Peggy Guggenheim: l’ultima dogaressa di Venezia

È stata una delle donne più famose della seconda metà del Novecento. Mecenate, fine collezionista, sofisticata, anticonformista, spirito libero e donna di grande cultura tanto che a Venezia è rimasta nota come “l’ultima dogaressa”, il titolo attribuito alla consorte del doge.

Lei è Peggy Guggenheim.

Peggy Guggenheim, il cui vero nome è Marguerite, nasce a New York il 26 agosto 1898. I suoi genitori sono Benjamin Guggenheim e Florette Seligman. Il padre è il quinto figlio di Meyer Guggenheim, magnate minerario – argento, rame e piombo – di origini ebraiche, proveniente dalla Svizzera tedesca. Nel 1894 Benjamin sposa Florette Seligman, rampolla di una delle più importanti famiglie di banchieri della Grande Mela. La coppia dà alla luce tre figlie: la seconda è Marguerite.

Peggy Guggenheim (1937)

Foto da archivio familiari. Condivisa con licenza CC BY-SA 4.0 via Wikipedia

La vita dei Guggenheim sarà segnata improvvisamente il 15 aprile 1912 quando, Benjamin Guggenheim, da qualche tempo trasferitosi a Parigi, muore nel celeberrimo naufragio del Titanic, nelle acque dell’Oceano Atlantico.

Piccola curiosità: pare che il Guggenheim, nelle drammatiche ore precedenti l’inabissamento dell’“inaffondabile” transatlantico, mentre d’ognintorno si agitava la più variegata umanità, avesse deciso di indossare il suo abito migliore – un elegantissimo frac scuro – deciso a morire ma da gentiluomo. La vicenda ha ispirato una scena di “Titanic”, il film campione di incassi diretto da James Cameron. Il corpo di Benjamin Guggenheim non è mai stato ritrovato.

La piccola Peggy, tredicenne al momento della morte del padre, eredita una grossa somma e cresce con la mamma e le due sorelle finché nel 1921 non si reca in Europa decisa a prendere marito. Un anno dopo sposa Laurence Vail, un mediocre pittore dadaista; i due avranno due bambini: Sindbad e Pegeen, diventata poi una buona pittrice. La coppia si trasferisce a Parigi dove la donna stringe amicizia con molti scultori e scrittori come Constantin Brâncuși, Marcel Duchamp e Djuna Barnes.

In Europa trova sbocco la più grande passione di Peggy Guggenheim, quella per l’arte. Nel 1938, mentre nel Vecchio Continente cominciano a spirare i primi venti di guerra, Peggy è a Londra e nella capitale britannica apre la sua prima galleria d’arte, la Guggenheim Jeune, dedicata all’arte contemporanea. Ad aiutarla l’amico Duchamp. La prima personale è incentrata sulle opere del disegnatore francese Jean Cocteau, anche poeta e saggista. Successivamente, nella galleria londinese sita al numero 30 di Cork Street, espongono altri grandi nomi come Vasilij Kandinskij, Yves Tanguy, Rita Kernn-Larsen, Salvador Dalí e Pablo Picasso. Alla Guggenheim Jeune è in mostra la migliore avanguardia del tempo e così la sua proprietaria diventa una delle galleriste più conosciute e apprezzate del continente.

Wassily Kandinsky, 1913, Landscape with Red Spots No 2, oil on canvas, 117.5 x 140 cm

Fotografia di Wassily Kandinsky – Peggy Guggenheim Collection di Pubblico dominio via Wikipedia

Scoppia però la Seconda guerra mondiale e il sogno della grande galleria d’arte moderna e contemporanea va in frantumi sotto le bombe della Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca.

Peggy Guggenheim ripara prima a Parigi e poi a Marsiglia e Grenoble e frattanto acquista le sue prime opere con l’obiettivo di riuscire ad acquistare un quadro al giorno. La prima in assoluto è una scultura di Hans Arp, scultore francese, titolata “Testa e conchiglia”.

La Francia è però ormai occupata dalle milizie naziste e la donna è costretta a far ritorno a New York. Con lei lasciano l’Europa i due figli ormai grandicelli, il marito Laurence, col quale si è separata dal 1928, e Max Ernst, pittore surrealista che sposerà nel 1941.

Nella città natale nell’ottobre 1942 apre una nuova galleria: la Art of This Century, in cui espone la collezione di opere, dal cubismo al surrealismo, dal futurismo all’espressionismo, acquistate in quegli anni. La Art of This Century accoglie artisti come Clyfford Still, Robert de Niro Sr. e Jackson Pollock (che di fatto scopre, commissionandogli il grande “Murale” oggi conservato alla University of Iowa Stanley Museum of Art), diventando immediatamente uno dei centri di arte di avanguardia più stimolanti della metropoli.

Conscia del periodo specioso che sta traversando il mondo la Guggenheim afferma:

“Sono del tutto consapevole della responsabilità insita nell’aprire questa galleria e la collezione al pubblico, mentre le persone stanno combattendo per salvarsi e per la libertà. Questa iniziativa avrà assolto il suo compito solo se riuscirà ad essere d’aiuto al futuro e non a registrare il passato”.

Peggy Guggenheim Collection

Foto condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Cessata la guerra e il matrimonio con Ernst, la Guggenheim chiude la galleria newyorkese e ritorna nell’amata Europa. Nel 1948 è a Venezia e, dopo avere esposto la sua collezione alla XXIV edizione della Biennale, prende la decisione di acquistare il Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, un palazzo del Settecento di stile rinascimentale e barocco, non finito e abbandonato da un po’ a se stesso. La donna va a viverci e riqualifica lo stabile, aprendo presto la sua galleria dei sogni: la Peggy Guggenheim Collection.

Venezia diventa così la sua casa.

“Vivere a Venezia o semplicemente visitarla significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro”.

Il Peggy Guggenheim di Venezia apre le porte al pubblico nel 1951; intanto la sua artefice organizza mostre in giro per l’Europa, da Firenze ad Amsterdam, da Bruxelles a Stoccolma, ritornando nella Serenissima con nuovi quadri e sculture. Sono tanti gli artisti emergenti portati in alto dalla collezionista: Edmondo Bacci, Tancredi Parmeggiani, Emilio Vedova, Marina Apollonio e Kenzo Okada.

Peggy Guggenheim Collection

Foto di Joanbanjo condivisa con licenza Creative Commons CC BY-SA 3.0 via Wikipedia

Per il suo impegno nella valorizzazione dell’arte all’interno del palazzo, nel 1962 la città di Venezia decide di insignirla della cittadinanza onoraria. La Peggy Guggenheim Collection sarà donata negli anni settanta alla Fondazione Solomon R. Guggenheim, fondata nel 1937 dallo zio Solomon, fine filantropo, per promuovere la comprensione dell’arte e per la gestione di più musei nel mondo. In precedenza l’offerta era stata rifiutata dal Comune della città lagunare.

Non soltanto arte, tra le passioni maggiori della collezionista anche i cani e gli uomini. A parte i due mariti, secondo il suo biografo Anton Gill, la Guggenheim avrebbe dormito con oltre mille uomini nei suoi anni in Europa. Un nome su tutti quello del Nobel per la Letteratura 1969 Samuel Beckett.

È il 23 dicembre 1979 quando, all’età di ottantuno anni, Peggy Guggenheim, l’ultima dogaressa di Venezia, muore. Per sua espressa volontà è seppellita nel giardino del suo museo veneziano, accanto alla fossa in cui sono sepolti i tanti cani che ha avuto nel corso della sua vita.

La lapide sulla tomba di Peggy Guggenheim e dei suoi cani

Foto di Jens Kraglund (sleepytomcat) – Jens Kraglund (sleepytomcat) di Pubblico dominio via Wikipedia

Al Peggy Guggenheim Collection di Palazzo Venier dei Leoni, uno dei più importanti musei di arte moderna e contemporanea d’Italia e tra i più visitati (oltre 350 000 visitatori all’anno, addirittura l’undicesimo sito culturale più visitato della Penisola nel 2012), sono esposte opere di René Magritte, Pablo Picasso, Vasilij Kandinskij, Umberto Boccioni, Marc Chagall, Salvador Dalí e Jackson Pollock.

L’attuale direttore del museo è Karole Vail, nipote della grande mecenate.

Mi sono dedicata interamente alla mia collezione. Una collezione è impegnativa. Ma è quello che desideravo e ne ho fatto il lavoro di una vita. Io non sono una collezionista. Io sono un museo”.

Io sono un museo. Peggy Guggenheim, una vita per l’arte, una vita che è arte.

Antonio Pagliuso

Appassionato di viaggi, libri e cucina, si occupa di editoria e giornalismo. È vicepresidente di Glicine associazione e rivista, autore del noir "Gli occhi neri che non guardo più" e ideatore della rassegna culturale "Suicidi letterari".