Nzinga Mbandi: l’indomita Regina Angolana che fermò i Coloni Portoghesi

Quando, nel XVI secolo, i commercianti portoghesi di schiavi allargarono il loro raggio di azione dal settentrione del continente, al Congo e all’Africa sud-occidentale a seguito della concorrenza franco-inglese, non avrebbero potuto certo prevedere che la più ostinata resistenza sarebbe provenuta da una donna, divenuta poi un temuto, ma rispettato, avversario politico.

Nzinga di Ndongo e Matamba, nota anche come Nzinga Mbandi, Anna Nzinga e Rainha Ginga, nata nel 1583, era la figlia del sovrano di Ndongo, un regno dei popoli Mbundu, nell’odierna Angola.

Sotto, litografia di François Villain conservata alla New York Public Library:

La storia narra che Nzinga fu così chiamata per via del cordone ombelicale materno avvolto intorno al collo alla nascita – il termine Mbundu per “torsione” è infatti “ kujinga” , un’ortografia alternativa di “Nzinga” – circostanza che si credeva destinata ad accompagnare un bambino dal destino eccezionale, caratterizzato dall’innata attitudine al comando.

Il re, Ngola Kiluanji, educò sia Nzinga sia il fratello Ngola Mbandi in modo liberale, consentendo a entrambi di assisterlo nel governo del paese, anche a livello difensivo. Da anni infatti il regno doveva far fronte alle incursioni dei portoghesi, che tentavano di infiltrarsi nel territorio. I giovani principi, conseguentemente, crebbero entrambi consapevoli delle mire e delle implicazioni della colonizzazione portoghese, la cui economia dipendeva in larga misura dalla manodopera schiavile.

Secondo lo storico Joseph C. Miller, dell’Università del Wisconsin-Madison, le prime attestazioni storiche della regina angolana risalgono al 1622, quando giunse a Luanda come emissario del fratello, all’epoca al governo, per difendere la causa dell’indipendenza del suo paese.

Sotto, illustrazione di Pat Masioni per UNESCO, condivisa con licenza CC BY 3.0 e disponibile nel fumetto completo presso il sito ufficiale.

Morto il padre, infatti, il nuovo erede al trono, Mbandi, si era ribellato ai Portoghesi nel 1618, ma era stato sconfitto dalle armate del governatore Luís Mendes de Vasconcelos, che aveva giustiziato tutti i nobili fedeli al casato regnante, imponendo ai vinti un pesante tributo di schiavi.

Durante la sua visita, Nzinga si convertì al cristianesimo e fu battezzata come Ana de Souza, un evento che l’avrebbe poi favorita nei suoi successivi negoziati con i portoghesi, con i quali raggiunse un accordo, i cui termini però furono ben presto disattesi.

Ngola Mbandi si tolse la vita per la vergogna della sconfitta e dell’umiliazione subita e Nzinga assunse il governo del paese come reggente a nome del nipote Kaza, che scomparve però rapidamente dalla scena politica, probabilmente eliminato su ordine della zia.

Da allora in poi, si era nel 1624, Nzinga si riferirà a se stessa solo ed esclusivamente come “regina ” e non più come “signora ” dei suoi territori

Il regno di Mbundu nel XVII secolo era caratterizzato dalla frammentazione interna in tanti piccoli gruppi politici, ciascuno con un proprio leader, per cui raggiungere stabilmente il potere per Nzinga non era affatto scontato. Le tradizioni di Mbundu, inoltre, non contemplavano la possibilità che una donna regnasse sul paese. Inizialmente, inoltre, i portoghesi non la riconobbero come legittima sovrana, diffondendo la falsa voce che in qualche modo fosse implicata nella morte di suo fratello.

Nzinga non si perse affatto d’animo

Non solo offrì asilo agli schiavi in fuga dai territori portoghesi, ma cercò sostegno alla sua candidatura ricorrendo all’alleanza con i guerrieri Imbangala, noti per la ferocia in battaglia e per la struttura interna al proprio assetto amministrativo, che riconosceva anche alle donne il ruolo di leader militari.

Per ragioni probabilmente di convenienza politica, Nzinga decise di sposare un capo Imbangala

Saldamente raggiunto il potere grazie all’alleanza matrimoniale, la regina iniziò a trattare di nuovo con i portoghesi. Per qualche tempo sembrò forse aver ottenuto tutto ciò che desiderava, il potere ed una temporanea tranquillità per il suo paese ma, come spesso accade, il destino decise a quel punto di rimescolare le carte e Nzinga si ritrovò ripudiata dal marito, privata del suo fondamentale appoggio militare.

La sua sorte sembrava a quel punto segnata: aveva ormai 46 anni ed era rimasta priva di alleati, con l’esercito portoghese che premeva ai confini. Decise allora di tentare un’ultima mossa disperata, dirigendosi a Matamba.

Illustrazione del 1657 che mostra Nzinga che tratta con alcuni ambasciatori portoghesi:

Pur se devastato dalle incursioni dei portoghesi e delle altre tribù confinanti, l’antico regno Mbundu di Matamba solo un secolo prima aveva conosciuto una straordinaria fioritura culturale, grazie al saggio governo di una dinastia tutta al femminile. Il dominio di Matamba era poi stato ceduto dagli abitanti dapprima al padre di Nzinga, Ngola Kiluanji, e poi a suo figlio, nella speranza che i suoi confini potessero essere meglio protetti.

Dopo la morte del padre e del fratello di Nzinga, il regno era precipitato nel caos, e le varie incursioni nemiche avevano provocato un vuoto politico, che Nzinga era ora pronta a colmare, sfruttando la tradizionale propensione locale ad accettare il governo di una donna.

Divenuta regina di Matamba alla fine degli anni Trenta dei Seicento, Nzinga cercò di stipulare nuove alleanze per conferire stabilità al suo governo. L’Africa era all’epoca contesa tra diverse potenze coloniali europee, tra cui l’Olanda. Nel 1641 la regina firmò un trattato di alleanza con gli olandesi contro i portoghesi, sconfiggendo questi ultimi a Ngoleme, nel 1644. In quell’occasione portoghesi, per ritorsione, uccisero una sorellastra di Nzinga, affogandola.

Sotto, illustrazione di Pat Mansioni per UNESCO, condivisa con licenza CC BY 3.0 e disponibile nel fumetto completo presso il sito ufficiale.

Per molti anni la sovrana consolidò il suo potere rafforzando l’esercito, impegnato a contrastare l’accesso portoghese alle rotte commerciali degli schiavi in ​​Matamba.

La fama di brillante stratega politica e militare di Nzinga varcò il continente al punto che nella sua “La Filosofia nel Boudoir” parlò di lei persino il marchese de Sade, favoleggiando di un presunto harem di Nzinga, i cui amanti sarebbero stati puntualmente uccisi dopo aver consumato un incontro amoroso con la regina.

Naturalmente, non esistono attestazioni storiche dell’adozione di questa pratica da parte della sovrana e, con ogni probabilità, il dettaglio riportato dal divino marchese ha invece molto più a che fare con la tendenza della cultura europea del Settecento all’esotismo ed al suo associare ad alcuni popoli lontani ed “esotici” un’insaziabile voracità sessuale.

E d’altronde, se il comportamento della sovrana fosse stato davvero scandaloso, la propaganda portoghese lo avrebbe senz’altro strumentalizzato a fini politici contro di lei, come fu per la “Leggenda Nera” Spagnola.

Un dato storico è invece che nel 1657, all’età di 74 anni, Nzinga, ormai stanca e in là negli anni, dopo aver combattuto per decenni il colonialismo lusitano, firmò un trattato di pace con i portoghesi, dedicando ogni sforzo alla ricostruzione economica del suo paese.

Sotto, la Timeline della Storia dell’Angola con riferimento alla figura della Regina Nzinga:

Fu solo dopo la sua morte, nel 1663, che i portoghesi, ormai privi della sua valorosa opposizione, poterono accelerare l’occupazione coloniale del territorio appartenuto alla fiera regina e far prosperare il commercio degli schiavi.

Dal 1671 Ndongo divenne definitivamente parte dell’Angola Portoghese

Alla coraggiosa sovrana, poco nota fino al XX secolo, è stato finalmente restituito il giusto valore storico.

Lo spirito di Rainha Ginga non è morto; serve come fonte di ispirazione e di orgoglio a un popolo e ai suoi leader che affrontano nuove sfide e nuove opportunità“, ha scritto Don Burness, professore presso a Franklin Pierce University di Rindge del New Hampshire, negli Stati Uniti.

Nell’Angola, ora indipendente, a Nzinga è stata dedicata una statua nella città di Luanda, un piccolo tributo ad una delle prime figure storiche che hanno combattuto per la libertà del paese africano dal tormentato passato, fatto di violenza e di sfruttamento, del quale è bello ricordare anche l’episodio delle Amazzoni del Dahomey. Ricordato per il suo acume politico e diplomatico, il suo personaggio è stato spesso rivisitato in chiave romantica, come un simbolo della lotta contro l’oppressione.

Immagine condivisa via Wikimedia Commons – licenza CC BY-SA 2.0

Oggi le donne dell’Angola scelgono spesso di sposarsi presso la sua statua di giovedì o di venerdì, e la Banca Nazionale del paese le ha dedicato il conio di una serie di monete commemorative.

Il film prodotto in Angola dal titolo, Nzinga, Queen of Angola, del 2013, l’ha infine definitivamente consacrata come una sorta di icona delle nuove generazioni.

Giovanna Potenza

Giovanna Potenza è una dottoressa di ricerca specializzata in Bioetica. Ha due lauree con lode, è autrice della monografia “Bioetica di inizio vita in Gran Bretagna” (Edizioni Accademiche Italiane, 2018) e ha vinto numerosi premi di narrativa. È uno spirito curioso del mondo che ama viaggiare e scrivere e che legge avidamente libri che riguardino il Rinascimento, l’Età Vittoriana, l’Arte e l’Antiquariato. Ha una casa ricca di oggetti antichi e di collezioni insolite, tra cui quella di fums up e di bambole d’epoca “Armand Marseille”.