Il 2020 sta ormai volgendo al termine e in molti hanno la sensazione che si sia trattato di un’annata fra le peggiori della storia del genere umano.
Ma l’impressione è davvero corretta? Oppure il nostro filtro soggettivo distorce completamente la percezione della realtà?
Me lo son chiesto stamattina mentre mi è arrivato uno degli ennesimi messaggi
WhatsApp a tema 2020 come anno da scartare, e ho pensato di compilare una breve lista, certamente non esaustiva, degli anni in cui ogni essere umano può essersi sentito davvero in pericolo o in una quotidianità opprimente e apocalittica. Si parte dall’Antica Grecia, che potrebbe annoverare fra gli anni peggiori anche il 1628 avanti Cristo, con la celebre Eruzione Minoica, sulla quale però la scienza deve ancora fornire sufficienti risposte a analisi statistiche per comprenderne a fondo la portata.
Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:
Dalle annate ho volutamente escluso gli anni di guerra, mondiali e non, che altrimenti vincerebbero a man bassa. Per fare un paragone con il 2020 è corretto non prendere in considerazione situazioni simili.
Prima di iniziare la disamina faccio una precisazione necessaria: il termine “Peste“, che utilizzerò a più riprese, non indica necessariamente la malattia causata dal batterio “Yersinia pestis”, ma tutta quella serie di epidemie che colpivano gli uomini del passato. Spesso si trattava di Tifo, Vaiolo, Morbillo o anche la Peste, Bubbonica o polmonare, ma gli studi dei paleopatologi non ci consentono di identificare con certezza tutte le differenti epidemie negli anni in cui colpirono le popolazioni.
430/429 a.C. Peste di Atene
Atene: 430 a.C. La guerra del Peloponneso è iniziata da pochissimo e contrapporrà le leghe greche per molti anni a venire. A capo degli ateniesi c’è il grande Pericle, autore di un memorabile discorso all’Acropoli nel 431 a.C., che nel 429 a.C. morirà sotto i colpi dell’infezione mortale. Proprio la guerra del Peloponneso fu il fattore scatenante dell’epidemia, che si diffuse a causa della concentrazione di un enorme numero di persone fra le mura della città.
Sparta, forte di un imbattibile esercito, impediva agli ateniesi di rifornirsi via terra, e dal Pireo partivano navi che si approvvigionavano in tutto il mondo greco. Dalle campagne gli ateniesi si riversarono in città per avere accesso al cibo, e un’altissima densità di abitanti porta, come oggi sappiamo tutti, al dilagare delle epidemie. Dal Pireo giunsero i primi ateniesi infetti, che trasmisero il morbo a tutti gli altri.
Atene, stretta fra le sue mura, fu falcidiata dalla malattia, causa di un’enorme numero di morti, i quali venivano sepolti in fosse comuni o bruciati su pire ardenti perennemente accese.
Le convenzioni sociali saltarono completamente, e tutti i cittadini iniziarono a spendere i propri risparmi senza limiti, sicuri che probabilmente non avrebbero visto i frutti di investimenti per il futuro.
La peste uccise un numero stimato di 75 o 100 mila persone, il 25% della popolazione con cui venne a contatto, e fu cruciale nel decidere le sorti della guerra del Peloponneso, che vide infine la vittoria di Sparta.
Sotto, Myrtis, una bambina di 11 anni che morì durante la Peste di Atene, scoperta alla fossa comune del cimitero Kerameikos di Atene. Fotografia di Tilemahos Efthimiadis condivisa con licenza Creative Commons 2.0 via Wikipedia:
169: Peste Antonina
Se la Peste di Atene ebbe grandi conseguenze sul conflitto fra la lega Peloponnesiaca e la lega Delio-Attica, la Peste Antonina fu un evento che influì grandemente sulle sorti dell’Impero Romano. Scoppiata sotto gli Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero, quest’ultimo morto in questo periodo e che aveva patronimico “antoninus”, la pestilenza decimò la popolazione di grandi parti dell’Impero Romano, con un numero di morti stimato fra i 5 e gli 20 milioni di persone.
Claudio Galeno, il medico che descrisse la pandemia:
Roma si trovò in crisi non solo a livello sanitario ma soprattuto militare, perché le legioni non riuscivano ad avere un numero sufficiente di soldati per contenere le spinte delle tribù germaniche, che premevano da Nord per entrare nei confini dell’Impero, in particolar modo nel Limes del Reno. La pestilenza, che durò circa 12/13 anni, uccise circa il 25% degli infetti, e Cassio Dione ci dice che, a Roma, i morti si contavano in 2.000 unità al giorno.
Difficile dire se fu quello l’inizio del declino dell’Impero Romano, ma certamente la mancanza di truppe da impiegare su tanti fronti non facilitò il contenimento delle spinte delle popolazioni barbariche, che ebbero modo di comprendere quanto anche l’invincibile Impero potesse essere attaccabile.
536 d.C.
Il 536 è unanimemente definito “l’anno peggiore della Storia”, e non per una particolare epidemia. *Il disastro arrivò dal cielo, nella forma di una coltre di nebbia che ricoprì con un manto d’oscurità l’intera Europa, il Medio Oriente e alcune aree dell’Asia. Per 18 mesi “il sole ha dato la sua luce senza luminosità, come la luna, durante tutto l’anno”, scrisse lo storico bizantino Procopio di Cesarea. Le temperature precipitarono drasticamente, arrivando poco più su dello zero, durante tutta l’estate: fu l’inizio di un lungo decennio di freddo, il più gelido degli ultimi 2300 anni.
La causa fu probabilmente un’eruzione vulcanica in Islanda, ma su questo gli scienziati non sono hanno ancora ottenuto prove certe. A quegli anni gelidi seguì la Peste di Giustiniano, nel 541 d.C., che dimezzò la popolazione di Costantinopoli e dilagò in tutta Europa, uccidendo la metà degli abitanti delle regioni coinvolte.
*Dopo questi eventi le attività umane decaddero totalmente, si assistette a un declino demografico e dell’economia senza precedenti nella storia umana, e i segnali di ripresa sono documentati soltanto nel 640, quindi circa un secolo dopo, quando i ghiacci dell’Antardide mostrano di nuovo un picco di piombo, segnale che l’argento era nuovamente richiesto come metallo prezioso.
(*citazione Annalisa Lo Monaco, 536 d.C.: l’inverno senza fine dell’anno peggiore della Storia).
1347/1348
Dall’alto Medioevo si passa al basso medioevo, con una pausa da anni “drammatici” di circa 5/6 secoli (dopo la fine delle epidemie di peste seguenti alla Peste giustinianea). Il 1347 e il 1348 furono gli anni in cui si diffuse la celebre “Morte Nera”, o “Peste Nera”, una epidemia di peste, questa sì, certamente identificata come causata dal batterio Yersina pestis. Senza dilungarci troppo su questa pandemia, forse la più celebre della storia, è sufficiente fornire qualche dato per comprenderne la portata: giunta dall’Asia, uccise circa 20 milioni di persone, un terzo della popolazione europea, che da allora fu colpita da ondate ricorrenti del morbo, che limitarono grandemente la crescita demografica del nostro continente.
Il trionfo della morte, 1446 circa:
1492
Se per noi europei il 1492 è un anno cruciale, legato a un evento positivo come la scoperta delle Americhe (o sarebbe meglio dire ri-scoperta, dopo le esplorazioni dei vichinghi), di certo non è da considerarsi un anno felice per le popolazioni di nativi americani, sterminate dagli Europei. Lungi dal voler fare retorica, i nativi non furono uccisi, o almeno la stragrande maggioranza di loro, dagli archibugi o dagli obici degli Spagnoli, dei Portoghesi o degli Inglesi, ma dall’arma più potente che questi portavano con sé:
Le malattie alle quali erano immuni
Citando una breve ma efficacissima frase di Wikipedia: “Si stima che tra l’80% ed il 95% della popolazione indigena delle Americhe perì in un periodo di tempo che va dal 1492 al 1550 per effetto delle predette malattie“.
In meno di 60 anni morirono circa 50 milioni di persone, un decimo della popolazione mondiale, di malattie come Vaiolo, Rosolia, Morbillo, Varicella o anche una semplice influenza, che uccise la stragrande parte dei nativi americani, consegnando ai conquistadores e ai coloni nordeuropei un continente spopolato da conquistare senza difficoltà.
1918/1919
Dopo gli eventi del Medioevo si giunge al secolo scorso, anche se, nel frattempo, ci sarebbero moltissime altre annate da considerarsi non certo propizie, ma che per brevità non si riescono a citare in un solo articolo. Il 1918 è l’anno della fine della Prima Guerra Mondiale ma è anche l’inizio della massiccia diffusione dell’influenza spagnola, che nell’arco di un paio d’anni ucciderà dalle 50 alle 100 milioni di persone.
L’influenza, lungi dall’essere di origine iberica, fu chiamata “spagnola” perché solo i giornali del paese, che ricordiamo non era coinvolto nella guerra mondiale e quindi con una stampa non soggetta a censura, parlarono della pandemia. Della spagnola è stato detto moltissimo, e la ricordiamo con tanta ostinazione perché cronologicamente vicinissima a noi.
Sotto, una fotografia emblematica dell’influenza spagnola. Nel 1918 un conducente di tram di Seattle, negli Stati Uniti, ferma all’ingresso due passeggeri perché sprovvisti di mascherina:
Ma gli anni della fine della guerra non furono caratterizzati soltanto dalla spagnola. In quel periodo un’altra pandemia di portata mondiale afflisse il genere umano:
L’encefalite letargica
Descritta dallo psichiatra e neurologo Constantin Von Economo, nel 1931, la pandemia uccise circa 500.000 persone in tutto il mondo, e le sue cause rimangono, a tutt’oggi, sconosciute.
1959
Se il 1959 in Italia, e in genere in Occidente, non può che considerarsi un anno normalissimo, o al limite positivo per l’esplosione economico-finanziaria del periodo, non può considerarsi tale per oltre mezzo miliardo di persone, l’allora popolazione cinese. In seguito alle politiche del “Grande Balzo in Avanti” promosse dal dittatore Mao Zedong (senza analizzarle in questo articolo per non dilungarmi) la popolazione andò incontro a un drammatico periodo di carestia, che durò dal 1959 al 1961 e causò la morte di un numero imprecisato di vittime, con stime che vanno dai 18 ai 55 milioni di morti, in particolare circa 15/20 milioni di persone morte di fame e altre in conseguenza della carestia. Questa è considerata l’ultima grande carestia mondiale, le cui proporzioni però furono demograficamente le più devastanti di tutte.
2020
E infine giungiamo al 2020, anno che ci stiamo per lasciare alle spalle. La percezione che abbiamo degli eventi non può essere considerata “storica”, perché ognuno di noi ha una propria immagine soggettiva dei fatti che ci hanno appena coinvolto. Si possono osservare i numeri della pandemia e ravvisare una certa affinità con quelle del passato. Al momento della stesura dell’articolo, il 27 dicembre, i casi totali da Covid 19 sono circa 80 milioni con 1,7 milioni di decessi.
E’ bene specificare che la letalità del morbo (quindi le persone morte sul totale degli infetti), è contenuta, a livello mondiale, grazie alle innovative terapie mediche di cui disponiamo oggi (macchine per la ventilazione forzata, farmaci etc). Se la stessa pandemia si fosse verificata in un altro degli anni prima esaminati, come il 536 o il 1348, ad esempio, le persone morte sarebbero state certamente molte di più, così come i contagi, che oggi riusciamo a contenere grazie alle strategie di prevenzione come il lockdown, l’obbligo di mascherina, la quarantena e via dicendo.
Se dal punto di vista dei morti questo non è stato un anno certamente dei più “neri”, della storia, l’economia mondiale si è fermata per consentire il distanziamento sociale, una rivoluzione mai vista prima d’ora a livello così globalizzato, e che può far definire il 2020 come un anno “nerissimo”.
Il quesito che dovrebbe portare questo 2021 è, secondo me, più cruciale del semplicistico “il 2020 è stato l’anno peggiore della storia?”, e potrebbe essere simile al seguente: “impareremo a convivere in modo sicuro, prima di tutto fra umani e poi con la natura, in modo da impedire l’esplosione di nuove pandemie?”.