Il vero Rodolfo continua a sfuggire alla narrazione e alla conoscenza. Un uomo bello, intelligente, colto e sensibile, ma con un lato oscuro di bevitore, morfinomane, frequentatore di case di piacere e osterie malfamate. Nella fotografia sotto il conflitto interiore si legge nei suoi occhi.
Rodolfo era nato il 21 agosto 1858 nel castello di Laxenburg vicino a Vienna, figlio di genitori ultra noti, l’imperatore Francesco Giuseppe e la madre Elisabetta (conosciuta come Sissi). Dopo Sofia e Gisela (ma Sofia era già morta a due anni nel 1857), arrivava finalmente il tanto atteso maschio, fin da piccolo estremamente intelligente ma molto timido e spesso malato.
Il futuro imperatore, per Francesco Giuseppe, doveva essere forte, coraggioso, un buon soldato, un buon cacciatore e un buon cattolico. Purtroppo la predisposizione di Rodolfo era tutt’altra. Era un sognatore sempre in cerca d’affetto, ma non era nato nella famiglia giusta, se il padre era semplice e rigoroso, la madre aveva già i primi sintomi dell’insofferenza alla corte, delle malattie psicosomatiche, dell’anoressia nervosa che la portarono a lasciare Vienna per Madeira (il posto più lontano fra i suggeriti) già nel 1860.

Rodolfo aveva solo 2 anni, e per più di un anno restò senza la mamma, lontanissima, e con un padre e una nonna austeri e severi . Si attaccò moltissimo alla sorella Gisela ma i due vennero presto separati, e Rodolfo fu affidato all’educatore Generale Conte Leopoldo Gondrecourt.
Gondrecourt voleva fortificare il carattere di Rodolfo, lo svegliava con un colpo di pistola in piena notte, lo faceva esercitare al freddo e alla pioggia, lo chiudeva nel parco di notte, lo abbandonava nel bosco, tutti trattamenti normali nelle scuole militari che ebbero però un effetto devastante fisicamente e psicologicamente su Rodolfo, così timido e cagionevole di salute.
Nel 1865 Elisabetta finalmente si accorse di cosa stava succedendo al figlio e scrisse a Francesco Giuseppe pretendendo che l’educazione dei figli fosse affidata a lei e che Gondracourt venisse allontanato.
Fu un aut aut “o lui, o io”
Francesco Giuseppe cedette ed Elisabetta nominò educatore del figlio Joseph Latour von Thumburg che favorì le naturali inclinazioni del bambino, lo studio della natura, delle scienze, della geografia, dell’arte. Rodolfo divenne un uomo molto colto, ma gli insegnamenti di stampo più liberare, indubbiamente migliori, gli crearono i problemi e i contrasti con il padre e con la corte, isolandolo ancor di più.
Rodolfo vide nella madre la sua salvatrice e si attaccò ancor di più a lei, ma Elisabetta, dopo il lodevole intervento in favore del figlio, tornò quella che era, indifferente ai figli maggiori, dedicandosi esclusivamente a Maria Valeria nata nel 1868, sempre in viaggio e interessata solo all’Ungheria e a sé stessa.
Con la maggiore età Rodolfo venne inviato a visitare le corti europee. Il viaggio in Gran Bretagna lo entusiasmò, la stessa Regina Vittoria lo descrisse come un bellissimo giovane, molto intelligente e piacevole, e Rodolfo apprezzava molto meno la Germania e la Russia, verso le quale era ostile e iniziò a interessarsi seriamente di politica e a scrivere. Già a 19 anni pubblicò a Monaco, in incognito, il suo primo pamphlet, dove attaccava l’aristocrazia e che destò scalpore in Austria.

Francesco Giuseppe, pur non sospettando che ne fosse l’autore, sapeva bene che le posizioni del figlio erano diverse dalle sue e non gli affidò mai incarichi di politica interna, diede anzi l’incarico al Primo Ministro Eduard Taaffe di sorvegliarlo nelle sue attività e frequentazioni.
Rodolfo era liberale, qualcuno ora lo definisce socialista e rivoluzionario, ma in verità era tutt’altro. Lui sosteneva l’idea di una monarchia costituzionale, di stampo inglese, dell’aristocrazia non sopportava non tanto i privilegi economici, dei quali anche lui godeva ampiamente, quanto gli scarsi meriti per occupare posizioni di rilievo. Era fortemente anticlericale ma molto credente, si interessò molto all’Ungheria, come sua madre, e fu molto vicino ai movimenti liberali ungheresi, tanto da arrivare ad aspirare al trono ungherese che questi gli offrirono e che però rifiutò per non minare l’unità dell’impero e causare la rottura col padre.
I rapporti con l’imperatore erano difficili ma non tempestosi, si amavano e Rodolfo lo rispettava, ma per Francesco Giuseppe, che aveva riposto tante speranze su questo unico figlio, era un immenso dolore vederlo condurre una vita libertina e scapestrata, anche se i due non arrivarono mai a una rottura.
Il matrimonio della sua amata sorella Gisela nel 1873 lo addolorò molto, non solo per il distacco ma anche per il comportamento della madre Elisabetta, che pur tanto aveva criticato i matrimoni troppo precoci e faceva sposare la figlia a meno di 17 anni.
Nel 1878 si trasferì a Praga con il suo reggimento di fanteria, e qui sembra abbia avuto una relazione con una ragazza ebrea, della quale secondo alcuni si era veramente innamorato.
Continuò a viaggiare in tutto il mondo, molto attratto dal vicino oriente, che visitò nel 1880-81, e Rodolfo scrisse il libro “Un viaggio in Oriente nell’anno 1881”, sostituì l’arredamento del suo salotto alla Hofburg trasformandolo in una specie di tenda turca, e lì riceveva persone non precisamente consone al suo rango e alla sua posizione di erede al trono.
Rodolfo beveva, fumava (forse non solo tabacco…), frequentava prostitute, passava le serate nelle osterie con il suo cocchiere, scriveva articoli sovversivi sui giornali liberali con lo pseudonimo di Julius Felix ma scriveva anche per l’Enciclopedia Austro-Ungarica da lui ideata, e pubblicava testi di ornitologia, studiava e collezionava minerali, partecipava a inaugurazioni in rappresentanza del padre, anche se non aveva voce nel governo dell’impero, passava giornate intere a caccia e a tale proposito aveva acquistato la proprietà di Mayerling. Le due facce di un uomo antico e moderno, insieme.
Nel 1880 Francesco Giuseppe prese contatto con Leopoldo II del Belgio per il matrimonio di Rodolfo e Stefania nella speranza che l’unione tranquillizzasse questo figlio tanto problematico.

Rodolfo inspiegabilmente accettò una sposa che non gli piaceva fisicamente, che trovava noiosa e poco colta, con idee completamente contrarie alle sue, e andò in Belgio a conoscerla con l’amante.
Si era a fine ‘800 e ormai molti principi e principesse rifiutavano i partiti sgraditi, lui invece si piegò al volere del padre e al dovere dinastico, nonostante la contrarietà della madre che vedeva la differenza caratteriale fra i due.
I due si sposarono il 10 maggio 1881 a Vienna, ma Rodolfo continuò con la solita vita, alcol, caccia, prostitute e anche la dipendenza dalla morfina usata, come cura per la gonorrea contratta da una prostituta. La moglie Stefania fu completamente trascurata e neppure la nascita della figlia Elisabetta il 2 settembre 1883, che amò teneramente, riuscì a rinsaldare un matrimonio fra due persone che non avevano nulla in comune.

Mitzi Caspar divenne la sua amante-amica-confidente ufficiale. La ragazza “di facciata” faceva l’attrice ma arrotondava con la prostituzione che lasciò dopo aver conosciuto Rodolfo che la manteneva.
Rodolfo infelice, insoddisfatto, malato, stanco della moglie, pesantemente coinvolto politicamente e forse anche psichicamente confuso non vedeva via di uscita, gli mancava solo una compagna per l’ultimo viaggio.
In quel periodo Rodolfo scrisse al Papa chiedendo l’annullamento del matrimonio e confidandosi col cognato, del quale era amico, ma non con il padre e la moglie.
Nel novembre 1888 Rodolfo conobbe Mary Vetsera, da tempo innamorata perdutamente di lui. Grazie alla cugina Maria Larisch, che aveva fatto da corriere per le lettere fin dall’ottobre, i due si incontrarono nell’appartamento di Rodolfo per la prima volta il 5 novembre 1888 e pare di capire, sempre dalle lettere di Maria a un’amica, che il 13 gennaio 1889 ebbero i primi rapporti intimi.

Tutti erano a conoscenza della relazione con la Vetsera, e pare che Francesco Giuseppe abbia avuto un’aspra discussione col figlio imponendogli di chiudere la relazione e di risistemare il suo matrimonio, facendogli anche pesare il suo complotto con gli ungheresi.
Rodolfo passò l’ultima notte a Vienna con Mitzi Caspar e poi andò a Mayerling dove venne raggiunto da Mary, e nella notte fra il 29 e il 30 gennaio morirono entrambi.
Questa è l’unica cosa certa
Cosa successe di preciso non si saprà mai, salvo nuove scoperte, tutti i documenti di Rodolfo e i rapporti di polizia relativi a lui non erano depositati negli archivi di stato ma custoditi a casa di Taaffe e andarono distrutti in un incendio. Gli Asburgo mantennero tenacemente il segreto. La verità forse era nella lunga lettera che Rodolfo scrisse alla madre che fu però da lei distrutta, in quella di poche righe a Stefania non spiegò nulla, scrisse che solo la morte poteva salvare il suo onore.

Sii buona per la povera piccina, unica cosa che ti lascio. A tutti i conoscenti, specialmente a Bombelles, a Spindler, a Latour, a Novo, a Gisela, a Leopoldo ecc. ecc i miei estremi saluti. Vado verso la morte con tranquillità, perché essa sola può salvare l’onore del mio nome. Abbracciandoti cordialmente il tuo affezionato Rodolfo.”
Di sicuro la frase di Francesco Giuseppe che “tutto era meglio della verità” lascia una grande tristezza, l’immagine di un uomo distrutto, come distrutta fu Elisabetta, finalmente conscia dei suoi errori e piena di sensi di colpa per non aver capito questo figlio a lei tanto simile.
I patetici tentativi di Francesco Giuseppe di far passare la morte del figlio come naturale non durarono molto, si dovette ricorrere alla tesi di “momentanea follia” per ottenere il permesso di seppellirlo nella Cripta dei Cappuccini, dove riposa insieme al padre e alla madre.