E’ ad oggi noto che il mito di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda abbia origini storiche: il nome di Artyr (celtico) o Artorius (latinizzato) compare in un’iscrizione in Cornovaglia e negli Annales del Galles, così come il nome celtico della sua sposa, Ginevra, sarebbe Gwennayfair, significante “ombra bianca” e indicando, quindi, la luce, in contrasto con la divinità celtica dei corvi Morrigan, francesizzanto poi in Morgan Le Fay, sua antagonista negativa.
Tra spiritualità celtica e condottieri celti-romanizzati che si opposero all’invasione sassone della Britannia tra il V e il IV secolo, nei Secoli Bui della fine dell’Impero Romano, la base storica della leggenda è, ad oggi, accertata.
Ma come nacque la leggenda di Artù, quella narrata da Geoffrey of Monmouth, storico di probabile origine gallese, vissuto qualche decennio dopo la conquista normanna di Guglielmo il Conquistatore?
Sotto, statua del periodo Vittoriano di Guglielmo I, con il Domesday Book sul fronte ovest della cattedrale di Lichfield:
E’ proprio a quest’ultimo che dobbiamo pensare, per interpretare quello che ci tramanda Goffredo, ovvero: Tintagel, Cornovaglia. In un castello arroccato sul mare, in cui le onde si infrangono sulle rocce, la regina Ygraine partorisce un bambino, Artù. E’ il figlio illegittimo di Uther Pendragon (concepito mentre il re Gorlois moriva) il quale non ne avrà cura ma lo affiderà a Merlino, il Druida. Artù cresce così presso la famiglia di Sir Ector mentre la Britannia cade nella guerra civile dopo la morte di re Uther; poco più che adolescente, Artù estrae la famosa Spada nella Roccia, dopo aver pregato la Vergine Maria, dimostrando di essere il legittimo erede al trono di Britannia. Poi, si oppone all’invasione sassone, vincendo dodici battaglie e tenendo le redini del potere per circa sessant’anni.
Sotto, le rovine del Castello di Tintagel:
Torniamo alla storia, nuda e cruda: l’invasione sassone, storicamente strappò alla Britannia post romana (l’imperatore Onorio aveva richiamato a Roma le legioni nel 390, lasciando l’isola in balia delle invasioni di Pitti dalla Scozia, Angli e Juti da nord est, Sassoni da sud est) tutte le province, ad eccezione delle intatte Cornovaglia e Galles (le quali rimarranno celtiche addirittura sino al XIII – XIV secolo, conquistate non dai sassoni bensì dai normanni). Alla morte di Artù – inteso come personaggio storico, la cui morte viene appunto sancita dai pochi monaci cronisti come Gildas, nel 539 dC – la Britannia cade così definitivamente in mano sassone, un popolo dapprima rozzo e barbaro, che tuttavia getta le fondamenta per l’identità inglese: nel 598 Papa Gregorio manda da Roma un monaco benedettino, Agostino, che, partito con 20 confratelli, converte al cristianesimo re Etherlfred e la regina Bertha, sovrani del Kent, facendo di Canterbury il primo centro monastico di tutta la Britannia (l’abbazia sarà poi purtroppo distrutta da Enrico VIII nel 1539, oggi è patrimonio dell’Unesco).
Vista della Cattedrale di Canterbury dai terreni in rovina di Sant’Agostino. Fotografia condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:
I sassoni tengono le redini del potere della Britannia con vigore, dovendo però, a loro volta, fronteggiare un’altra invasione, quella dei Danesi. Re Alfredo il Grande (che regna dall’ 871 all’899), fa del Wessex e di Winchester il suo fiorente regno e si oppone all’invasione danese con strenuo vigore, ma non è abbastanza: nel 1013 re Canuto il Grande conquista l’isola e ne divine e il re. Il re sassone di allora, Ethelred, fugge in Normandia, assieme al figlioletto, il principe Edward, lì trova rifugio dal cognato.
E’ qui, in Normandia, che l’antico sovrano celtico-romano Artù, entra nella leggenda, divenendo simbolo delle vicende normanne. Procediamo con calma. La Normandia era nata pochi decenni prima, nel 911, quando Carlo il Calvo, discendente diretto di Carlomagno, (non potendo riprendersela) l’aveva concessa al re di Vichinghi Rollo. I Norsemen, gli Uomini del Nord, si erano stabiliti così in quel lembo del regno Franco settentrionale, volonterosi, tuttavia, di dimenticare in fretta il loro piuttosto rozzo passato vichingo per assimilare quello, egualmente agli albori, francese. Così, nel ducato di retaggio vichingo e di cultura francese, Edward cresce come erede al trono d’Inghilterra, poco propenso alle armi, eccellente nella teologia, tanto da meritarsi il titolo di The Confessor, Edoardo il Confessore.
Sotto, Re Edoardo il Confessore e Harold Godwinson a Winchester. L’immagine è parte del celebre arazzo di Bayeux:
Nel 1024 il duca di Normandia Riccardo II muore, lasciando due figli, Riccardo e Roberto. Il primo, il maggiore, decede, forse per mano del secondo il quale, colpevole o no, se ne parte per la Terra Santa, morendo durante il viaggio e lasciando il ducato nell’anarchia. Di lui rimane un bambino illegittimo di otto anni, William. Per il piccolo, figlio di Arlette, una giovane che per guadagnarsi da vivere vende pesce sulla costa normanna, (ove le onde s’infrangono sulle rocce, proprio come accade per la Cornovaglia di Ygraine), il futuro sembra tragico e segnato, ma l’esiliato re sassone d’Inghilterra Edward the Confessor, ne scorge le innate doti colte e militari e si assume così la responsabilità della sua educazione.
All’età di vent’anni, William, o, se preferite, Gugliemo, sbaraglia i suoi avversari grazie alla cavalleria e alla nuova tecnica (introdotta proprio dai normanni) dell’incastellamento. Ora è padrone del suo ducato, sul quale dimostra di poter regnare sia per diritto di sangue sia per valore, e ha una riconosciuta autorità su tutta la Francia.
Non è forse così incredibilmente simile alle vicende di Artù? Il giovane (William), figlio illegittimo di Ygraine (Arlette) accudito da Merlino (il letterato Edward The Confessor), poco più che adolescente dimostra il proprio valore, dimostrandosi degno erede di suo padre e sovrano della sua terra, la Britannia (la Normandia)
Sotto, Re Artù (dall’Arazzo Nine Heroes), del 1400 circa, e Guglielmo il Conquistatore in un dipinto alla Torre di Londra:
Nel 1042 alla corte di Normandia giunge la notizia che i figli di Canuto I il grande (morto a sua volta nel 1035) hanno raggiunto il padre nell’Altro Mondo. Edward si prepara così a partire per l’Inghilterra, come legittimo sovrano sassone (il quale, però ormai di sassone ha ben poco, essendo cresciuto alla corte normanna, molto latina e ben poco vichinga sin dalla tenera età). I nobili inglesi lo accolgono freddamente: a tenere le redini del potere v’è ora un nobile sassone, già apertamente collaborazionista dei Danesi, Earl Godwin.
Non è forse il mito di Merlino (Edward The Confessor) che, prigioniero di Vortinger, sovrano celtico alleato degli invasori sassoni (Godwin, sovrano sassone alleato degli invasori danesi), finge d’essergli alleato, conscio che a succedergli sarà Artà (William)?
Sotto, Canuto sconfigge Etelredo:
Godwin accetta freddamente che Edward sia re al posto suo, e lo spinge a sposare sua figlia, Edith (da ricordare, a proposito del nome della fanciulla, la novella arturiana Eric et Enid, il cui nome è straordinariamente simile a quello della principessa sassone) per far sì che il figlio che partorirà la figlia gli succeda al trono, sancendo il sangue dei Godwin sul trono d’Inghilterra.
Ma Edward comprende la volontà del suocero e, resistendo al fascino di Edith, non sfiora la consorte, non generando con lei alcun erede. Edward ha le idee chiare: vuole che sia William, a succedergli, quel ragazzo che lui ha educato in Normandia. Quando nel 1051 Godwin scopre l’obiettivo di Edward, ormai dichiaratamente aperto, è guerra aperta: Edward rinchiude Edith in un monastero e va in battaglia contro il suocero. La prima, breve vittoria, è di Edward, sostenuto dagli alleati di Normandia.
Ma la seconda è conquista di Godwin e dei suoi figli, tra cui spicca Harold. E’ il 1052, Edward è costretto a riprendersi la sua sposa, ma ormai è tardi perché la coppia generi un erede. E’ Harold, di fatto, a governare, sebbene il re sia Edward The Confessor. Harold è valoroso e, succedendo al padre (che muore nel 1053): il giovane re governa il Kent, il Wessex, l’east Anglia e la Northumbria. Sino a quel fatidico 1065, quando, sul finire dell’anno il re Edward The Confessor, sul letto di morte, rinnova la sua promessa: il suo erede sarà il normanno William.
William non se lo fa ripetere: sbarca sull’isola, che deve essere sua
E’ guerra civile, in Inghilterra. Ma nell’autunno dell’anno successivo, nella piana di Hastings (oggi a meno di una ventina di km dalla cittadina costiera di Hasting) nel Sussex, la battaglia lampo tra le truppe normanne di William e quelle sassoni di Harold è fatale e decisiva: la cavalleria (peculiarità normanna) sconfigge la fanteria sassone. Harold è colpito da una freccia all’occhio, e la sua sorte si perde nella tragica leggenda che adombra la fine d’ogni uomo di valore: per alcuni viene fatto a pezzi dai nemici e i suoi resti dispersi in mare, per altri ancora lo spirito compassionevole di colui che d’ora in poi sarà Il Conquistatore, The Conqueror, viene seppellito nell’abbazia che il devoto conquistatore ha fatto costruire per ringraziare Dio della vittoria; infine, per altri, pochi sognatori, riesce a fuggire in Cornovaglia, con suoi pochi fidati.
Poco importa: la vittoria è di William, The Conqueror
Sotto, un dipinto mostra la battaglia di Hastings:
Così, i normanni divennero i nuovi padroni d’Inghilterra, sconfiggendo i sassoni, rivendicando, in un certo senso, Artù, o, meglio anzi, omaggiando l’antico sovrano celtico-romano, che contro i sassoni aveva combattuto per tutta la vita. E sarà la storia di Artù a divenire leggenda, proprio sotto il regno del Conquistatore. Il sangue latino-normanno, contro quello sassone-germanico.
Propaganda di stato, diranno alcuni, ebbene sì, funzionale a sancire l’immortalità di una storia remota, divenuta leggenda, anzi, mito fondante di un popolo. Proprio come fece l’imperatore Augusto, commissionando a Virgilio il mito di Enea, fondatore dei Romani, così fece Guglielmo i cui immediati successori (molto probabilmente) commissionarono a Geoffrey of Manmouth la ripresa di tutte le sporadiche fonti storiche precedenti (Nennio – Historia Regum Britanniae; Gildas, Annales of Wales ect.) in virtù di un nuovo mito che sancisse la legittimità del potere normanno nell’Inghilterra non più sassone, ma, latino – normanna, in continuità con quella latino-celtica arturiana post romana. Così William, il figlio illegittimo divenuto The Conqueror, divenne Artù, il figlio illegittimo divenuto il Re in Eterno, così come reciterà l’iscrizione nella croce ferrea, rinvenuta, nel 1191 (sempre sotto il regno della dinastia fondata da William The Conqueror, anche se sotto il ramo, coevo, dei Plantageneti) a Glastonbury, nella tomba – simbolo di Re Artù e Ginevra “Hic Jacet Rex Arturus. rexque quondam et rexque futurus”.
Re sempre, e re in futuro. L’aquila romana di cui lo storico Artù aveva probabilmente portato le insegne difendendo quanto rimaneva della civiltà romana in Britannia contro l’invasione sassone, spiegava nuovamente le proprie ali con l’Artà della leggenda, attraverso quelle, questa volta, dei normanni, vincitori, ancora una volta, contro i sassoni. Riguardo la tomba di Artù e Glastonbury, si apre poi un contrasto ideologico (ma anche combattuto sul campo di battaglia) tra bretoni (puri celtici che credevano che Artù sarebbe ritornato) e normanni (“i nuovi latini” che invece di Artù avevano scoperto la tomba), ma questa è un’altra storia.
Artù figlio illegittimo di Uther Pendragon e Ygraine di Cornovaglia, con l’ausilio di Merlino, dimostra d’essere legittimo discendente per sangue e per valore e salva la Britannia dall’anarchia divenendone il sovrano e difendendola contro i Sassoni. Così narrò Geoffrey of Manmouth.
Merlino detta le sue profezie al suo scrivano, Blaise. Miniatura francese del XIII secolo da “Merlin en prose di Robert de Boron” (scritta circa 1200). (Illustrazione del manoscritto, c.1300.):
William, figlio illegittimo di Robert di Normandia e di Arlette, con l’ausilio di Edward The Confessor, dimostra d’essere legittimo discendente per sangue e per valore e salva la Normandia dall’anarchia divenendone il sovrano. Poi conquista la Britannia, riprendendosela dai Sassoni. Nel nome di Artù.
La suddetta tesi di comparazione mitologica-storica è idea formulata unicamente ed autonomamente dall’autrice ed è di sua esclusiva proprietà intellettuale.