Chi ha ascoltato i racconti del tempo di guerra dei genitori o dei nonni avrà sicuramente sentito nominare Pippo, l’aereo solitario che seminava terrore nei paesi e nelle campagne.
Non si sa chi lo abbia chiamato Pippo per la prima volta ma il nome si diffuse dappertutto. Pippo era l’aereo che, sempre in volo solitario e prevalentemente notturno, bombardava, mitragliava ed era temutissimo.

Già nel 1941 erano iniziate azioni di disturbo su aeroporti e porti del sud effettuate con aerei caccia Farey Fulmar e Hurricane, ma la vera operazione della RAF nominata “Night Intruder” iniziò alla fine del 1943 e dall’agosto 1944 venne svolta prevalentemente dagli statunitensi. Fu particolarmente attiva lungo la linea Gotica infiltrandosi oltre le linee nemiche e durò fino alla fine della guerra.
Gli scopi delle azioni notturne erano molteplici, originariamente di disturbo nei primi anni di guerra, divennero col tempo di bombardamento, di osservazione e di comunicazione, di consegna armi ai partigiani e ai paracadutisti alleati infiltrati dietro le linee nemiche. Le operazioni erano volte anche a creare insicurezza nel nemico e nella popolazione, anche quando le azioni non facevano parte dell’operazione Night Intruder, nell’immaginario comune erano sempre opera di “Pippo” se effettuate da un solo aereo.

Le squadre dei Night Intruder erano composte da più velivoli, ma questi si dividevano sulle varie destinazioni individuali e “Pippo” era sempre solitario nelle azioni che non erano destinate solo a città o paesi. Pippo batteva anche le campagne, solitamente ritenute più sicure.
Gli aerei utilizzati erano caccia notturni o cacciabombardieri leggeri o medi, non erano in grado di effettuare bombardamenti a tappeto, erano prevalentemente Bristol Beaufighter, o i velocissimi Mosquito che caricavano circa 1 tonnellata di bombe (vennero in seguito aumentate cambiando l’allestimento) e dotati di 4 mitragliatrici e 4 cannoncini, o gli americani Martin A-30A Baltimore, i Douglas Boston A-20 e i Northrop P61.

I bombardamenti erano mirati a piccoli obiettivi particolari, stazioni, scali ferroviari, ponti e radar. I piloti avevano un “target” specifico ma, che fosse stato raggiunto o meno, potevano colpire tutto quello che ritenevano potesse danneggiare il nemico, veniva lasciata ai piloti l’iniziativa di colpire qualunque fonte di luce e nessuna, seppur fioca, gli sfuggiva. Anche se le finestre erano oscurate bastava aprire la porta per entrare o uscire di casa e quel breve lampo di luce poteva risultare fatale.
Il carico di bombe doveva comunque essere sganciato prima del rientro, quindi tanto valeva utilizzarlo o scaricarlo nei campi. Pippo portava le famose bombe farfalla, che erano dei contenitori che si aprivano durante la discesa liberando bombe più piccole, che scendevano ruotando rallentate dalle alette e restavano inesplose a terra diventando in pratica mine antiuomo.
Moltissimi bambini e contadini morirono o restarono mutilati da questi terribili congegni

Erano in vigore il coprifuoco e l’oscuramento, e nelle case la gente usava piccole lampade schermate che spegnevano appena sentivano il motore di un aereo, restando al buio completo.

Le vittime civili furono molte. A Vesimo, sull’Appennino piacentino, ci fu l’attacco che causò il maggiore numero di vittime civili. Durante una festa vennero imprudentemente accese per ballare delle lanterne che divennero subito un bersaglio, 32 persone persero la vita e molte furono gravemente ferite.
La maggior parte delle vittime erano però singole persone sulle strade di campagna, persone in bicicletta che accendevano il fanale per orientarsi nel buio completo, carri con buoi o cavalli di contadini che tornavano a casa dai campi con una lanternina. Al primo rumore di motore aereo la gente si buttava nei fossi, ma non sempre riuscivano a scampare ai micidiali proiettili delle mitragliatrici.

Anche se nella maggior parte dei casi le azioni erano notturne sono documentate anche dei casi di attacchi diurni, preferiti dagli statunitensi, mentre gli inglesi prediligevano il volo notturno.
Probabilmente erano dei caccia in ricognizione, ma ormai l’ossessione per “Pippo” era tale che tutti gli aerei erano riconosciuti come lui
Mia madre era dell’idea che spesso i piloti, vedendo ragazze in bicicletta, si divertissero a scendere in volo radente e a mitragliare la strada, non per uccidere ma per farsi quattro risate, uno specie di scherzo nel vederle mollare le biciclette e buttarsi nei fossi uscendone bagnate e infangate. Non so se questa impressione fosse giustificata, comunque lei nei fossi ci finì un paio di volte.

Man mano che gli alleati avanzavano e la linea del fronte saliva verso nord venivano spostate le basi aeree di partenza e i viaggi di “Pippo”, o di quelli che venivano identificati con Pippo pur non essendolo, si facevano sempre più frequenti, diventando giornalieri.

Erano sempre più spesso operazioni di consegna di armi ai partigiani, di ricognizione e per fotografare i movimenti del nemico, oppure per comunicare con i paracadutisti in missione facendo da “ponte radio” per le trasmissioni. Spesso gli aerei avevano solo mitragliatrici e cannoncini e volavano a bassa quota per evitare la contraerea. Ai bombardamenti nelle città pensavano le fortezze volanti o i bombardieri pesanti. Per i Pippo non c’erano allarmi aerei, arrivavano improvvisamente e sparivano, era perfino difficile notare le livree, tanto che qualcuno aveva sparso la voce che fossero aerei tedeschi che volevano terrorizzare la popolazione e metterla contro gli alleati sempre più vicini. Ovviamente non era vero, ma è facile capire quanto divenne popolare questa storia.

Col tempo ci si abitua a tutto, anche alla guerra, e così, pur con la paura, ormai Pippo era diventato un appuntamento fisso, ai bambini si diceva “fai il bravo sennò arriva Pippo” o “appena è passato Pippo si va a nanna” forse anche per cercare di sdrammatizzare una situazione che nessuno di noi, che non ha vissuto la guerra, può lontanamente immaginare.