Pu Yi: la storia dell’ultimo Imperatore della Cina

Nei primi anni del XX secolo il potente e ricco Impero Cinese era solo un pallido ricordo di quello che era stato per oltre 2.000 anni. La Dinastia di origine mancese dei Qing, che deteneva il potere dal 1644, agonizzava stravolto da continue rivolte interne, povertà e carestie.

Durante il XIX secolo infatti, le potenze coloniali occidentali, attirate dalle ingenti ricchezze cinesi, si imposero con la forza sull’Impero di Mezzo, militarmente arretrato e incapace di difendersi efficacemente, obbligando il governo imperiale ad accettare di pagare umilianti indennità e cedere la sovranità di interi territori e importanti miniere alle potenze occidentali.

I danni di quelli che sono conosciuti come “trattati ineguali” furono devastanti per la Cina. Il non poter sfruttare le proprie risorse interne e le continue ingerenze delle potenze coloniali portarono la dinastia Qing sull’orlo della bancarotta.

Il Governo Centrale, incapace di varare riforme innovatrici, non fu in grado di arginare l’aumento della povertà e del malcontento generale, attirando su di sé l’odio di buona parte della popolazione.

La Dinastia Qing iniziò a traballare

In questo scenario decadente, nel Febbraio del 1906, nell’abitazione di Pechino del Principe Chun, fratello minore dell’Imperatore regnante Guanxu, veniva alla luce un bambino a cui venne dato il nome Pǔyí Aisin Gioro.

Dipinto di Pu Yi, 1908:

L’Imperatore Guanxu, salito al trono del Drago nel 1875, non deteneva realmente il potere, che era invece saldo nelle mani dell’Imperatrice Vedova Ci Xi dal 1861.

Questa donna, sulla quale ancora oggi vi sono giudizi contrastanti, era dotata di grande personalità e carisma  (elementi completamente assenti negli ultimi sovrani uomini cinesi), la quale tentò con tutti i mezzi (a volte sbagliando completamente) di salvare la dinastia Qing ed il sistema Imperiale.

Nel 1898, anno terribile per la Cina, segnato dalla disastrosa rivolta dei Boxer che terminò con l’occupazione di Pechino da parte degli eserciti delle potenze occidentali, l’Imperatore Guanxu cercò di applicare delle riforme, incentrando su di sé il potere. La reazione dell’Imperatrice Ci Xi fu immediata: l’imperatore venne fatto prigioniero ed incarcerato nel Palazzo d’Estate alle porte di Pechino.

L’Imperatrice Ci Xi, considerando Guanxu una minaccia, arrivò molto probabilmente ad ordinare il suo omicidio, come testimoniato dai resti mortali del sovrano dove sono state trovate tracce di veleno. Il 14 novembre del 1908 il sovrano morì e Ci Xi, per garantire il proprio potere per molti altri anni, elevò al Trono del Drago il piccolo Pu Yi (il cui nome di regno sarebbe stato Xuantong), che all’epoca aveva solo 2 anni.

Il bimbo, per volere dell’Imperatrice, fu immediatamente prelevato dall’abitazione paterna e condotto all’interno della Città Proibita di Pechino, residenza dell’Imperatore.

Ci Xi, che all’epoca aveva 72 anni, non aveva però fatto i conti con il destino. Il giorno successivo alla morte di Guanxu e la proclamazione del nuovo sovrano bambino, l’imperatrice vedova fu colta da malore e spirò nella stessa giornata.

La Cina aveva perso la persona che, nel bene e nel male, era riuscita a prolungare la vita dell’agonizzante impero, lasciando il paese nel caos e nelle mani di un bambino che all’epoca non aveva ancora 3 anni di età. La nuova reggenza, gestita debolmente dal padre di Pu Yi, non fu in grado di arginare le rivolte e portare avanti riforme utili per salvare il sistema imperiale.

Pu Yi come Kāngdé (Imperatore) del Manciukuò:

Il 10 Ottobre 1911, nel distretto di Wuchang (oggi conosciuta come Wuhan, celebre per i fatti riguardanti la pandemia del 2020 e ’21) scoppiò un’ennesima rivolta che si diffuse a macchia d’olio in tutto il Paese. Sul finire di dicembre, le forze rivoluzionarie proclamarono la Repubblica di Cina ed elessero come Presidente Sun Yat Sen.

I reggenti Qing, ormai consapevoli di aver perduto tutto, firmarono il 12 Febbraio 1912 l’atto di abdicazione, non solo dell’Imperatore bambino, ma dell’intera dinastia.

A seguito dell’accordo tra la famiglia imperiale e la neonata Repubblica di Cina, a Pu Yi venne accordato il diritto di continuare a risiedere all’interno della Città Proibita, dove avrebbe conservato il titolo imperiale.

Inoltre, avrebbe ricevuto un appannaggio annuale dallo stato, al prezzo però della libertà: il giovane sovrano però non sarebbe potuto uscire dal suo palazzo. Pu Yi crebbe quindi all’interno delle mura della città proibita, circondato da eunuchi e cortigiani, ignorando gli avvenimenti all’esterno del Palazzo Imperiale, e, per un lungo periodo, credendo di essere ancora il Signore dei 10.000 anni.

Puyi indossa l’uniforme Mǎnzhōuguó:

Nel frattempo, la Repubblica di Cina era tutt’altro che solida. Controllata dai signori della guerra, cioè generali dotati di eserciti privati, non fu in grado di arginare la prolungata guerra civile e la distruzione derivante da essa.

Nel luglio del 1917, il generale Zhang Xun, dopo aver occupato Pechino con il proprio esercito, proclamò ristabilita la dinastia Qing. Questa restaurazione monarchica ebbe però vita breve. Dopo soli 12 giorni, Zhang Xun venne sconfitto da un altro signore della guerra e fu costretto ad abbandonare la città.

Pu Yi e la prima moglie Wan Rong:

A soli 11 anni, Pu Yi venne quindi nuovamente deposto per la seconda volta. Nel 1919, Il Sig. Reginald Fleming Johnston, diplomatico e professore universitario scozzese, venne nominato come precettore dell’imperatore. Questi si rivelò una figura molto importante per il giovane sovrano, che rimase legato al suo mentore fino alla morte di quest’ultimo avvenuta nel 1938.

Gobulo Wanrong, moglie di Puyi e Imperatrice della Cina:

Da lui imparò l’inglese, rimanendo affascinato dalla potenza e dallo stile dell’Impero Britannico. Negli anni a venire, Pu Yi avrebbe cercato di “occidentalizzarsi”, adottando l’abbigliamento occidentale e perfino un nome inglese. Tra gli anni ’20 e gli anni ’30, si sarebbe fatto chiamare Harry.

Puyi in fotografia con Wanrong:

Nonostante il caos che continuava a regnare in Cina, la vita all’interno del Palazzo imperiale continuava immutata, tra cerimonie e rituali antichi di secoli. Nel 1922 Pu Yi sposò la principessa Wan Rong, che venne nominata quindi Imperatrice, e successivamente la giovane Wen Xiu (all’epoca dodicenne), che ottenne il titolo di “Consorte Imperiale”.

A seguito di nuovi capovolgimenti nelle lotte intestine alla Repubblica Cinese, nel 1924 Pu Yi e l’intero seguito imperiale vennero cacciati dalla città proibita. Per la prima volta dal giorno della sua incoronazione avvenuta 16 anni prima, il Sovrano deposto uscì dalla Città Proibita e poté vedere con i suoi occhi Pechino.

Gli anni che seguirono non furono semplici per Pu Yi ed il suo seguito. Il suo precettore, Reginald Johnston, tentò di fargli ottenere asilo presso l’Ambasciata Britannica, ricevendo però un rifiuto dalle autorità. Nessuno stato occidentale infatti era interessato, o riteneva vantaggioso, ospitare lo scomodo ex-Imperatore.

Dopo un breve soggiorno presso la casa paterna a Pechino, Pu Yi si spostò a Tianjin, da dove coltivò per anni i suoi sogni di restaurazione imperiale. Molti ex generali dell’ex impero zarista e presunti principi si presentarono a lui con fantomatici piani che, secondo loro, lo avrebbero aiutato a riottenere il trono.

Sfortunatamente per Pu Yi, si trattava quasi sempre di ciarlatani che cercavano, con successo, di ottenere ingenti capitali per poi scappare.

L’ultima foto di Puyi e Wanrong insieme, all’inizio degli anni ’30:

Nel corso degli anni ’20, anche il Giappone stava lavorando per rafforzare il proprio impero coloniale in Asia, cercando di costruirsi il proprio spazio in Cina.

il 18 Settembre del 1931, gli ufficiali nipponici accusarono il signore della guerra Zhang Xueliang di un attentato alla ferrovia in Manciuria, regione a nord est della Cina, ricca di minerali e terra di origine della dinastia Qing e quindi di Pu Yi stesso.

Con questo pretesto, i Giapponesi attaccarono e sconfissero rapidamente l’esercito di Zhang, occupando prima e crearono poi uno stato fantoccio chiamato Manchukuo.

Per legittimarne la nascita, il governo giapponese, che da tempo ormai avevano offerto la propria solidarietà e amicizia a Pu Yi, gli offrì la possibilità di diventarne il Capo di Stato. A Pu Yi non parve vero di ricevere una tale offerta. Sarebbe tornato ad essere un Sovrano vero, nella terra dei propri avi.

Puyi e Wanrong l’8 marzo 1932 prima di recarsi alla cerimonia ufficiale di fondazione del Manchukuo a Changchun:

Nonostante l’opposizione dell’Imperatrice Wan Rong e di una buona parte di consiglieri, che avevano intuito le reali intenzioni dei Giapponesi, Pu Yi decise di accettare, ponendo come condizione ai giapponesi l’instaurazione una monarchia.

Fu così che nel Marzo 1934 Pu Yi venne incoronato Imperatore per la terza volta, assumendo il nome di  Kangde. Fin dall’inizio però, fu chiaro che il neo incoronato sovrano non aveva alcun potere. Era di fatto un Imperatore Fantoccio, che non aveva nemmeno l’autonomia di nominare ministri e consiglieri. Il potere era infatti completamente nelle mani dei Giapponesi.

Negli 11 anni che seguirono la vita della popolazione del Manchukuo non fu semplice e gli occupanti nipponici si macchiarono di atrocità nei loro confronti. Tutto questo senza che Pu Yi potesse intervenire.

Puyi (a destra) e un ufficiale militare sovietico:

Lo Stato del Manchukuo continuò ad esistere fino all’agosto del 1945. Pochi giorni prima della resa giapponese, i russi dichiararono guerra al Giappone, invadendo la regione della Manciuria. Pu Yi tentò di fuggire verso Tokyo per arrendersi così agli americani, ma fu intercettato dai russi e fatto prigioniero.

La seconda moglie di Pu Yi Wenxiu:

Tra il 1945 e il 49, il sovrano, ormai deposto per la terza volta, visse in Russia, in uno stato di prigionia piuttosto confortevole, trattamento di favore che era dovuto ovviamente al suo prestigio come ex-imperatore cinese. Il 1949 però segnò una svolta nella vita di Pu Yi.

Mao Tse Tung ed il partito comunista cinese avevano vinto la guerra civile in Cina e con la Russia si accordò per il rimpatrio di Pu Yi. Il leader cinese aveva infatti compreso l’importanza del vecchio sovrano come strumento di propaganda del neonato regime comunista cinese.

Tan Yuling, concubina di Pu Yi:

Dopo essere stato consegnato ai cinesi nel 1950 e recluso nel “Campo di rieducazione per criminali di guerra di Fushun”, nel corso dei 9 anni successivi Pu Yi subì un vero e proprio lavaggio del cervello, che lo portò ad ammettere ogni tipo di colpa del sistema imperiale (anche il semplice fatto essere nato in una famiglia nobile era una colpa di cui fare ammenda), lodando il neonato regime comunista.

Nel 1959, dopo essere stato “rieducato”, Pu Yi venne scarcerato. Volutamente gli fu assegnato un lavoro di giardiniere all’interno della città proibita, che un tempo era la sua abitazione.

L’impatto propagandistico era immenso: l’ex imperatore della Cina, che un tempo era considerato al pari di un dio, ora era un uomo nuovo, umile, che si inchinava alla superiorità dello stato socialista. In pratica il vecchio sovrano legittimava il nuovo regime.

Pu Yi si risposò un’ultima volta nel 1962, con un’infermiera di nome Li Shuxian.

La loro unione durò pochi anni. il 17 ottobre 1967 infatti, l’ultimo Imperatore della Cina della dinastia Qing, si spense a Pechino per un cancro alla prostata.

Pu Yi nel 1967:

Dopo essere stato tumulato nel cimitero di Babaoshan a Pechino, i suoi resti furono poi traslati nel 1999 nel mausoleo della dinastia Qing. Con lui moriva l’ultimo imperatore cinese, e si chiudeva un’epopea cominciata oltre 2000 anni prima da una dinastia che portava (quasi) lo stesso nome: Qin, dalla quale deriva, appunto anche il nome della Cina.

Bibliografia:

“Sono Stato Imperatore” di Aisin Gioro Pu Yi – Ed. Bompiani

“Storia della Cina” di Mario Sabattini e Paolo Santangelo – Ed. Laterza

“Twilight in the Forbidden City” di Reginald Fleming Johnston – Ed. Xiaomina

“Empress Dowager Cixi – The Concubine who launched modern China” di Jung Chang – Ed Jonathan Cape London

“China’s Last Empire – The Great Qing” di William T. Rowe – Ed Belknap Harvard


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