Nawal al-Sa’dawi: le battaglie della Prima Femminista del mondo Arabo

Nawal al Saadawi era nata il 27 ottobre 1931 a Kafr Tahla, un villaggio a nord del Cairo. Definita la Simone de Beauvoir del mondo arabo, Nawal lottò per tutta la vita per i diritti delle donne, definendosi socialista femminista e non comunista perché Marx non le piaceva, ma non era la politica quanto tutte le religioni, interpretate dagli uomini, a relegare da sempre la donna.

La famiglia era benestante nonostante i 9 figli, il padre era un funzionario governativo piuttosto progressista, grande oppositore di Re Farouk e dell’occupazione inglese, la madre Zaynab una donna forte che avrebbe voluto studiare musica, ma venne ritirata da scuola per farla sposare. Entrambi i genitori erano affettuosi e sostenitori della libertà individuale, eppure a 6 anni Nawal subì la mutilazione genitale, quella infibulazione che ancor oggi affligge milioni di bambine in tutto il mondo.

Nawal scrisse che era stesa nel bagno di casa con 4 donne che le tenevano braccia e gambe aperte, “mi avevano tagliato qualcosa fra le cosce”, un trauma che restò il primo pensiero della sua battaglia.

Una giovanissima Nawal appena laureata

La terrificante tradizione della mutilazione femminile è pre islamica e in alcuni paesi musulmani, come l’Iran per esempio, non è mai stata praticata mentre è invece diffusissima in Africa, anche fra i cristiani copti, e il 98% delle donne somale e più del 90% delle donne egiziane l’hanno subita spesso nella forma peggiore, la mutilazione “faraonica” (che noi chiamiamo infibulazione) che prevede il taglio del clitoride, delle piccole e grandi labbra e la cucitura della vulva che viene riaperta dallo sposo dopo il matrimonio. Molte mummie egiziane la presentano, dimostrazione della diffusione da tempi antichissimi prima dell’arrivo dell’Islam.

Nawal era religiosa ma ribelle, e scriveva ad Allah ponendogli domande, ad esempio perché la nascita di un maschietto venisse festeggiata da tutto il villaggio mentre quella di una femmina passasse nel silenzio più assoluto, o perché le neonate venissero spesso sotterrate come raccontavano gli anziani, o perché venissero mutilate.

“Il mio dubbio riguardava ebraismo, cristianesimo e islam, fin da quando ero alle scuole elementari con le mie amiche leggevamo i tre libri sacri, l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento e il Corano. Sebbene fossimo giovanissime, quei libri non ci convincevano, sentivamo che lì le donne venivano disprezzate”.

A soli 10 anni Nawal si oppose al matrimonio combinato. Voleva continuare gli studi e finì per essere guardata con astio nel suo villaggio per il suo rifiuto della tradizione. Solo la madre la sosteneva e, non potendolo esprimere apertamente, le sussurrava parole di incoraggiamento all’orecchio.

Nawal voleva fermamente diventare medico e scrittrice, e alla fine il padre cedette e Shatra, ovvero intelligente, come veniva chiamata in famiglia, fu iscritta alla scuola media al Cairo, poi alle superiori in collegio a Helwan e infine all’Università di Giza, dove si laureò in medicina nel 1955 con il massimo dei voti, specializzandosi poi in psichiatria.

Già alle superiori Nawal aveva cominciato a organizzare spettacoli con il suo Teatro delle Libertà, a scrivere e a partecipare, unica donna in mezzo agli uomini, a manifestazioni politiche. Dopo la laurea iniziò ad esercitare nel villaggio natale, affrontando i risvolti psicologici delle violenze fisiche sulle donne e delle mutilazioni, parlando di aborto e di sessualità femminile, ma presto venne richiamata al Cairo e assunta all’Università. Nei suoi libri racconta che spesso le venivano portate delle ragazze che avevano appena trascorso con il marito la prima notte di matrimonio. Se queste non avevano perso sangue erano sospettate di non esser vergini, ma lei mentiva, rassicurava gli uomini sulla loro verginità per  salvar loro la vita.

Nel 1955 sposò il suo primo marito, il medico Ahmed Helmi, dal quale ebbe una figlia, e in seguito un altro medico, Rashad Bey, ma entrambi i matrimoni finirono col divorzio perché i mariti volevano imporle di smettere di scrivere ed esercitare, sostenendo che le sue idee danneggiavano la loro carriera.

Nel 1958 Nawal venne assunta al Ministero della Sanità Pubblica Egiziano, diventando nel 1966 direttrice del reparto di Educazione Sanitaria, ma le sue idee e i suoi scritti erano motivo di scandalo. Nel 1969 pubblicò il libro “Donne e sesso” dove denunciava la mutilazione femminile, il rapporto fra onore e verginità, la discriminazione della donna. Il libro venne censurato e le costò il posto di lavoro al Ministero nel 1972.

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Nawal non mollò, continuò a scrivere, nel 1964 aveva sposato il suo terzo marito Sherif Hetata, un medico conosciuto al ministero che era stato imprigionato per le sue idee politiche e che appoggiava la lotta per la libertà femminile. Da lui ebbe un figlio. Il suo giornale medico “Salute”, fondato nel 1968, venne chiuso a causa delle idee progressiste che venivano pubblicate negli articoli. Nawal perse anche il posto di segretario dell’Associazione Medica, dal 1973 al 1976 fu ricercatrice alla facoltà di Medicina dall’Università Ayn Shams del Cairo e affrontò il problema delle nevrosi femminili.

Nel 1975 pubblicò “Firdaus, storia di una donna egiziana” una prostituta condannata a morte per aver ucciso un uomo violento che la schiavizzava, e nel 1977 “La faccia nascosta di Eva” dove raccontava, fra l’altro, i dettagli della sua mutilazione. Dal 1979 al 1980 fu consulente dell’ONU per il programma delle donne in Africa e Medio Oriente.

A causa delle sue prese di posizione contro Anwar al-Sadat, presidente egiziano. nel 1981 Nawal venne arrestata e rimase in carcere due mesi fino a quando Sadat stesso non fu assassinato. Privata di carta e penna, in cella scrisse su un rotolo di carta igienica con la matita Kajal “Memorie dalla prigione femminile” e poco dopo la liberazione, nel 1982, fondò l’Associazione di Solidarietà delle Donne Arabe, che fu dichiarata fuori legge e chiusa dal governo nel 1991.

Nawal rientrò in carcere per alcuni mesi, e nel 1992 fu inserita nella “Lista nera” dai fondamentalisti islamici. Ricercata e con la minaccia di una condanna a morte scappò in Olanda e poi negli Stati Uniti, dove il marito tradusse i suoi libri. Con la pubblicazione degli scritti raggiunse una fama mondiale, ottenne una cattedra alla Duke University di Durham (Carolina del nord) e fu invitata a conferenze nelle più prestigiose università americane

La coppia rientrò in Egitto nel 1996, ma le cose non erano cambiate. Nawal venne più volte accusata di apostasia ed eresia. Nel 2002 andò a processo e vinse la causa contro un avvocato islamico che voleva imporle il divorzio in quanto aveva abbandonato l’Islam. Nel 2007 venne denunciata dall’Università Al Azhar per apostasia per il suo libro “Dio si dimette dall’incontro al vertice” (insieme a sua figlia Mona). Il tribunale le dette ragione, ma il libro fu accolto malissimo in Egitto e si fece anche un tentativo di farle perdere la nazionalità egiziana.

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Nawal fu co-fondatrice dell’Associazione Araba per i Diritti Umani e ricevette innumerevoli premi in occidente per la sua opera. L’attivista era polemica contro le giovani donne islamiche, delusa dal loro atteggiamento indifferente nei confronti delle battaglie che lei e altre avevano portato avanti e che consentivano loro di godere di libertà prima impensabili. Ma i suoi attacchi non si limitavano al fronte interno.

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Sosteneva che se il velo islamico era segno di oppressione, l’esposizione del corpo femminile in occidente lo era altrettanto e criticava il trucco eccessivo, l’abbigliamento ridotto delle donne, la chirurgia estetica. Tutti artifici che lei vedeva come fatti a beneficio degli uomini, quindi islam e mondo occidentale rappresentavano due facce della stessa medaglia: donne trattate come oggetti sessuali, il che scatenava le femministe occidentali che consideravano la libertà di abbigliamento come una conquista.

Dal 2008 in Egitto la mutilazione genitale femminile è diventata reato punibile col carcere o con una pena pecuniaria, anche se la postilla “salvo necessità medica” permette ancora di trovare una scappatoia. Per quanto nelle città la percentuale di bambine mutilate sia scesa nelle campagne continua a essere parte della realtà quotidiana, e nel 2014 il 92% delle donne fra i 15 e i 49 anni l’aveva subita. Nello stesso anno l’età minima per il matrimonio è stata portata a 18 anni, e le donne single possono riconoscere i figli col proprio cognome.

Nel mondo islamico la strada della parità è ancora lunga, ma Nawal al-Sa’dawi ha raggiunto importanti obiettivi, anche se molti suoi libri sono tuttora spesso banditi in Egitto e nei paesi islamici. Nel 2010 divorziò dal terzo marito, e gli ultimi anni li visse in un piccolo appartamento al Cairo afflitta dai problemi economici. Per tutta una serie di ragioni aveva difficoltà ad incassare i diritti dei suoi circa 50 libri tradotti in quasi tutto il mondo.

Nawal sulla copertina del Time nel 1981

Nel 2011, a ormai 80 anni, era in piazza Tahrir a manifestare con le femministe islamiche, e nel 2020 la rivista Time l’ha inserita nella classifica delle 100 donne più importanti del ‘900. Nawal morì il 21 marzo 2021 in ospedale al Cairo dopo una breve malattia. Un giorno disse: “Il pericolo ha fatto parte della mia vita fin da quando ho impugnato una penna e ho scritto. Niente è più pericoloso della verità in un mondo che mente”.


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