Social media e televisione soddisfano nell’era contemporanea il piccolo voyeur racchiuso nell’animo di ognuno di noi, creando quel portale dorato che ci concede di carpire i segreti delle altrui vite. Ed eccoci, famelici spettatori, pronti ad agguantare le sfumature dell’agire umano, in un complesso di curiosità ed ipocrita discernimento.
Ma cosa succede se la necessità di spiare il vicino si tramuta in un’impellenza estrema, capace di sfociare nel torbido e proibito?
Ebbene questa è l’incredibile storia di Gerald Foos, un uomo che un bel giorno ha deciso di esaudire il suo sogno più grande: quello di dare libero sfogo alla sua sete di torbida osservazione.
Siamo al calare degli anni sessanta quando Foos, padre di famiglia dall’apparenza innocua e rispettabile, diviene gestore del Manor House Motel di Aurora, in Colorado.
L’hotel negli anni ’70:
Nulla di strano sino a qui, se non fosse che l’inizio dell’attività è dettato dal celato fine di spiare i suoi clienti, non visto nell’oscurità dell’osservatorio da lui astutamente congegnato, dando finalmente vita al suo esclusivo “laboratorio del guardone”.
Egli opera sul suo personale “teatro” con perizia sopraffina. Crea un accesso segreto per accedere all’ampio condotto di aerazione che sovrasta le camere del Motel. Da qui, tramite la serie di strette feritoie da lui posizionate sul soffitto di ogni stanza, egli ottiene la visuale perfetta su ogni possibile movimento dei suoi cari ospiti.
Ed ecco l’inizio della lunga “stagione degli appostamenti”
Come egli ebbe a dire:
“Appena giunto nel condotto di aerazione – la mia postazione di vedetta – avevo una perfetta visuale della stanza e, per mia gioia, del bagno. Potevo vedere la coppia sotto di me, senza dubbio una coppia perfetta per il palco di cui erano protagonisti inconsapevoli, e di cui io sarei stato il pubblico“.
Il bisogno di spiare è impellente ed egli divora, con seriale impudenza, ogni attimo di quelle sfuggenti visioni. Scruta con ligio fervore e sul suo diario ben presto appaiono minuziose annotazioni sulle caratteristiche dei clienti che colmano i silenzi di quelle ovattate mura, sui loro discorsi, segreti, sulle loro abitudini più intime così come sui loro costumi più disdicevoli e ripugnanti.
Dall’alto di quella postazione, egli avverte di possedere una finestra sulla vita di ogni passante, un cinema gratuito sull’universo dei piccoli mondi che si compongono distratti, sotto la lente del suo occhio clinico e diligente.
Il suo voyeurismo non è però uno stimolo meramente apatico e vacuo, né ciò che egli osserva è scevro da giudizi o ammonimenti. Egli diviene difatti un critico dell’uomo. S’indigna per quel malcostume intrinseco alla sua stessa natura, che trova più che mai espressione quando egli crede di non esser visto
La fortuna lo bacia e gli regala una compagna che silenziosamente accetta il peso del suo segreto. Sicché prima di dare avvio alla sua ingrata missione, egli chiede alla donna di sdraiarsi sul letto in una delle stanze, al fine di verificare se da quella posizione fosse per il cliente possibile scorgere gli occhi del guardone scrutare, bramosi, oltre le silenti linee della grata di aerazione.
Gerald vede sé stesso, come un ricercatore, pertanto il “laboratorio” da lui realizzato altro non è che l’habitat perfetto ove attrarre i campioni della sua morbosa indagine.
Dagli anni ‘60 agli anni ‘90 egli spia ferocemente ogni malcapitato e alla fine di questa lunga indagine egli si rende conto di una triste verità: “Che fondamentalmente non ci si può fidare delle persone”. Detto da lui non si può opporre in tal senso alcuna obiezione.
Non solo egli spia i momenti di intimità dei suoi clienti, ma, in quanto spettatore onnipresente, assiste inerte a violenze di ogni sorta divenendo tra l’altro spettatore ed involontariamente causa di un presunto omicidio.
Protagonista di quest’ultimo, un cliente che spacciava droga ai ragazzini, che un giorno avrebbe deciso di nasconderla proprio dietro a una piccola grata posta alla base della parete della sua stanza.
Un luogo per lui probabilmente sicuro, ma non del tutto
Poiché Gerald, da onnipresente testimone di ogni grande e piccolo evento, ha visto tutto, e non appena la stanza è vuota vi s’intrufola furtivamente, afferra la droga e se ne libera velocemente. Così, quando al suo rientro l’uomo trova il segreto anfratto vuoto, egli si accanisce contro la compagna, per lui unica possibile colpevole dell’inspiegabile sparizione.
La lite si fa così violenta e le percosse tanto furiose che, quando il malvivente abbandona definitivamente il motel, della ragazza resta solo un corpo inerte, staticamente adiacente al freddo pavimento della piccola stanza. Gli occhi di Gerald registrano dall’alto di quella grata, ogni vibrazione di quelle violente percosse senza pronunciare alcun movimento.
Attende fisso in quella posa sino a che si convince di aver visto la giovane respirare. A quel punto abbandona la scena.
La sua mancanza d’azione preserva il segreto della sua vile condotta, ma si tramuta al contempo nel coronamento di un terribile omicidio, poiché il dì seguente ciò che l’inserviente trova è solo un corpo freddo e ormai privo di vita.
Ore e ore di interminabile osservazione richiedono uno sforzo e una passione non indifferenti, e viene da chiedersi cosa possa aver scatenato l’urgenza di questo maniacale spiare. Allora egli parla di un’immagine impressa nei ricordi della sua fanciullezza. Di quell’ebbrezza respirata nei giorni trascorsi spiando le bellezze dell’avvenente zia Katheryn.
“Ho un ricordo particolare di mia zia Katheryn mentre, sdraiata nuda sul suo letto, pettinava le sue bambole di porcellana. Ho in mente la sua immagine da sempre, e probabilmente non si cancellerà mai“.
Una curiosità che non trova giustificazione, che cresce e si affina nel tempo.
“Cercavo delle risposte sulla complessa questione di cosa succede violando la privacy delle persone. La mia idea di felicità assoluta era di riuscire a invadere l’intimità degli altri“.
Ma non vi è solo stuzzicante intrigo nelle giornate degl’ignari passanti. Ciò che Gerald trae alla fine della sua scrupolosa “indagine”, è che vi è una disonestà assordante nell’uomo, unita a una noia sorda, capace di cadenzare con mortale incedere la vita di molti, se non tutti. Così, disgustato e a tratti afflitto da quanto scoperto, il peculiare albergatore decide a volte di aggiungere un po’ di brio al suo spettacolo, arricchendo quella trama di interessanti colpi di scena.
Davanti ai suoi clienti egli finge conversazioni telefoniche con la moglie, ove parla di una valigia contenente denaro persa in una delle stanze. E quale divertimento per il curioso Foos, corso subito nel suo esclusivo “osservatorio”, quando vede i suoi clienti cascare nel suo delizioso tranello. Ecco le facce stupite e le mani bramose d’impossessarsi del contenuto della valigetta che trovano casualmente nella loro stanza.
Tutti ci cascano
C’è chi prende la valigia e deluso dalla mancanza del denaro la lancia fuori dalla stanza, chi se la porta con sé.
Il vile inganno si protrae così per anni, sino a quando un bel giorno Foos sente di non voler più essere solo uno spettatore. L’idea di esser anch’egli finalmente visto, inizia a balenare nella sua mente. Stabilisce così un primo contatto con il grande scrittore Gay Talese, padre del “new journalism”, dando avvio a una lunga corrispondenza che si risolve solo dopo lunghi anni con la decisione di Foos di rinunciare all’anonimato, palesando al mondo quanto a suo avviso nessun altro era stato in grado di fare.
La storia è stata riproposta da Netflix nel documentario diretto da Myles Kane e Josh Koury “Voyeur”, ove si mostrano le vicende che hanno portato all’incontro del duo Foos-Talese, in un’indagine sul come, sul cosa ed il perché, sino alla pubblicazione del libro di Talese “The Voyeur’s Motel”, pubblicato in Italia da Rizzoli come “Motel Voyer”.
Il libro ha subìto una viva critica per via dei dubbi sulla condotta dello scrittore, che in occasione di un precedente incontro con il particolare albergatore aveva avuto accesso allo speciale osservatorio clandestino, mantenendone però il segreto per tutti gli anni seguenti. A ciò si sono aggiunte le incongruenze rilevate dal Washington Post in molti dei dettagli esposti nel testo, come la non citata vendita del Motel nell’80 ed il suo susseguente riacquisto nell’88 o l’errata datazione di molti degli eventi narrati.
Dettagli di non trascurabile importanza, che concorrerebbero a evidenziare la confessione molte volte menzognera rilasciata da Foos a Talese. Lo scrittore sentitosi inizialmente tradito da Foos aveva inoltre deciso di abbandonare il tour promozionale del libro, ma una seguente analisi dei fatti lo ha in poi spinto a tornare sui suoi passi, dichiarandosi pronto ad apportare le necessarie modifiche nelle future riedizioni del testo.
Ciò che questo voyeur ha realizzato oltrepassando il reticolo del possibile e concesso ha prodotto grande scalpore nel mondo, tant’è che la Dreamworks di Steven Spielberg, ne ha già acquistato i diritti per un possibile film. La storia di Gerald Foos resta una storia senza precedenti.
Forse questa vicenda non è che l’estremo emblema del nostro presente, di quella “patina brillante” capace di offrirci un’interconnessione onnipresente, nutrendo di fatto ciò che, sibillino per sua natura, alberga i meandri più inconfessabili dell’animo umano.