Ospitalità mortale: la Cena Nera del 1440 e il massacro di Glencoe del 1692

1440, Edimburgo. Due giovani rampolli dell’aristocrazia scozzese banchettano al cospetto del giovane re Giacomo II. L’invito è opera dei reggenti del sovrano e deliziose pietanze accompagnano l’aria serena che alberga sulla cena. All’improvviso, dalla cucina giunge una nuova portata, una testa di toro nero. È il segnale: che il complotto abbia inizio.

1692, Glencoe. Il popolo delle Highlands dorme sonni tranquilli, ma, alle prime luci dell’alba del 13 febbraio, delle urla strazianti squarciano il silenzio mattiniero. Circa 120 soldati, di stanza nelle terre di Alastair Maclaine, sfoderano le spade e, a tradimento, si gettano contro i membri del clan che li ha ospitati. Ignari di tutto, uomini, donne e bambini sono vittime di una sentenza di morte emanata in gran segreto.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Negli ultimi anni, il tema dell’ospitalità mortale ha assunto una certa rilevanza grazie al fenomeno mondiale de Il trono di spade, e internet è ricco di informazioni inerenti a questo argomento fin dalla prima messa in onda di un particolare episodio del serial statunitense. Il titolo originale è Le piogge di Castamere, ma è divenuto celebre come “la puntata delle nozze rosse”. Pare che George R. R. Martin, l’autore de Le cronache del ghiaccio e del fuoco, saga fantasy poi trasposta per il piccolo schermo, abbia preso ispirazione da due macabri episodi della storia scozzese, dove le leggi dell’ospitalità furono meschinamente sovvertite.

La cena nera

Giacomo II di Scozia nacque a Edimburgo il 16 ottobre del 1430. Era il figlio di Giacomo I e di Joan Beaufort e suo padre fu assassinato quando aveva solo sei anni. Troppo giovane per regnare, fu incoronato il 25 marzo di quell’anno e posto sotto la reggenza di Archibald Douglas, V conte di Douglas. All’epoca, la Scozia era alle prese con una serie di faide interne fra i clan più importanti che, anche illecitamente, cercavano di acquisire maggiori poteri a discapito della corona. La giovane età di Giacomo fu alla base dell’inasprimento della lotta e la situazione peggiorò notevolmente con la morte di Archibald. La corte era carente di membri di spicco a cui affidare il ruolo e si procedette a una sorta di spartizione dell’incarico.

Giacomo II di Scozia, ritratto postumo

A partire dal 1439, William Crichton, Alexander Livingston e James Douglas, membro secondario del clan omonimo, guidarono la reggenza e, in particolare, Livingston si rivelò fra i più pericolosi e avidi: il 3 agosto del 1439 mise agli arresti domiciliari la regina Joan Beaufort e il nuovo marito, Sir John Stewart, e li rilasciò solo il 4 settembre, dopo aver ottenuto da Joan una rinuncia formale alla dote di mantenimento di suo figlio e alla custodia del giovane re. Così facendo ebbe il controllo completo sulla corona e poté sfruttare a pieno il pretesto della minore età di Giacomo.

Tali premesse posero le basi per l’evento tristemente noto come “la cena nera”

Giacomo I di Scozia con la sua consorte Joan Beaufort, regina di Scozia. L’uomo porta lo stemma della Scozia sul suo tabarro e tiene in mano una spada e uno scettro, mentre lei ha lo stemma dell’Inghilterra ricamato nei suoi vestiti, e tiene in mano uno scettro e un cardo – Immagine di pubblico dominio

Non è ben chiaro di chi fu l’effettiva responsabilità dell’episodio, ma è ipotizzabile che gli artefici principali furono Crichton, Livingston e James Douglas, colui che trasse maggiori benefici. Nel novembre del 1440, gli eredi di Archibald Douglas, il sedicenne William, VI conte di Douglas, e il dodicenne David, furono invitati al castello di Edimburgo per un banchetto in presenza di Re Giacomo. Mentre la cena procedeva, a un certo punto fu servita agli ospiti una testa di toro nero che, stando al folklore scozzese, simboleggiava la morte. I due fratelli furono arrestati, accusati di alto tradimento e decapitati nel cortile della dimora regale nonostante le proteste in lacrime di Giacomo. L’esito dell’agguato fu un successo soprattutto per James Douglas, che ereditò i titoli nobiliari e le terre di William e divenne il VII conte di Douglas.

La vicenda ebbe notevoli ripercussioni. Negli anni successivi il clan Douglas con a capo il nuovo leader, James, accrebbe sempre di più la sua influenza sulla corte e si rivelò un temibile rivale per la legittima rivendicazione al trono di Giacomo che, raggiunta la maggior età nel 1449, dovette lottare per liberarsi dell’influenza di coloro che avevano governato in sua vece. Inizialmente riuscì a sbarazzarsi di Livingston: vendicò l’affronto dell’arresto della madre e, in parte, l’omicidio di William e David in cui era stato suo malgrado coinvolto.

Nel 1452 restituì il favore anche al clan Douglas: convocò nel castello di Stirling il successore di James, William Douglas, VIII conte di Douglas, e l’incontro si rivelò un pretesto per accusarlo di cospirazione. Infatti, Giacomo era a conoscenza di un accordo segreto che il nobile aveva stretto con altri due membri di spicco della società scozzese: John McDonald, conte di Ross e signore delle isole, e Alexander Lindsay, conte di Crawford. La loro alleanza rappresentava una gravissima minaccia per la monarchia, e quando Giacomo chiese loro di ripudiare il patto William rifiutò.

Il sovrano, allora, estrasse il pugnale e giustiziò a sangue freddo il traditore

L’episodio servì non solo a riparare il danno del brutale omicidio degli eredi di Archibald Douglas, ma segnò una svolta decisiva nella sua personale battaglia per sbarazzarsi dei nuovi Douglas. L’epilogo venne raggiunto nel 1455, quando il parlamento scozzese, a seguito di un’aspra guerra civile, dichiarò decaduto il titolo nobiliare dei Douglas e annesse i loro possedimenti alla corona. Fatta eccezione per l’omicidio del rivale, Giacomo II fu generalmente ricordato come un monarca ben voluto da tutti e attento alle esigenze del popolo.

Il massacro di Glencoe

A circa duecentocinquanta anni dalla cena nera, le vaste terre scozzesi furono nuovamente testimoni di una violazione delle leggi dell’ospitalità, ma l’episodio del XVII secolo registrò un ribaltamento dei ruoli. Se in passato la corte di Giacomo II aveva cospirato per tendere un agguato ai suoi ignari invitati, a Glencoe gli artefici del delitto furono proprio coloro accolti nelle terre di Alastair Maclaine, membro di spicco dell’illustre clan McDonald.

Negli ultimi anni del Seicento l’isola Britannica fu teatro di una serie di sconvolgimenti politici e sul trono sedeva Giacomo II Stuart. Era un monarca mal visto dal popolo e dalla corte per le sue manie di assolutismo, la costante abitudine a scavalcare l’autorità del parlamento e un’ingiustificabile tolleranza religiosa verso il cattolicesimo a discapito dell’anglicanesimo. In Inghilterra c’era aria di crisi e il malcontento generale spinse i nobili a offrire a Guglielmo III d’Orange l’opportunità di regnare insieme a Maria II Stuart, sua consorte e figlia di Giacomo.

Nel 1688 ebbe inizio la cosiddetta Gloriosa Rivoluzione: Giacomo II fu deposto e Guglielmo III d’Inghilterra salì ufficialmente al trono, ma non tutti accolsero con favore l’avvicendamento monarchico. I sostenitori di Giacomo, detti giacobiti, insorsero per restaurarne il potere e diedero il via a una serie di sanguinosi eventi. Fra loro vi erano anche alcuni clan scozzesi, che consideravano illegale l’intromissione del parlamento inglese nella successione monarchica. Combatterono in nome del loro legittimo sovrano, ma la rivolta fu un completo insuccesso. La disfatta definitiva dei giacobiti scozzesi ebbe luogo il 1° maggio del 1690, nella battaglia di Cromdale. Ormai saldamente al trono, Guglielmo aveva la necessità di scongiurare un eventuale ritorno di fiamma dei moti contro di lui e il 27 agosto del 1691 concesse la grazia a tutti i clan delle Highlands, a patto che gli giurassero fedeltà al cospetto di un magistrato entro e non oltre il 1° gennaio del 1692.

Un eventuale rifiuto equivaleva a una condanna a morte

Agli inizi di ottobre, i capiclan chiesero formalmente a Giacomo il permesso di acconsentire alla richiesta di Guglielmo. Non potendo preparare alcuna invasione entro la scadenza dell’offerta, l’ex monarca diede il suo benestare. Alastair Maclaine, appartenente al clan MacDonald di Glencoe, partì il 30 dicembre del 1691 per prestare giuramento al governatore della regione, Sir John Hill. Tuttavia, questi asserì di non essere autorizzato ad accogliere la richiesta, perciò lo mandò a Inveraray con una lettera di raccomandazione da consegnare allo sceriffo locale, Sir Colin Campbell. La missiva era la testimonianza che Alastair, pur non avendo ancora dichiarato la sua lealtà a Guglielmo, era giunto a lui con quell’intenzione prima della data di scadenza. Sir Campbell amministrò il giuramento il 6 gennaio e Maclaine tornò nelle sue terre convinto di essersi garantito l’amicizia del nuovo sovrano. Egli non sapeva, però, che quel ritardo nel prestare giuramento di fedeltà sarebbe stato preso come una scusa per uno degli episodi più cruenti della storia di Scozia.

In teoria, il tragico evento di sangue che ebbe luogo nelle Highlands doveva servire da monito per chiunque decidesse di rompere gli accordi e tornare ad avvallare le pretese di Giacomo, ma non tutti i capiclan scozzesi accettarono di prostrarsi alla corona o giurarono entro i termini concordati. Nei fatti, Alastair Maclaine e il suo clan dei McDonald furono gli unici a subire una rappresaglia. Le fonti storiche sono incerte e non è facile individuare con esattezza le dinamiche che portarono all’ideazione del complotto. L’unico colpevole di cui si annovera il coinvolgimento è il segretario di stato scozzese John Dalrymple, I conte di Stair, il quale, fedele suddito di Guglielmo, si suppone abbia promosso l’agguato ai Maclaine proprio con il benestare del monarca. D’altro canto, i MacDonald erano un clan dotato di una certa rilevanza politica e non è da escludere che molti altri membri della corte inglese desiderassero la loro decimazione.

Alla fine di gennaio del 1692, un reggimento di fanteria di circa 120 soldati fu inviato nelle proprietà dei MacDonald, a Glencoe, insieme al loro comandante, Robert Campbell di Glenlyon. L’incarico formale era quello di riscuotere il tributo della Cess Tax, istituita dal parlamento scozzese nel 1690, e il clan ospitò le milizie. Alcuni elementi lasciano presupporre che, prima del suo arrivo nella dimora di Alastair, Campbell non fosse a conoscenza dei piani o, addirittura, che la corte vide la presenza dei soldati come il pretesto ideale per approfittare della situazione. Il 12 febbraio 1692 giunse nelle Highlands il capitano Thomas Drummond con un ordine scritto e firmato dal tenente-colonnello Duncanson.

“Con la presente vi si ordina di catturare i ribelli, i MacDonald di Glencoe, e di passare a fil di spada tutti coloro sotto i settant’anni. Abbiate particolare attenzione affinché la vecchia volpe e i figli non sfuggano per nessun motivo alle vostre mani, assicuratevi che nessun uomo scappi dalle strade. Quest’ordine dovrà essere eseguito alle cinque del mattino, poco dopo cercherò di essere da voi con dei rinforzi. Se non sarò arrivato per quell’ora, eseguite gli ordini senza di me. Quest’ordine speciale è per il Re, per il bene e la sicurezza del paese, affinché a questi miscredenti vengano tagliate radici e rami. […]”.

A supporto della tesi che il comandante Robert Campbell fosse realmente all’oscuro di tutto vi è questo breve passo della lettera, che, oltre a esortarlo a non farsi scrupoli, sembra mettere in dubbio la completa affidabilità del destinatario.

“Fate in modo che quest’ordine sia eseguito senza faida o favore, altrimenti potreste aspettarvi di esser trattato né come un fedele al re, né al governo, né un uomo adatto a portar commissione al servizio del re. […]”.

Alle prime luci dell’alba del 13 febbraio, Campbell impartì l’ordine di dare inizio al massacro, perpetrato in tre diversi insediamenti lungo la vallata di Glencoe. Alastair, il bersaglio principale, fu brutalmente ucciso mentre era intento ad alzarsi dal letto; sua moglie e i figli, invece, riuscirono miracolosamente a scampare all’agguato. Molti altri membri del clan furono barbaramente passati a fil di spada, ma il numero totale delle vittime, compreso fra i 30 e i 38 morti, fu nettamente inferiore alle aspettative. I rinforzi di Duncanson giunsero troppo tardi e non poterono intercettare coloro che si diedero alla macchia; inoltre, si registrarono numerose defezioni dei soldati che, contrari ad assolvere un ordine disumano, avvertirono le vittime o scelsero la via dell’insubordinazione.

La devastazione delle terre di Glencoe e delle proprietà del clan portò alla morte per fame e stenti altre 40 persone circa

La croce eretta a Glencoe in memoria di McIan, capo dei MacDonalds massacrati nel 1692, a cura della discendente Ellen Burns MacDonald nel 1883. Fotografia di andy condivisa con licenza CC BY-SA 2.0 via Wikipedia

La notizia dell’accaduto si diffuse rapidamente e destò grande scandalo nella società dell’epoca: gli ospiti avevano pugnalato alle spalle coloro che li avevano accolti in casa propria; avevano ucciso a sangue freddo uomini, donne e bambini e saccheggiato e bruciato intere dimore. L’evento ebbe delle ripercussioni e fu avviato un processo giudiziario per omicidio a tradimento, in virtù del mancato rispetto delle leggi dell’ospitalità.

I soldati e i capitani che avevano perpetrato il massacro furono giudicati colpevoli con la seguente motivazione:

A dispetto dell’ordine diretto dei propri superiori, non è ammesso alcun ordine militare che possa essere contrario alla legge di natura. Cosicché un soldato dovrebbe rifiutarsi di eseguire qualsiasi atto di barbarie come uccidere un uomo inerme, né tale ordine datogli potrebbe esimerlo da una giusta condanna.

Alla fine l’unico accusato fu John Dalrymple, conte di Stair, ma, poiché l’ordine vedeva coinvolto lo stesso Guglielmo, non fu mai chiamato a rispondere della congiura. Negli anni successivi, i sopravvissuti al massacro chiesero invano un risarcimento, per poi prender parte ai nuovi moti giacobiti del 1715 e del 1745.

Le conseguenze culturali del massacro non si esaurirono con la morte di Guglielmo III, avvenuta nel 1702, ma proseguirono e si intensificarono, quando la storia della Scozia fu riscoperta dopo un periodo di oscurantismo inglese. Nel 1883 fu eretta una croce da parte di Ellen Burns MacDonald, erede delle vittime, e dal 1930 si svolge una commemorazione annuale del massacro da parte del “Clan McDonald Society”, discendenti di quegli innocenti uccisi ormai 330 anni fa.

Dipinto di Peter Graham – Dopo il massacro di Glencoe – Immagine di pubblico dominio
Nicola Ianuale

Laureato in Lettere Moderne all'Università degli studi di Salerno. Sono uno scrittore e un grande appassionato di letteratura, cinema e storia. Ho pubblicato un romanzo di narrativa, “Lo scrittore solitario”, e un saggio, “Woody Allen: un sadico commediografo”, entrambi acquistabili su Amazon. Gestisco la pagina Instagram @lo_scrittore_solitario_ dove pubblico post, curiosità su film e libri e ogni giorno carico un quiz sulla letteratura.