la figura di Indy basandosi sui film di avventure degli anni ’40 e ’50, i quali presero a modello personaggi come Andrews o il colonnello Percy Fawcett per i loro eroi.
Roy Chapman Andrews morì nel 1960 per insufficienza cardiaca, dopo aver vissuto la vita che voleva: “Sono nato per essere un esploratore… Non c’è mai stata nessuna decisione da prendere, non potevo fare nient’altro ed essere felice.” (cit. da Business of Exploring, 1935).