Pulcinella: folklore ed esoterismo dietro la maschera più famosa di Napoli

Una maschera nera dal naso priapeo, un mento sporgente e una lunga e sformata tunica bianca dalla quale spunta una maglia rossa. Un cappello dello stesso colore della tunica e dalla forma conica, frigio, a pan di zucchero e spesso afflosciato. Così si presenta a noi Pulcinella, la maschera simbolo della città di Napoli.

Ma chi era davvero Pulcinella?

Le sue origini sono antiche e mescolano realtà e leggenda a un forte simbolismo esoterico, sicché è difficile fornire una versione unica e definitiva. La maschera fu nota in principio come “Pollecenella” e inventata nel Seicento da Silvio Fiorillo, un attore capuano, mentre il costume attuale è stato creato nell’Ottocento da Antonio Petito. La fortuna della maschera fu rapida e Pulcinella, il cui costume originale prevedeva un cappello bicorno, con barba e baffi, divenne ben presto così famoso da arrivare addirittura a fiancheggiare, come antagonista, Arlecchino negli spettacoli. Nel corso degli anni ebbe numerosi rifacimenti e cambiamenti, tanto che l’incisore francese Jacques Callot rappresentò il suo “Pollecenella” con una maschera bianca e due evidenti gobbe.

Polichinelle francese con doppia gobba, 1650 circa:

Tra le molte leggende c’è quella virgiliana che vedrebbe il nome Pulcinella derivare da “Pulcinello”, vale a dire un piccolo pulcino dal naso adunco che fungerebbe da psicopompo, cioè una figura capace di accompagnare le anime dei morti all’oltretomba. Seconda questa ipotesi, il “Pulcinello” sarebbe nato da un uovo d’oro fuoriuscito dalle viscere del Vesuvio per volere di Plutone, impastato da due fattucchiere per poi essere collocato alla base di Castel dell’Ovo – da qui la leggenda dell’uovo che manterrebbe in piedi l’intero castello e tutta Napoli.

Un’altra leggenda collega il personaggio a Puccio d’Aniello, un contadino di Acerra che nel Seicento si guadagnava da vivere facendo il buffone in una compagnia teatrale di passaggio. Il primo, presunto ritratto che si ebbe di Puccio d’Aniello fu di Ludovico Carracci in un’incisione di Carlo Enrico di San Martino.

Lo stesso nome Pulcinella ha origini ancora più antiche: un’ipotesi sostiene che il nome discenderebbe da “Maccus”, personaggio delle atellane romane, delle commedie vernacolari dal carattere farsesco apprezzate soprattutto dal basso ceto. Pulcinella veniva rappresentato con la faccia bitorzoluta, naso a becco, ventre prominente e voce in falsetto che ricorda quella di una chioccia. Il termine “Maccus” significa sciocco o mangione e in effetti Pulcinella è un personaggio costantemente affamato, disposto a tutto pur di mettere qualcosa sotto i denti, persino diventare servitore di due padroni. Pulcinella, di fatto, è colui che sta dalla parte del miglior offerente, un voltagabbana capace di cambiare bandiera a seconda della situazione che gli fa più comodo. Pulcinella però è soprattutto colui che rappresenta lo spirito napoletano, quello spirito beffardo di chi prende in giro il prepotente di turno, o fa autoironia, venendone fuori sempre col sorriso tipico di chi, in un modo o nell’altro, se la cava sempre.

 

Come preannunciato, dietro i colori di Pulcinella si nascondono molti simbolismi alchemici che conferiscono a questa figura un lato oscuro, oltre che una dualità celata. Pulcinella, infatti, rappresenta il maschile e il femminile, il caos e l’ordine, la luce e il buio, lo stupido e il furbo, la città e la campagna, il demone e il santo. Tutti elementi presenti anche nell’alchimia e che emergono con le varie caratteristiche del personaggio.

A iniziare dalla maschera nera che simboleggia gli antichi culti agrari con quelli giunti dall’Oriente e dalla curvatura del naso che richiama il culto fallico del dio Priapo, per i greci figlio di Dioniso, e dunque un chiaro riferimento alla fertilità maschile. È tuttora in uso dire per i vicoli di Napoli, quando si vuol sottolineare una forte attività sessuale: “Ten’ e sette nas ‘e Pullecenella”.

Giuseppe Bonito, Mascherata con Pulcinella:

Il nero simboleggia però anche la morte, un ciclo di vita che finisce per far posto a uno che inizia. Il cappello conico ricorda poi il copricapo degli iniziati al culto del dio Mitra, ma anche il cappello degli alchimisti. Questo berretto dal forte valore simbolico per l’appartenenza religiosa era anche detto “pileus”. Il colore del camice che la maschera indossa, bianco perlaceo, sottolinea il candore della luna, della luce e della rinascita a nuova vita. Il rosso della maglia, invece, simboleggia il sangue dal quale nasce la vita, l’Eros della passione libera da ogni inibizione dei riti dionisiaci, il rosso della trasmutazione alchemica.

Persino il profilo di Pulcinella non è lasciato al caso: se il naso e il mento sono sporgenti a simboleggiare la virilità maschile, il profilo del busto ricorda molto la luna, simbolo di fertilità femminile. Questa dualità è data anche dalla voce in falsetto e dalla pancia prominente, che ricorda molto una gravidanza femminile.

Pulcinella, in contrapposizione stessa alla maschera, rappresenta la voglia di vivere, il modo leggero di vedere il mondo, lo scherzo, il sorriso e la spensieratezza, il burlarsi della morte.

La figura di Pulcinella ebbe la sua immagine iconica grazie ai pittori veneziani Giambattista e Giandomenico Tiepolo; Giandomenico, in particolare, dedicherà il suo lavoro nella realizzazione di Pulcinella nella sua pittura a partire dal 1759. Gli affreschi del Tiepolo sono conservati al museo veneziano Ca’ Rezzonico. La scelta di replicare più volte il soggetto Pulcinella, inoltre, non fu casuale, poiché venti di rivoluzione francese erano nell’aria e un personaggio così irriverente, sbeffeggiatore e ironico era perfetto per gettar discredito addosso ai potenti.

Giandomenico Tiepolo – Pulcinelli acrobati, 1793:

Passano i secoli ma Pulcinella è sempre lì, interpretato, disegnato, recitato e animato in lungometraggi. Ognuno a modo suo ha portato il suo Pulcinella, aggiungendo o togliendo qualcosa, caratterizzando l’icona: Eduardo De Filippo lo portò spesso sulle scene, soprattutto all’inizio della sua carriera; Enzo Cannavale interpretò Pulcinella nel film “Giuramento” (1982); Massimo Ranieri ne ricoprì il ruolo nel 1986-87 nello spettacolo teatrale dal titolo “Pulcinella”. Nel 1990 anche il grande attore partenopeo Massimo Troisi vestì i panni della celebre maschera nel film di Ettore Scola “Il viaggio di Capitan Fracassa”, portando sul grande schermo la sua versione più comica e malinconica.

Eduardo De Filippo e Pulcinella (qui interpretato da Achille Millo):

Pulcinella fu protagonista anche di un film d’animazione del 2003 dal titolo “Totò Sapore e la magica storia della pizza”: qui si differenzia molto dall’originale personaggio, almeno sul piano estetico, ma ha lo stesso temperamento dell’originale e soprattutto è perennemente affamato.

Maschera, pulcino, simbolo esoterico, icona di una città, personaggio dell’arte della commedia partenopea. Tutto e niente, ma sempre lui, Pulcinella, a vegliare sulla sua città, perché sarà pure servitore di due padroni, ma la sua casa non la lascerà mai.

Valeria Colle

Nata a Napoli, è una grande appassionata di Storia e Arte.