“Orfani del Titanic”: l’incredibile storia dei 2 Fratellini sopravvissuti soli al Naufragio

Molto più commovente della storia d’amore raccontata nel film Titanic, questa è la straordinaria esperienza di due fratellini sopravvissuti al naufragio del transatlantico, conosciuti come gli “orfani del Titanic”, gli unici bambini che si siano salvati senza avere al fianco un genitore o un tutore.

Sotto, il video racconto dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Michel Navratil, un sarto di origine slovacca che viveva in Francia, si era imbarcato con i due figli Michel Marcel (12 giugno 1908-30 gennaio 2001) ed Edmond (1910-1953). I bambini erano stati sottratti alla custodia della madre, così l’uomo assunse il falso nome di Louis M. Hoffman, mentre i figli furono registrati come Lolo e Momon. Durante il viaggio come passeggeri di 2° classe, papà Navratil fece credere di essere vedovo, dimostrandosi un genitore attento e amorevole.

Gli orfani del Titanic 1

Dopo la collisione con un iceberg, avvenuta alle ore 23.40 del 14 aprile 1912, l’ultima scialuppa di salvataggio ad essere calata fu la “D”, alle 2.05 del 15 Aprile. Mentre rimanevano ancora 1500 persone a bordo, solo 47 passeggeri potevano sperare di salvarsi salendo sulla “D”. A quel punto, i marinai del Titanic fecero imbarcare solo donne e bambini e Navratil, compiendo l’ultimo gesto d’amore per i suoi figli, riuscì a calarli nella scialuppa.

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Michel, che all’epoca non aveva ancora quattro anni, in seguito raccontò che al momento del distacco il padre gli disse: “Figlio mio, quando vostra madre verrà a prendervi, come sicuramente farà, dille che l’ho amata veramente, e ancora la amo. Dille che mi aspettavo che lei ci raggiungesse, affinché noi tutti potessimo vivere felicemente insieme nella pace e nella libertà del Nuovo Mondo.”

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Navratil morì nel naufragio, il suo corpo fu recuperato e poi sepolto nel cimitero ebraico (a causa del cognome falso da lui assunto) di Halifax, in Canada. I bambini furono salvati dalla nave Carpathia, issati a bordo con dei sacchi di iuta. Essendo così piccoli, e non parlando inglese, i fratellini non erano in grado di farsi identificare, così vennero indicati come “gli orfani del Titanic”. Margaret Hays, una passeggera di lingua francese, si prese cura di loro fino a quando la madre non li riconobbe grazie ad articoli e fotografie pubblicati sulla stampa.

Il 16 maggio 1912 la mamma e i bambini si riabbracciarono a New York, e tornarono in Francia a bordo della Oceanic

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Nonostante fosse così piccolo, Michel conservava nitidi ricordi del Titanic: “Una magnifica nave…! Ricordo di aver guardato lo scafo per tutta la sua lunghezza – la nave sembrava splendida. Mio fratello e io giocammo sul ponte di prua ed eravamo entusiasti di essere lì. Una mattina, mio padre, mio fratello e io stavamo mangiando uova nella sala da pranzo di seconda classe. Il mare era sensazionale. La mia sensazione era di un totale e assoluto benessere.”

Sul naufragio ha commentato: “Non ricordo di aver avuto paura, mi ricordo il piacere, in realtà, di andare -Plop!- nella scialuppa di salvataggio. Siamo finiti accanto alla figlia di un banchiere americano che è riuscita a salvare il suo cane, per il quale nessuno obiettò. C’erano grandi differenze economiche fra le persone a bordo della nave, e mi resi conto in seguito che, se non fossimo stati in seconda classe, saremmo morti. Le persone che sono sopravvissute spesso ci sono riuscite con l’inganno e l’aggressività. Gli onesti non avevano possibilità di farcela”.

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Michel è tornato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1987, in occasione del 75° anniversario del naufragio, e nel 1996 ha partecipato, insieme ad altri sopravvissuti, a un viaggio sul luogo dell’affondamento del Titanic. Prima di rientrare in Francia ha visitato, per la prima volta, la tomba del padre, in Canada.

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Immagine via Wikipedia per Giusto Uso

Il fratello minore Edmond morì a soli 43 anni, mentre Michel raggiunse i 92 anni di età, e fu l’ultimo passeggero superstite maschio del Titanic.

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.