Obblighi Reali: quando le Regine dovevano partorire in pubblico

10 giugno 1688, St. James Palace a Londra: Maria Beatrice d’Este – moglie dI Giacomo II Stuart, re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda – inizia prematuramente ad avere le doglie, un mese prima della data prevista.

Mary of Modena (Maria Beatrice d’Este) moglie di Giacomo II Stuart

Nella stanza dove la regina sta per partorire sono presenti qualcosa come 70/ 80 persone, praticamente una folla: tutti testimoni della nascita, senza trucco e senza inganno, del possibile erede al trono, se il neonato fosse stato un maschio. Il pupo, a dispetto della nascita anticipata, è proprio un maschio in buona salute – James Francis Edward Stuart – ed è certamente stato partorito dalla regina, come sottolinea il padre:

Non è mai nato alcun principe dove c’erano così tante persone presenti

Eppure, nonostante quella precauzione in uso all’epoca e comunque fortemente voluta dal padre, il bambino viene considerato un sostituto, introdotto nella stanza in uno scaldaletto, scambiato con il vero erede nato morto. Non conta nemmeno la testimonianza dell’ostetrico Hugh Chamberlen, arrivato in verità un poco dopo la nascita del bambino, ma comunque certo che “una simile cosa, come portare un bambino estraneo in uno scaldaletto, non potrebbe essere avvenuta senza che io me ne accorgessi”.

Mary of Modena con il figlio Giacomo

Eppure, le voci sul presunto scambio si rincorrono a corte, fino a quando vengono date per certe, e per un buon motivo: la nascita del piccolo Giacomo spariglia le carte della successione al trono, e pochi tra i nobili e il clero della Chiesa d’Inghilterra hanno intenzione di correre il rischio che quel bambino, figlio di genitori entrambi cattolici, diventi Re.

Giacomo II si era convertito segretamente al cattolicesimo prima di salire al trono e di proposito aveva cercato, dopo la morte della prima moglie, una degna consorte della sua stessa fede. La scelta era caduta su Maria Beatrice d’Este (poi conosciuta in Inghilterra come Mary of Modena), che all’epoca delle nozze aveva appena quindici anni, mentre il marito andava per i quaranta.

La fanciulla, già pronta a farsi suora, in un primo tempo non acconsente alla richiesta, ma cambia idea quando il Papa in persona la convince che quelle nozze sono necessarie per il bene della chiesa cattolica. Insomma, Maria Beatrice si sacrifica, e forse rimpiange la scelta quando si trova davanti al marito, sposato per procura a Modena nel 1673: il futuro re, all’epoca ancora Duca di York, non solo è più vecchio di lei di venticinque anni, ma porta sul viso i segni evidenti del vaiolo e soffre di balbuzie. La ragazza al primo incontro scoppia in lacrime, e neppure in seguito deve avere avuto vita facile per l’ostilità della Corte, che la considera una “figlia del papa”, oltre che per i continui e ripetuti tradimenti del marito, e per la morte di tutti i cinque figli nati tra il 1675 e il 1682.

Il decesso dei possibili eredi al trono rincuora invece la nobiltà britannica, in particolare quando Giacomo, nel 1685, sale al trono: in fondo, alla sua morte, sarebbe diventata regina la figlia di primo letto Mary, convita seguace della Chiesa d’Inghilterra.

Quando viene annunciata una nuova gravidanza della regina consorte, che ha già 29 anni ed è quindi considerata ormai non più in grado di concepire un figlio, la Corte inglese va in fibrillazione: la nascita di un maschio avrebbe escluso la benvoluta Mary e portato sul trono un sovrano educato nella religione cattolica. Proprio Mary, con il marito Guglielmo d’Orange, fomentano le voci sullo scambio di neonati al momento del parto di Beatrice d’Este. Insomma, tutta quella folla che aveva assistito alla nascita dell’erede al trono non era servita a niente: non più riconosciuti come sovrani, Giacomo II, la moglie e il principe di pochi mesi riescono fortunosamente a riparare in Francia, mentre vengono incoronati, a pari titolo – cosa mal digerita dalla nobiltà inglese – la principessa Mary e l’olandese Guglielmo d’Orange.

La Regina Mary II e Guglielmo d’Orange

Partorire in pubblico non è certo una novità per le povere regine di svariati paesi: lo aveva già fatto, secoli prima, Costanza d’Altavilla, madre di Federico II, e lo faranno ancora per molto tempo altre sovrane o consorti reali.

Difficile immaginare l’imbarazzo della riservatissima Maria Teresa d’Asburgo, moglie quasi invisibile del fin troppo sfolgorante Luigi XIV, il Re Sole, quando al momento del suo primo parto, il 1° novembre 1661, le riparate stanze del palazzo dove era già da giorni confinata in attesa del lieto evento, si affollano di nobili – donne e uomini – pronti a testimoniare che la regina ha dato alla luce un bambino o una bambina: il motivo è sempre lo stesso, ovvero impedire la sostituzione di un neonato morto con uno vivo, o di una femmina con un maschio.

Maria Teresa d’Asburgo

Maria Teresa, incurante dei testimoni, urla nella sua lingua madre, lo spagnolo,

Non voglio partorire, voglio morire

Invece, dopo dodici ore di travaglio, finalmente nasce il Delfino di Francia, Luigi, unico ad arrivare all’età adulta tra i sei figli della coppia reale. Subito dopo il lieto evento inizia il tam-tam che dalla stanza della regina attraversa tutto il palazzo per annunciare l’arrivo di un figlio maschio: gli uomini della corte lanciano per aria i loro cappelli, mentre sarebbero rimasti con le braccia incrociate sul petto se fosse nata una femmina.

Maria Teresa consegnata a suo marito, Luigi XIV, sull’isola dei Fagiani.

E’ costretta a sottoporsi alla stessa trafila anche l’orgogliosissima e altezzosa Maria Antonietta, “l’Austriaca” moglie di Luigi XVI, invisa praticamente a tutta la Corte francese che, come d’obbligo, assiste al parto della regina.

Maria Antonietta a quattordici anni

D’altronde l’evento, nel caso della chiacchieratissima coppia reale, viste le premesse è veramente straordinario:

Il matrimonio viene consumato solo a distanza di sette anni dalla celebrazione e, pare, non senza difficoltà

Quel 19 dicembre 1778, il palazzo di Versailles è gremito all’inverosimile, e molti riescono a infiltrarsi nelle stanze più prossime a quella dove Maria Antonietta è in travaglio. Quando alla fine nasce la piccola Maria Teresa Carlotta tutti esultano, malgrado si tratti di una femmina e non del sospirato maschio. Nella confusione generale, sono in pochi ad accorgersi che la regina è svenuta: “La pressione della gente, il caldo e la mancanza di aria fresca nelle stanze, le cui finestre erano state sigillate per mesi contro il freddo invernale, erano troppo per lei dopo le dodici ore di travaglio” (Maria Antonietta. La solitudine di una regina, di Antonia Fraser).

Maria Antonietta alla corte di Francia

Maria Teresa Carlotta sarà l’unica della famiglia reale a sopravvivere alla Rivoluzione Francese: dei quattro figli di Luigi e Maria Antonietta, due moriranno di tubercolosi nell’infanzia, mentre l’erede al trono – Luigi XVII – fin dalla nascita considerato “illegittimo” almeno da una parte della nobiltà (si diceva fosse figlio di un amante della regina, vittima da sempre di maldicenze e falsità) finirà i suoi giorni a soli 10 anni, nella Torre del Tempio, dove era rinchiuso in condizioni disumane.

Luigi XVI

Al contrario di quanto si potrebbe pensare, l’obbligo di partorire in pubblico quando si trattava di eredi al trono non è decaduto se non in tempi relativamente recenti.

Se in Austria già la madre della povera Maria Antonietta – l’imperatrice Maria Teresa – aveva posto fine a quel dovere, in Gran Bretagna le cose sono andate molto diversamente: la regina Vittoria, pur pretendendo che nella stanza del parto fossero presenti solo il marito, il medico e qualche donna per assisterla, non ha potuto impedire che i ministri del governo assistessero dalle stanze vicine, allungando lo sguardo attraverso una successione di porte una in fila all’altra.

La Regina Vittoria e il Principe Alberto con i loro nove figli

Addirittura ancora nel 1948, quando viene alla luce il primogenito di Elisabetta II, l’attuale principe di Galles, Carlo, “il ministro dell’interno doveva essere presente per la nascita degli eredi diretti al trono”, come afferma la storica Carolyn Harris.

Elisabetta II nel 1953

Perché, come recita un noto proverbio, “fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”, anche quando si tratta di re e regine, e ancora il test del DNA era ben al di là da venire…

Annalisa Lo Monaco

Lettrice compulsiva e blogger “per caso”: ho iniziato a scrivere di fatti che da sempre mi appassionano quasi per scommessa, per trasmettere una sana curiosità verso tempi, luoghi, persone e vicende lontane (e non) che possono avere molto da insegnare.