Si dice che nessuno possa scampare all’ira di una madre reduce dalla perdita di un figlio. Ebbene, neppure il più grande sovrano del VI secolo a.C. fu immune a questa regola.
Dopo aver sottomesso, con un abile mossa politica, i Babilonesi, Ciro il Grande, re di Persia, prese una decisione destinata a scuotere la politica del Medio Oriente antico: muovere guerra ai Massageti. Essi erano un ricco popolo nomade, situato nell’immensa pianura a est del Mar Caspio, vicino all’ormai quasi scomparso lago d’Aral. Combattevano a cavallo con arco e frecce, vivevano in comunità, condividevano le stesse donne, immolavano gli anziani affinché non morissero di malattia, e praticavano un cannibalismo rituale.
Sotto, l’impero Achemenide ai tempi di Ciro il Grande:
Ciro aveva un’altissima considerazione di sé. Era convinto di essere superiore agli uomini, ed era galvanizzato dai suoi successi militari. Erodoto ci dice: “dove Ciro portava la guerra era impossibile che quel popolo scampasse”.
Ciro il Grande immaginato in un disegno artistico:
La regina dei Massageti era Tomiri. Da poco diventata vedova, ricevette una proposta di matrimonio da parte del re persiano. Ella, consapevole che egli non voleva lei, bensì il suo regno, lo rifiutò. L’ambizioso sovrano passò, allora, al piano B:
Dichiarare guerra
Mobilitò l’esercito e iniziò a posizionare ponti e imbarcazioni sul fiume Arasse, l’unica barriera naturale che lo separava dalle terre che agognava, per far passare i suoi. Durante la messa in operala regina mandò un messo alla sua corte per riferirgli che se smaniava così tanto da misurarsi col suo popolo allora poteva smettere di provare a passare il fiume e decidere: combattere sul territorio massageta, e in tal caso l’esercito della regina si sarebbe allontanato per tre giorni di marcia; o combattere in territorio persiano, nel qual caso i persiani sarebbero dovuti allontanarsi dal fiume.
Tomiri immaginata dal Castagno, dipinto del XV secolo:
Ciro convocò i suoi consiglieri, i quali furono d’accordo a combattere in territorio persiano; solo uno di essi, l’ex re di Lidia, Creso, principale consigliere di Ciro, propose un’alternativa, introducendola con quella che potrebbe sembrare una previsione di ciò che sarebbe accaduto, e non soltanto un avvertimento espresso con l’intenzione di attirare l’attenzione del re: “Se tu credi di essere immortale e di comandare a truppe immortali non c’è affatto bisogno che io ti manifesti il mio pensiero; ma se ti rendi conto di essere un uomo e di comandare ad altri uomini, riconosci anzitutto che la sorte umana è una ruota che gira e che non permette che le medesime persone siano sempre felici”.
Creso immaginato da Claude Vignon, 1629:
Parole, queste, di un uomo estremamente saggio, sulle quali, Ciro, avrebbe dovuto meditare con più attenzione prima di iniziare quella guerra. A ogni modo il piano di Creso era frutto del seguente ragionamento: accogliere i nemici in patria comporterebbe, in caso di sconfitta, un vantaggio alla loro avanzata, e una difficoltà in più per i difensori; mentre la vittoria implicherebbe l’ottenimento di un’insignificante successo (l’Impero si sarebbe ritrovato al punto di partenza, a dover oltrepassare il fiume, e fronteggiare un esercito riorganizzato). Più vantaggioso potrebbe essere, invece, prendere quanto più terreno possibile e tendere una trappola: i Massageti non godevano dei vizi persiani, e non erano avvezzi ai loro grandi festeggiamenti. La proposta era, dunque, di preparare un gigantesco banchetto, con carne e vino, nel proprio campo, posto in territorio nemico, e lasciar lì solo alcune truppe, mentre il grosso dell’armata sarebbe arretrato. I nemici, vedendo quell’abbondanza, non si sarebbero certo fatti intimorire da qualche soldato e avrebbero attaccato, lasciando al grosso dell’esercito una facile vittoria sui soldati massageti stanchi e ubriachi.
Ciro accettò il consiglio e lasciò ritirare le truppe nemiche. Passò il fiume, e mise in atto le disposizioni di Creso. Un terzo dell’esercito Massageta arrivò, sopraffacendo i pochi persiani rimasti all’accampamento, e iniziarono i festeggiamenti. Tutto andò come previsto, e i massageti vennero prontamente travolti dalla forza persiana. Molti furono fatti prigionieri, e tra questi c’era Spargapise, il figlio della regina Tomiri. Informata di ciò che accadde, ella subito un araldo a Ciro col seguente messaggio: “guardati, o Ciro dall’accenderti di orgoglio per quello che hai fatto…. Ti darò un buon consiglio. Restituiscimi mio figlio, ed esci, nonostante l’oltraggio inflitto ad un terzo dell’esercito dei Massageti, impunito da questa terra. Ché se non farai ciò, ti giuro per il Sole, sovrano dei Massageti, che sazierò io la tua sete inestinguibile di sangue”.
Il re lo ignorò
Intanto il figlio della regina, quando gli fu passata l’ubriachezza, rendendosi conto della situazione in cui si trovava, pregò Ciro di scioglierlo dalle catene.
Accontentato, si suicidò
La notizia giunse alle orecchie di Tomiri, la quale, sopraffatta dall’ira, non fece attendere la sua controffensiva. Raccolse le sue forze e attaccò. Fu una battaglia epocale, cruenta e sfiancante. Nugoli di frecce oscurarono il cielo; i fendenti delle spade e gli affondi delle lance colorarono la terra di rosso; le urla e i lamenti dei soldati spezzarono la quiete di quelle pianure. A lungo la battaglia rimase in una situazione di stallo, ma alla fine i Massageti ebbero la meglio. Gran parte dell’esercito nemico cadde sul campo. Tra i morti c’era anche Ciro. Era il 529 a.C.
Sotto, la regina Tomiri immerge la testa di Ciro in un secchio di sangue, dipinto di Rubens del 1622-23:
Secondo Erodoto, Tomiri riempì un otre di sangue umano e vi immerse la testa del re persiano, aggiungendo le seguenti parole: “Tu hai ucciso mio figlio a tradimento e mi hai, benché viva e vincitrice, distrutta. Ma io compirò la mia minaccia, saziandoti di sangue”.
La regina aveva protetto il suo regno, il suo popolo, e, finalmente, vendicato la morte di suo figlio
Fonti: Storie – Libro I, Erodoto.