È chiamato il delitto dell’ermellino, ma anche “caso Bellentani”, dal nome dell’autrice di questo omicidio maturato nel bel mondo dell’aristocrazia italiana del secondo dopoguerra. Un delitto che pare un romanzo, figlio del cieco orgoglio di una donna umiliata e offesa.
La protagonista della storia è Pia Bellentani, nata col nome di Pia Caroselli nel 1916 a Sulmona, provincia dell’Aquila. Pia è l’ultima dei sei figli di Romeo e Maria Caroselli: è educata, credente, passionale, anche un po’ viziata, e fin da piccina sogna il principe azzurro tanto decantato nei romanzi che legge senza sosta. Ama la cultura e inizia anche a comporre delle piacevoli poesie, chiaramente d’amore.
La famiglia Caroselli ha guadagnato il suo posto nella medio borghesia della provincia abruzzese e avvalora questa posizione concedendosi quei privilegi che solo i ricchi possono permettersi, come le vacanze a Cortina d’Ampezzo. Pia ama andare in villeggiatura e quando ha 22 anni, durante un soggiorno nella località sciistica delle Dolomiti, si imbatte nel conte Lamberto Bellentani, uomo elegante e navigato (il nobile ha già 40 anni), imprenditore nel campo dei salumi, con un particolare complesso di Edipo che lo porta a ricercare la figura della madre prematuramente scomparsa nelle donne che incontra.
Il Bellentani nota la giovinetta e rimane folgorato dal suo sguardo intenso, quasi altero, e dai suoi capelli neri che gli ricordano molto quelli della madre. Chiede ad alcune conoscenze comuni come si chiama la giovane e resta più che turbato quando gli comunicano che la ragazza che tanto lo ha colpito si chiama Pia, lo stesso nome dell’amata mamma.
Il giorno seguente il nobiluomo torna all’Hotel Cristallo dove ha visto Pia, ma non riesce più a trovarla:
La ragazza è già partita
Qui entra in gioco il caso, puparo principale della vita. È trascorsa una settimana e il conte Bellentani si trova a Milano. Ha ancora in testa gli occhi azzurri e i capelli corvini di quella giovane che lo ha così rapito e parla di quell’incontro fugace a un amico banchiere. L’amico ascolta l’appassionato racconto del conte e il caso vuole che quella ragazza, Pia, sia sua nipote. Il conte Bellentani è al settimo cielo, grida al miracolo.
Si reca così negli Abruzzi e chiede la mano di Pia ai coniugi Caroselli. La fanciulla più che colpita da quell’uomo molto più grande di lei è affascinata da quella storia così romantica di cui è protagonista, una storia come ne aveva letto soltanto tra le pagine dei suoi romanzi rosa.
Il conte Bellentani e Pia si sposano il 15 luglio 1938: Pia diventa così la contessa Bellentani. I due nobili vanno a vivere in Emilia e poi, con l’ingresso in guerra dell’Italia, a Cernobbio, sul lago di Como. Danno alla luce due bambine: Flavia e Stefania.
Il ménage famigliare dei conti Bellentani comincia a diventare monotono e quell’aura fiabesca svanisce giorno dopo giorno. La contessa Pia è spesso sola in casa, ed ecco che cade tra le braccia di un altro uomo, che le dà quelle attenzioni che il marito non sa più riservarle.
È Carlo Sacchi, industriale della seta, amico di famiglia. I Bellentani e i Sacchi sono amici, le due famiglie si incontrano, cenano assieme, frequentano gli stessi ricevimenti. Carlo è sposato con Lilian Willinser, un’ex ballerina tedesca molto avanguardista e mentalmente aperta per quell’epoca, che non si lascia turbare dalle continue storielle del marito. Difatti Carlo Sacchi, nonostante abbia una moglie e tre figlie a carico, non disdegna di tuffarsi nelle misteriose e profumate lenzuola delle amanti che si susseguono sulla sua agendina da consumato latin lover.
Il romanzo di Pia Bellentani accoglie un nuovo intrigante capitolo, ma come spesso capita in una relazione, gli intenti dei soggetti coinvolti sono del tutto opposti: mentre Pia comincia a fantasticare su una fuga d’amore con l’amante, il Sacchi, un seduttore con baffetti, scriminatura e brillantina, è interessato soltanto a conquistare il cuore (aperto eufemismo) della ragazza, per poi allontanarsi e abbandonarla come ha fatto già con decine di altre ingenue fanciulle.
Pia tenta di far durare la storia più di quanto preventivato da Carlo Sacchi, che intanto ha già iniziato a frequentare un’altra giovane, Sandra Cozzi (o Guidi), detta Mimì.
Sotto, Carlo Sacchi:
L’uomo non nasconde le sue relazioni extraconiugali – d’altronde è la moglie Lilian la prima ad assecondare questa sua debolezza – anzi, nel caso dell’ultima fiamma, decide di inviare alle sei amanti del momento (sei; Pia più altre cinque) una lettera circolare, una sorta di e-mail di gruppo del metà Novecento, con la quale avvisa le donne che la loro storia è giunta al capolinea e che le sta lasciando per questo o quest’altro motivo. Quando Pia scopre la liasion del suo amato con Mimì, nel suo spirito si innesta il seme della gelosia.
Gli scrive lettere d’odio, lo minaccia, gli dice che vuole lasciarlo, poi ritorna sui suoi passi e sostiene di amarlo ancora. Una sera lo rincorre mentre Sacchi si trova alla guida della sua automobile e gli si butta addosso con una motoretta. L’uomo è furente quando vede i danni che la ex amante, a terra e ferita per l’impatto, ha procurato alla sua vettura e la appella con vari facili epiteti, dei quali terrona risulta quello più leggero.
Si arriva alla sera del 15 Settembre 1948. A Villa d’Este, sulle rive del Lago di Como, è in corso una sfilata di presentazione della moda autunno/inverno 1948-49. Invitato è tutto il mondo della moda e dell’aristocrazia italiana e non solo. I conti Bellentani e la famiglia Sacchi con al seguito Mimì, l’attuale amante di Carlo, sono invitati e per giunta sono seduti attorno allo stesso tavolo.
Sotto, l’industriale Bigi Taroni, Liliana Willinser moglie di Sacchi e Pia Bellentani:
La cena successiva alla sfilata di moda è seguita a sua volta dalle danze nel giardino della villa. Sono le 2.00. Lamberto Bellentani vorrebbe andar via, comincia a sentire un po’ la frescura dell’imminente autunno e chiede alla moglie di prendergli il golf nel guardaroba, ché è giunto il momento di ritornare a casa. La donna obbedisce, si reca al vestibolo e prende il golf. Ma non solo quello: Pia vede il soprabito del marito, dove l’uomo conserva la rivoltella che porta sempre dietro.
Prende la pistola e la occulta sotto la lunga stola di ermellino che porta sulle spalle
La musica dell’orchestra e il tintinnare dei flûtes di champagne cullano le ultime danze mentre la contessa ritorna nella sala. Vede Carlo Sacchi, da solo, appoggiato al bancone del piano-bar. Si dirige verso di lui: l’amante la squadra con sguardo beffardo mentre sorseggia un ultimo drink. Dai suoi occhi erompe tutta la pena e la derisione verso quella donna.
“Cosa vuoi ancora?” le chiede con arroganza, guardandola dall’alto verso il basso.
“Stavolta è finita, veramente finita” risponde la contessa.
“Cosa intendi?”
“Intendo dire che ti posso anche uccidere. Ho qui una pistola” prosegue risoluta la donna.
Il Sacchi la sbeffeggia: “Terrona. I soliti romanzi a fumetti, i soliti terroni spacconi. Possibile che non sappiate trovare mai niente di meglio, voi terroni?“.
Forse non fa a tempo a concludere la frase Sacchi che l’ex amante, esausta e ferita nell’orgoglio, estrae dalla stola di ermellino la pistola e spara. Un colpo secco, al petto. Carlo Sacchi la guarda, gli occhi si dilatano e cade a terra. È già morto quando la contessa Bellentani rivolge la rivoltella contro se stessa, fa per sparare ma il grilletto si inceppa:
Non ci sono più proiettili
“Non spara più! Datemene un’altra, non spara più” urla in preda all’isteria. Poi scoppia in lacrime.
Il caso ha un enorme impatto mediatico. La contessa Pia Bellentani viene arrestata subito e condotta al carcere di San Donnino a Como. Appare pentita, dice che il suo intento era quello di spararsi davanti all’uomo che l’aveva presa così in giro, ma che l’arroganza dimostrata dal Sacchi le aveva fatto perdere la testa. La perizia psichiatrica afferma che Pia ha un piccolo disturbo cerebrale, che diventa una semi-infermità mentale in una successiva analisi. Il 12 marzo 1952 l’omicida viene condannata con le attenuanti a dieci anni di galera. Ne sconterà soli sette, di cui tre in un manicomio criminale. In questo periodo Pia Bellentani incontra Leonarda Cianciulli, la celeberrima saponificatrice di Correggio: due donne diverse, una elegante, di buone maniere, colta, l’altra rozza, scaramantica e semi analfabeta, ma legate dallo stesso destino.
Sul finire del 1955 Pia Bellentani riceve la grazia dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Intanto il conte Bellentani, sempre vicino alla consorte durante il processo e la prigionia, è morto nella sua dimora di Montecarlo. La contessa Bellentani, l’assassina con l’ermellino, ritorna negli Abruzzi con le figlie e sparisce dai riflettori, per sempre.
La pistola calibro 9 con la quale la contessa ha sparato a Carlo Sacchi è oggi conservata al Museo Criminologico di Roma.