Navigatio Sancti Brendani: l’avventura di un uomo che non scoprì l’America, ma ebbe comunque una vita esemplare

Un audace protagonista, una notizia inaspettata, un viaggio per mare, avventure, mostri, uomini mirabili e l’agognata meta. Questa e tanto altro è la storia di un abate irlandese e dei suoi compagni, la Navigatio Sancti Brendani. Una storia, apparsa nel VIII-IX secolo, destinata ad avere una grande influenza sul mondo medievale, copiata e ricopiata almeno 120 volte nel corso dei secoli, fino al Quattrocento; un viaggio straordinario, secondo alcuni la scoperta da parte di un europeo dell’America, ma soprattutto una vita esemplare, vissuta sotto il segno della fede in Dio e in Gesù Cristo.

Già in passato si pensava che Brandano fosse arrivato in America prima di Colombo, come attesta John Smith nel suo libro sulla storia della Virginia, anche se questo può benissimo essere letto, seguendo la linea già tracciata da Richard Hakluyt, come un altro tentativo (o un risultato di esso) di legittimare la fondazione inglese di una colonia in Nord America. Tuttavia, piuttosto che di una scoperta, di un viaggio realmente intrapreso, in cui si possono trovare anche vaghi riferimenti a luoghi reali (Faroer, Islanda e Artico), questo testo, carico di collegamenti intertestuali (di cui qui si darà solo un assaggio), narra una vita esemplare, cristiana, insegnamenti, totale fede in Dio e prodigi.

Non c’è alcuna intenzione di mostrare luoghi reali (al massimo c’è un eco di una qualche passata conoscenza). Le ambientazioni sono legate a prove e miracoli del Cristo. Era come se Dio fosse più presente in quel luogo desertico, l’Oceano, che in altre località; ed è proprio per questo che i monaci altomedievali sceglievano luoghi solitari e remoti; ed era proprio nei luoghi più remoti che si recavano le persone più Sante. La “Navigazione” andrebbe vista come un pellegrinaggio, che mette alla prova la fede di Brandano e dei suoi. Solo alla fine dei sette anni di viaggio raggiungeranno la terra promessa dei Santi. Solo quando ne saranno degni. E’ una prova di fede, scandita dalla numerologia cristiana, in particolare dai numeri tre e quaranta (che ricorrono molto spesso), non un viaggio reale.

Un tempo, viveva in Irlanda un abate, Brendanus. Già dal nome cogliamo una sorta di dicotomia o commistione tra elemento cristiano e irlandese. Branadano, o Brendanus in latino, si potrebbe far derivare da Bran (mac Febail), mitologico viaggiatore irlandese, visitatore di meravigliose terre fantastiche. Brandano è un cristiano, un santo e un abate, moderato e virtuoso, la cui sua ascendenza è legata a una divinità irlandese, Lug, associata ai viaggiatori. Cristianesimo e mitologia irlandese si uniscono nella figura di questo personaggio, tra l’altro realmente esistito, nel V secolo, periodo in cui l’isola, un luogo duro, favorevole alla vita ascetica e all’avvicinamento a Dio e Cristo tramite privazioni, era investita da una forte ondata monastica.

San Brandano e la balena-isola:

Dopo una breve introduzione, il nostro eroe incontra un suo collega, Barinto, a sua volta protagonista di un viaggio verso luoghi meravigliosi posti nell’Oceano Atlantico e portatore del “Verbo di Dio”. Tempo prima un altro monaco era partito, formando una congrega su un’isola a tre giorni di viaggio (chiaro riferimento alla numerologia cristiana) dall’Irlanda: l’Isola delle Delizie, dove ricevette addirittura la grazia divina. Avvertito da Dio dell’arrivo di Barinto, il monaco e gli altri fedeli, come “api” ispirate dalle tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità  Nuovo Testamento – Prima lettera ai Corinzi 13,13) andarono incontro al nuovo arrivato. Anche l’ape ha un suo ruolo nel cristianesimo, in quanto animale piccolo e debole, ma laborioso, umile e capace di creare una delizia, il miele; inoltre, le api sanno anche trarre forza dalla vita organizzata di gruppo.

Dopo aver visitato l’isola, il monaco propose a Barinto di prendere una barca e andare alla “Terra Promessa dei Santi”, rifugio per gli eletti al momento della fine dei tempi. Una grande isola sempre soleggiata, protetta da una fitta nebbia, erbosa, provvista d’ogni genere di frutto, ma nella quale non si aveva bisogno di bere o mangiare, ricca di gemme (si riteneva che le pietre preziose fossero portatrici di virtù), immutata dall’inizio dei tempi. Insomma, abbiamo un’isola paradisiaca cui non tutti possono accedere. Non così diversa da altre isole mitologiche (le Fortunate o Tír na nÓg, una sorta di isola della giovinezza della mitologia irlandese). Al centro dell’isola scorreva un fiume, al di là del quale apparirà una figura splendente, un inviato di Dio, che definirà quell’isola come la terra data da Dio ai suoi Santi; è inaccessibile agli altri uomini, in quanto peccatori.

Quella terra era illuminata dal Cristo. Gesù era la luce su quell’isola (rimanda a Matteo 4:13-16, dove Gesù è luce che illumina il posto in cui si trova; altrove vi sono le tenebre, il peccato. In Matteo 17:1,2 avrà una metamorfosi in vera e propria luce. In Luca è “luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”, ecc.). Superare le tenebre, la fitta nebbia che impedisce di vedere in lontananza, e arrivare a un luogo per eletti illuminato dal Cristo testimoniava l’altezza, il valore del viaggiatore: la sua santità. Non tutti potevano godere di quella luce e di quel posto miracoloso. Non tutti potevano aspirare alla Salvezza.

Il viaggio di San Brandano di Edward Reginald Frampton, 1908:

I due fedeli vennero bloccati, non potevano proseguire oltre, così tornarono indietro, navigando sino all’Isola delle Delizie. Il monaco era stato sull’isola dei Santi anche in precedenza, ma mai per tanto tempo (rimaneva quasi quaranta giorni, riferimento biblico: 40 giorni del Diluvio; 40 giorni passati da Mosé sul Sinai in digiuno; in 40 giorni il Popolo di Israele ha attraversato il deserto e ha esplorato la terra promessa, abbondante di frutta, latte e miele; in 40 giorni Elia scala l’Oreb, sulla cui cima incontrerà Dio; i 40 giorni di digiuno di Gesù nel deserto, ecc.). Gli altri frati erano, per questo, allarmati. Temevano di perdere il loro pastore, la cui assenza faceva perdere di valore all’Isola delle Delizie. Trascorso altro tempo presso di loro, Barinto tornò in Irlanda.

Brandano e i suoi monaci rimasero stupefatti dal racconto, e dopo aver pregato si ritirarono. Ma, intanto, un desiderio si impossessava della sua mente: andare alla Terra dei Santi. Non perse tempo e subito si consultò con gli altri monaci, rispettando il terzo capitolo della Regola benedettina. Tutti accettarono, a patto che questo viaggio fosse il volere di Dio. In fondo avevano già rinunciato a tutto per seguire il loro capo spirituale nella vita monastica e ora avrebbero continuato a seguirlo in quanto loro guida.

Inoltre i monaci dovevano anche obbedire all’abate. Così, San Brandano e quattordici compagni scelti digiunarono ogni tre giorni per quaranta giorni (chiari riferimenti biblici); dopodiché partirono alla volta dell’Isola di Sant’Ende, dove rimarrà tre giorni e tre notti (altro riferimento biblico). Ende di Aran è stato un guerriero del V d.C., convertito al cristianesimo dalla sorella, che fondò il monastero di Killeaney a Inishmore. E proprio a Inishmore, dopo aver ricevuto la benedizione di Ende, costruirono una barca e si accinsero a partire, quando tre monaci arrivarono per chiedergli di unirsi a lui nel suo viaggio, in caso contrario si sarebbero lasciati morire di sete e di fame. In fondo avevano stabilito di peregrinare ogni giorno della loro vita.

Con la peregrinatio si rinunciava a ogni cosa per vivere una vita di privazioni e avvicinarsi a Dio. Si viaggiava, si portava la Parola di Dio, ci si pentiva, si costruivano comunità monastiche in luoghi remoti. L’Irlanda e l’Oceano diventavano come quel deserto in cui si erano ritirati i cosiddetti Padri del Deserto. Così si univano elementi della mitologia locale a quelli cristiani, dando vita a storie di viaggi, immram, peculiari, come la Navigatio di St. Brandano. I monaci affidavano la loro vita a Dio.

Brandano accettò di portarli con sé, ma non senza averli prima ammoniti. Solo uno di loro avrebbe ottenuto la salvezza. Similmente nel Viaggio di Máel Dúin, oltre alle diciassette persone che avrebbero dovuto affrontare il viaggio, se ne aggiunsero altre tre, disposte a morire piuttosto che essere lasciati a terra. Ebbene, queste riusciranno a imbarcarsi, ma periranno. Quando il numero era stabilito allora non doveva essere alterato.

Comincia ora la navigazione oceanica di Brandano, la cui barca e la sua stessa vita rimetterà al volere di Dio, manifestatosi mediante venti e correnti. Anche in condizioni di bonaccia non rinunciava ad affidarsi all’aiuto del Signore. Non serviva neanche sapere in che direzione andare, ci avrebbe pensato Lui. Non a caso, una volta consumati i viveri, un’isola apparve all’orizzonte, alta, rocciosa, con cascate che si gettano a capofitto sull’oceano. La fame e la sete erano divenuti insopportabili (elemento ricorrente nella Bibbia, dove Dio più volte concede l’acqua agli uomini sofferenti).

Statua di Brendan al porto di Fenit. Fotografia di MrCharco condivisa con licenza CC BY-SA 3.0 via Wikipedia:

I monaci desideravano approfittare dell’acqua delle cascate, poiché non trovando un approdo quella appariva l’unica loro salvezza. Si erano dimenticati di Dio, ma Brandano, da buon capo spirituale, li farà riflettere, esortandoli del fatto che quella situazione era il Volere di Dio e che dopo tre giorni il Cristo avrebbe rivelato loro un approdo. In fondo proprio Cristo diceva: “chi crede in me non avrà sete”. E così, mentre circumnavigavano l’isola, trovarono una baia. Erano le tre del pomeriggio, la nona ora, la stessa in cui Cristo morì in croce.

Dopo le benedizioni di rito, apparve loro un cane per accompagnarli a una ricca e grande abitazione disabitata, nella quale poterono rifocillarsi. La tavola si apparecchiò da sola e pane e pesce apparvero nei loro piatti (si potrebbe scorgere un riferimento alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma anche a un topos degli immram, dove sono presenti ricche case disabitate nelle quali è possibile riprendersi dalle fatiche del viaggio). Dopo il pasto arrivò l’ora del sonno, ma Brandano era cosciente che una sventura si sarebbe presto abbattuta su di loro. Satana, sempre in agguato, gli apparve in sogno sotto forma di bambino (l’innocenza e la tentazione). Non gli rimaneva che pregare. Per tre giorni e tre notti godettero del cibo offerto dal Signore.

Passato questo canonico lasso di tempo, si accinsero a partire, con Brandano che non perse occasione per rammentare ai monaci di non portare via nulla. Prendere qualcosa da lì avrebbe voluto dire derubare Dio. Ma il protagonista ben sapeva che uno di loro aveva già commesso il peccato, nascondendo tra le sue vesti un oggetto d’argento datogli dal Diavolo. Il colpevole non poté che ammettere la sua colpa e pregare per la sua salvezza. Nulla poteva contro i prodigi di Brandano, l’uomo di Dio, il quale, solo toccandolo, gli farà uscire il bambino-diavolo dal corpo. Il frate, tuttavia, non sopravvivrà all’esorcismo. Troppo a lungo il bambino aveva dimorato presso di lui. All’imbarco arrivò una giovane donna che gli porse in dono un cesto pieno di pane e acqua, che sarebbe bastato fino a pasqua.

Mentre si lasciavano trasportare dalla corrente, videro un’isola (identificata, da chi ne vede un luogo reale, con una delle Faroer), ricca di fiumi, pesci e pecore. Qui si prepararono a celebrare la Pasqua, quando, all’improvviso un uomo si fece avanti, portando un cesto di pane cotto sotto la cenere e altre cose, che depose ai piedi di Brandano, esprimendogli il volere di Dio: avrebbero celebrato la Pasqua su un’altra isola, vicino alla quale la nave si arenerà. Il paesaggio era molto diverso da quello visto in precedenza: arido, spoglio, senza una spiaggia.

E’ chiaro l’intento dell’autore di indicare un momento particolare del viaggio. Provvidenziale fu l’incontro con l’inviato di Dio sull’isola precedente. Altro evento particolare è la permanenza di Brandano sulla barca. Egli sapeva che non era un’isola come le altre. Al mattino, dopo aver celebrato la messa, accesero un fuoco per cuocere carne e pesce. D’improvviso la terra cominciò a tremare e i monaci si precipitarono immediatamente sulla nave prendendo subito il largo terrorizzati, mentre l’isola si inabissava. Fu allora che Brandano chiarì la situazione, poiché Dio già gli aveva rivelato cosa sarebbe successo: quello era Jasconius, un immenso pesce.

Talvolta lo si definisce mostro marino, balena-isola, aspidochelone, ma ciò che ci dice Brandano è che si tratta di un grosso pesce, talmente grande da essere scambiato per un isola, col dorso coperto da una scarsissima vegetazione (indice del lungo tempo che poteva passare in emersione). Solo Brandano, con l’aiuto di Dio, ne capirà la vera natura. Creature simili appaiono in Plinio il Vecchio, nella Bibbia, nel Fisiologo, in Isidoro da Siviglia, nelle avventure di Sindbad e in altre opere mediorientali. Le modalità di riconoscimento della creatura sono spesso simili a quella della Navigatio. La creatura era talvolta associata al Diavolo: tentava gli ignari marinai-peccatori per poi trascinarli a picco.

Scultura di San Brendano, The Square Bantry, nella contea di Cork. Fotografia di pubblico dominio via Wikipedia:

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Proseguendo la navigazione, avvistarono un’altra isola, boscosa e floreale. Lì, seguirono un fiume sino alla sorgente e si fermarono presso un albero coperto di candidi uccelli, cosa che insospettì Brandano, il quale chiese aiuto a Dio. Uno dei volatili allora si avvicinò all’abate e gli parlò: quegli uccelli erano gli spiriti (anticamente si associavano spiriti e volatili) di alcuni ribelli che affiancarono Lucifero nella rivolta contro Dio, ma che non si macchiarono di gravi colpe, così Dio gli permise di rimanere su quell’isola (l’isola degli uccelli è un topos degli immram). Solo nei giorni di festa prendono la forma materiale di uccelli per lodare Dio col loro canto. Inizia, così, una serie di lodi al Signore, ispirate ai Salmi biblici.

Per diversi giorni non avevano preso niente da quella terra, solo alla fine dei festeggiamenti pasquali faranno scorta d’acqua. Non bisognava peccare di avarizia, si doveva prendere solo ciò di cui si aveva strettamente bisogno, senza eccedere. Ci penserà il messaggero di Dio a portargli le vivande di cui abbisognavano, insieme a un messaggio: non bere dalla sorgente, in quanto da essa scaturisce un’acqua soporifera, che torna normale lontana dalla fonte.

Brandano riceverà, poi, altre due profezie dall’uccello incontrato sull’isola: viaggeranno per altri sei anni e celebreranno le festività nelle isole già incontrata (il calendario liturgico è fondamentale, insieme alla numerologia cristiana nella scansione del tempo). Ci sarà, dunque, una ciclicità nel viaggio. Dopo aver caricato le provviste, partirono alla volta della prossima terra: l’isola di Sant’Albeo.

Per tre mesi dovettero affrontare un mare inquieto, fin quando non avvistarono l’isola di Sant’Albeo (Albeo di Emly), protetta da un vento tanto forte da non far avvicinare le navi. Solo dopo quaranta giorni di ricerca (ricorda un po’ il Diluvio: per quaranta giorni Noè non poté sbarcare sulla terraferma; 40 giorni di esplorazione della Terra Promessa su ordine di Mosé, etc.) e tre di preghiere trovarono una baia e due sorgenti d’acqua (topos degli immram): una torbida e una chiara.

Così come in precedenza, i frati cercarono di approvvigionarsi, ma verranno redarguiti da Brandano, che chiederà di attendere il permesso dei signori dell’isola. Giunse allora un vecchio coi capelli candidi come la neve e il viso chiaro, il quale, dopo i convenevoli, accompagnerà i viaggiatori a un misterioso monastero, votato al silenzio. La parola può portare al peccato. Undici monaci arrivarono portando casse-reliquiari, croci e libri di inni. I compagni di Brandano furono rifocillati con pane inviato da Dio e ottennero il permesso di bere dalla fonte limpida e lavarsi i piedi in quella torbida.

In tutto vi vivevano ventiquattro monaci più l’abate (come i ventiquattro anziani dell’apocalisse; la cappella presenta proprio come nel medesimo passo biblico due file di seggi da 12 più il seggio centrale dell’abate), nutrite dal Cristo col pane quotidiano. Il pane nella Bibbia è considerato anche Parola di Dio, dunque la sua presenza, portato per sua volontà, è indice del favore di Dio e della sua benevolenza nei confronti degli abitanti dell’isola e dei monaci di Brandano. Sull’isola non si soffre né caldo né freddo e i lumi si accendono da soli: Dio provvede alla luce, proprio come avvenne nell’episodio del roveto ardente sul Sinai.

Al voto di silenzio si ovviava con una sorta di telepatia: il monaco pensava e l’abate, con l’aiuto di Dio, trascriveva il pensiero. Il silenzio nella Bibbia e nella vita monastica era un modo per avvicinarsi al Signore. E’ così che ci si prepara ad accogliere la Parola di Dio. Nel monastero dell’isola si parla solo per lodare Dio e questo lasciava sbigottito Brandano. Inoltre, è proprio grazie al silenzio e di conseguenza alla vicinanza a Dio che i monaci godettero per più di ottant’anni di perfetta salute.

Brandano, ancora incerto sul suo destino, chiede se potrà rimanere sull’isola, ma l’abate risponderà che già conosce il responso. Dio ha già deciso. Dovrà proseguire il viaggio, perdere due compagni e morire in patria.

I monaci ripartirono e, proprio come i noti personaggi biblici, vagarono nel deserto, ma un deserto liquido, sospinti dalla Provvidenza. Da tre giorni le loro provviste erano terminate, quando avvistarono un’isola. Benedetto il punto d’approdo, rito praticato e divenuto celebre nel ”età delle grandi scoperte geografiche”, trovarono un corso d’acqua da cui iniziarono a bere. Coloro che assunsero più acqua, tuttavia, caddero anche per tre giorni in uno stato comatoso. Avevano abusato del dono di Dio. Una volta ripresisi, si approvvigionarono e lasciarono l’Isola, volgendosi a Nord, dove entreranno in un mare “coagulato” (semisolido, il mare concretum degli antichi, il mar glaciale artico), da cui si allontaneranno in fretta.

L’isola successiva era stata già toccata dai monaci (come preannunciato, ripercorrevano le tappe già toccate). Brandano vedendoli affaticarsi per raggiungerla, in quanto si trattava di un porto conosciuto e sicuro, li redarguirà, poiché già Dio provvede a spingere la nave. Brandano ricorda sempre ai suoi che Dio pensa a loro, di non essergli d’ostacolo, di seguire i suoi comandi. Brandano è il capo, il pastore della comitiva e colui che veglia sulle sue pecore.

Navigarono per altri quaranta giorni, quando vennero attaccati da un mostro. Ancora una volta i monaci dimostrarono scarsa fede in Dio, facendosi sopraffare dalla paura. Ancora non riuscivano ad abbandonarsi a lui, mentre Brandano non perdeva occasione per recitare il suo ruolo di guida spirituale. L’abate si mise a pregare il Signore, ricordando le occasioni in cui ha salvato i suoi servi (Davide vs Golia, Daniele gettato nella fossa dei leoni poiché colto a pregare Dio – si salverà grazie alla sua fede; Giona inghiottito da un grande pesce). Fu allora che un altro mostro apparve, su mandato di Dio, sputando fiamme dalla bocca e ingaggiando un combattimento con l’altra creatura, uccidendola. (ricorda un po’ Isaia 27, 1: “In quel giorno il Signore punirà con la spada dura, grande e forte, il Leviatàn, serpente guizzante, il Leviatàn, serpente tortuoso, e ucciderà il drago che sta nel mare”; poi nei Salmi: “[Tu Dio] hai spezzato la testa dei draghi sulle acque).

Giunsero su un’isola, dove trovarono spiaggiata una parte del corpo del mostro che aveva cercato di divorarli. Ora lui diveniva cibo per i monaci e per le altre belve (“Tu hai frantumato le teste di Leviatàn, lo hai dato in pasto a un branco di belve” Salmi 74, 14).

Avvistata l’isola seguente, pianeggiante e senz’alberi, Brandano mostrerà nuovamente le doti conoscitive concessegli dal Signore, parlando dei tre popoli che abitano l’isola: uno di bambini, uno di giovani e uno di anziani. Inoltre preannuncerà che uno dei tre che non sarebbero dovuti partire sarebbe rimasto lì per il suo pellegrinaggio. I tre gruppi si alternavano nel cantare lodi a Dio e solo quando la nave sbarcò si misero a cantare tutti assieme. Due giovani si fecero avanti e chiesero che il monaco prescelto restasse sull’isola. Così avvenne.

Similmente all’episodio della colomba che portò un ramo a Noé, indicandogli la presenza della terra, un volatile si palesò sopra la nave, portando un grosso grappolo d’uva (episodio simile a quello del viaggio di Mael Duin). Non lontano c’era un’isola provvista di questi frutti. Dopo quaranta giorni ripartirono. Quel volatile, oltre a condurli all’isola, una volta ripartiti li proteggerà dall’attacco di un grifone (anche il grifone è stato un simbolo del Diavolo; secondo Isidoro da Siviglia era un uccisore di uomini).

(Mentre gli anni passavano, i monaci toccavano le isole precedenti in vista delle festività)

Entrarono, dunque, in un mare talmente limpido che se ne poteva vedere il fondo con chiarezza (presente anche in Mael Duin). Anche in questo passo, dove si potrebbe scorgere un bel mare tropicale, caraibico, si vuole solo impartire un insegnamento: Cristo è il signore di tutte le bestie, comprese quelle che abitano le profondità marine. Lui ne ha il completo controllo. La chiarezza di quel mare non celava la presenza di grandi creature, simili a Jasconius. Ma i monaci non dovevano temere, poiché godevano della benevolenza del Signore. Lasciato il mare trasparente si imbatterono in una colonna incredibilmente alta, simile a cristallo (presente anche in Mael Duin), avvolta in una rete argentea.

Dopo averla osservata ripartirono verso nord, arrivando a un’isola desolata, rocciosa, metallifera, priva di vegetazione, ma ricca di officine, che metteva inquietudine nel cuore di Brandano. Più si avvicinavano più si udiva il tintinnio dei martelli che battevano sulle incudini (episodio presente anche in Mael Duin). Brandano pregava; l’isola lo metteva a disagio. A un certo punto si palesò uno dei fabbri. Era molto peloso, enorme e scuro. Brandano ordinò ai suoi di remare e allontanarsi dall’isola il più in fretta possibile. Il fabbro lanciò una massa metallica incandescente, che per poco mancò la nave. Mentre quest’ultima si allontanava, sulla spiaggia si ammassarono anche altri fabbri armati, che lanciavano quei materiali. Quell’isola era il confine dell’inferno.

In lontananza scorsero un’altissima montagna coperta dalle nuvole e con del fumo che fuoriusciva dalla sommità. La costa dell’isola era alta e nera, una muraglia di cui a mala pena si scorgeva la vetta. Qui uno dei tre frati che non sarebbero dovuti partire venne preso da dei demoni, che lo trascinarono mentre il suo corpo bruciava. Questo era ciò che, secondo Brandano, il monaco meritava. Dopo questo episodio, col favore del vento, la nave si allontanò, mentre il vulcano eruttava.

In mezzo al mare apparve una figura antropomorfa, in misere condizioni, seduta su uno scoglio coperto da un velo e sferzata dalle onde. Era l’Iscariota, che definirà se stesso come il peggior negoziatore (ha consegnato Gesù per trenta denari); posto in quel luogo, almeno durante le feste, per pietà del Cristo risorto. La vera condanna (ciò che ha ottenuto per trenta denari) è bruciare nella montagna (il vulcano visto prima), dove dimora il Leviatano, all’Inferno. Giuda chiede a Brandano di intercedere per lui e prolungargli di qualche ora la permanenza sullo scoglio. I demoni, sul mare, insultavano Brandano, gli dicevano di andarsene, altrimenti non avrebbero potuto prendere Giuda. Ma il Cristo ormai aveva deciso di assecondare la richiesta del condannato. Dopodiché Brandano proseguì il viaggio.

La prossima tappa sarà l’isola dell’eremita Paolo (Paolo di Tebe), dove viveva da novant’anni, dei quali per sessanta senza aver bisogno di mangiare, ma solo bevendo l’acqua della sorgente dell’isola. L’isola era alta, piccola, tonda e rocciosa. Paolo si presentò interamente coperto dalla sua barba, dai peli e dai suoi capelli, tutti bianchi. Brandano si sentiva inferiore, ma Paolo gli rimembrò le meraviglie mostrategli da Dio. Brandano è più di un monaco, poiché è stato nutrito da Dio e non ha dovuto sudare per procurarsi il cibo. Dopo l’incontro partirono.

Ormai erano quasi alla fine del viaggio: come previsto toccarono i porti in cui avevano celebrato in passato le festività. Ora dovevano finalmente andare alla Terra Promessa dei Santi, un’isola coperta da una nebbia fittissima, spezzata, vicino alla riva, da una forte luce. La terra era ricca di vegetazione, florida, mai avvolta dall’oscurità della notte. In riva al fiume visitato da Barinto si presentò un uomo che spiegò a Brandano il perché del lungo viaggio: Dio voleva mostrargli le sue meraviglie. L’uomo, inoltre, rivelò a Brandano che la sua vita era ormai quasi giunta al termine e che dopo di lui i cristiani avrebbero conosciuto un periodo di persecuzioni. Brandano e i monaci dovevano tornare a casa, ma prima di imbarcarsi poterono raccogliere frutta e pietre preziose.

Brandano tornò a casa sano e salvo. Poco dopo esalerà il suo ultimo respiro e raggiungerà finalmente il Cristo, ponendo fine al pellegrinaggio della sua vita.

Alessandro Licheri

Studente di Storia, natio dell'isola più bella del mondo viaggio da un libro all'altro, traversando cronache e romanzi, dedicandomi particolarmente alla storia delle esplorazioni e spaziando sugli innumerevoli campi che questa lambisce, cercando di ripercorrere attraverso racconti d'ogni epoca quei sentieri avventurosi tracciati dall'audacia degli uomini.