Elisabeth Cochran Seaman (1864-1922): non è un nome molto conosciuto, forse è più noto lo pseudonimo con cui firmava i suoi articoli giornalistici, Nellie Bly.
Divenne famosa in tutto il mondo nel 1890, quando partì per conto del suo giornale, il New York World, per il giro del mondo: voleva trasformare in realtà il racconto di Giulio Verne (Il giro del mondo in 80 giorni). Cochran impiegò solo 72 giorni per compiere l’impresa, viaggiando quasi sempre da sola, cosa piuttosto insolita per una donna dell’epoca.
Foto pubblicata dal New York World per promuovere il viaggio di Nellie Bly
Tuttavia, prima di questa avventura, Elisabeth aveva già dimostrato di essere una donna con le idee chiare, disposta a rischiare di persona per ciò in cui credeva.
Quando aveva solo 23 anni divenne una delle giornaliste più conosciute degli Stati Uniti, grazie ad un’impresa forse più pericolosa del giro del mondo: si fece ricoverare per dieci giorni in un manicomio, quando questi altro non erano che l’anticamera dell’inferno.
In quel periodo Nellie Bly era piuttosto delusa dal suo ruolo di giornalista per la “pagina femminile” del Pittsburgh Dispatch; si annoiava a scrivere di moda o spettacoli teatrali dopo aver realizzato dei report investigativi sulle condizioni di vita delle donne nelle fabbriche, ed essere stata una scomoda corrispondente dal Messico, quando i giornalisti non erano ben visti dal dittatore Porfirio Diaz.
Nellie Bly a 21 anni, mentre soggiornava in Messico come corrispondente del Pittsburgh Dispatch
Si trasferì a New York, alla ricerca di un lavoro più appagante, approdando al New York World, giornale diretto nientemeno che da Joseph Pulitzer. Quasi immediatamente le fu affidato quell’incarico così particolare e pericoloso: doveva fingersi pazza, per essere ricoverata al Lunatic Asylum (simile al vicino Rockland Psychiatric Center). Durante il suo soggiorno doveva investigare sulle presunte negligenze, le brutalità e i soprusi, perpetrati sulle ammalate, a patto di essere “salvata” dopo dieci giorni di permanenza.
Il Women’s Lunatic Asylum di Blackwell
Il Women’s Lunatic Asylum, sull’isola di Blackwell (New York), aveva una triste fama per il trattamento riservato alle pazienti. Nessuno mai aveva però avuto il coraggio di intraprendere un’inchiesta sulle condizioni delle malate mentali, e sugli abusi che queste subivano.
Elisabeth si esercitò davanti allo specchio per imparare a fingere espressioni sconvolte, poi, una sera, in una pensione, inscenò un comportamento da folle, che richiese l’intervento della polizia. Davanti al giudice finse un’amnesia, e fu richiesta la consulenza medica di famosi psichiatri. Tutti la ritennero pazza. Il caso fu riportato anche da quotidiani come il New York Times e New York Sun, che si chiedevano chi fosse la bella ragazza con “uno sguardo selvaggio negli occhi” che piangeva disperatamente dicendo solo “non ricordo, non ricordo”.
Nellie Bly esaminata da uno psichiatra
Nellie Bly invece si adoperava per scoprire gli orrori del manicomio femminile: il cibo era immangiabile (brodo fatto con carne marcia e pane secco), e l’edificio invaso dai ratti; le pazienti considerate pericolose erano legate con corde, mentre le altre dovevano stare sedute su dure panchine, con abiti leggeri, per tutto il giorno, senza muoversi né parlare. L’acqua del bagno era fredda, mentre una delle più frequenti forme di tortura era quella di gettare secchi di acqua ghiacciata sulla testa delle ammalate. Inoltre gli infermieri si accanivano sulle donne urlando loro in continuazione, e le vittime venivano abitualmente percosse e talvolta sottoposte anche ad abusi sessuali.
Quando Bly iniziò a parlare con le altre pazienti, si rese conto che alcune di loro non erano affatto pazze, ma solo donne povere ed emarginate, rifiutate dalla famiglia e dalla società. In seguito scrisse che il trattamento riservato alle “malate” avrebbe reso, in due mesi, “un relitto mentale e fisico” qualsiasi persona sana.
Dopo 10 giorni, Nellie fu tirata fuori dal manicomio, e la sua inchiesta portò alla pubblicazione di un libro “Ten days in a Mad-House”.
Gli articoli pubblicati sul New York World, e il libro che ne scaturì, destarono grande sensazione, tanto che fu istituita una “grande giuria”, per indagare proprio sulle condizioni di vita a Blackwell.
Nellie Bly ottenne un grande risultato: grazie alla sua inchiesta furono aumentati i fondi per i disabili mentali e venne instaurata una procedura in grado di far ricoverare solo le persone realmente ammalate.
In seguito, Nellie Bly tornò ad essere Elisabeth Cochran: a 31 anni, dopo il matrimonio, lasciò il giornalismo. Quando però rimase vedova tornò al suo primo amore, e nel 1914 divenne corrispondente di guerra per “The Evening Journal” dal fronte russo e serbo.
Nellie Bly negli ultimi anni di vita
Il suo impegno maggiore rimase comunque quello a favore dei diritti della donna, tanto che tenne un discorso durante la “Parata per il suffragio femminile”, che si svolse a Washington nel 1913. “Le Suffragette sono superiori agli uomini” era il significativo titolo scelto da Elisabeth, che previde come il voto alle donne non sarebbe stato approvato negli Stati Uniti prima del 1920.
Morì nel 1922, a 57 anni: Nellie Bly, una giornalista che in un’esistenza relativamente breve riuscì a cambiare, in qualche modo, la vita di molte donne senza voce.
Sotto, il trailer di “Escaping the Madhouse: The Nellie Bly Story”: