“Si parte sempre da un foglio di carta, ma poi la pittura, le mani, l’acqua, la fantasia nell’uso di materiali riescono a produrre effetti di seta, spessori e morbidezze alla vista e al tatto, lucentezze d’oro e di perle e impalpabili preziosi merletti”. Le confessioni della stilista belga Isabella de Borchgrave sembrano parole di velluto che accarezzano i sensi avvolgendoli in un abbraccio di calore e colore. Così, non appena si varca l’ingresso di Villa Necchi a Milano, lussuosa dimora novecentesca che fino l’8 gennaio ospiterà la mostra dal titolo Moda di Carta, ciò che balza subito all’occhio è la maestria con la quale la de Borchgrave riesca a trasformare semplici capi di parole in preziosi capi di carta. Per la precisione trenta capi firmati. Tailleur di Christian Dior, tonache di Coco Chanel, colorati Kimono giapponesi, abiti da ballo, da giorno e da sera di Charles Worth, Mariano Fortuny e Paul Poiret si mescolano a “serrati” look di corte provvisti di gigantesche crinoline.
Come quello ispirato a Elisabetta I, la regina che fece grande l’Inghilterra, o a Maria Antonietta, la più vezzosa tra le sovrane di Francia. “Nel 1500 così come nel 1700 le donne indossavano abiti voluminosi che impedivano loro di effettuare semplici movimenti. Il gentil sesso era considerato un oggetto, doveva essere solo ammirato” spiega la giovanissima milanese Viviana Fumagalli, volontaria Fai, che decanta con perizia di dettagli le varie mise che dal 20 ottobre abitano la casa-museo. Abiti reali a parte, la collezione di costumi di carta della de Borchgrave è totalmente incentrata su abbigliamenti realmente esistiti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Secolo, quest’ultimo, che taglierà i ponti con il passato: “Negli anni ’20 del ‘900 Coco Chanel rivoluzionerà la moda – continua la Fumagalli – La donna potrà finalmente liberarsi di tutte le sovrastrutture che non le hanno mai donato libertà di movimento”.
La principesca residenza disegnata da Piero Portaluppi si trasforma in un itinerario inedito, in una caccia al tesoro d’altri tempi alla ricerca di outfit in “chiffon” e “seta”, plissettati, ricamati, damascati, disseminati qua e là tra l’atrio, il salone, lo studio e la veranda della villa. A detta della stylist, inserire queste suggestive presenze all’interno di ambienti domestici – come ad esempio, i due mannequin collocati in veranda in procinto di sorseggiare una tazza di te – fa vivere ancora di più l’anima di questi abiti che spiccano come candide perle bianche in contrasto al verde della natura circostante.
Stesso discorso vale per gli abiti da sera di Poiret e Jeanne Lavin (anni ’20), disposti nella sala da pranzo, attorno al tavolo ovoidale apparecchiato con piatti e bicchieri d’autore ricamati d’oro. Poiret e la parigina Lanvin, come Coco amano osare, impreziosire con dettagli luminosi e denudare la caviglia. Ad attraversare la storia del costume targata de Borchgrave non sono solo gli abiti che si ispirano a epoche passate, ma anche gioielli, scarpe e accessori, anche loro creati interamente in carta.
A Villa Necchi a chiudere i lavori è infine il celebre tailleur Bar di Dior, giacca e gonna bianca plissettata, collezione New Look del 1947. In questo completo convivono innovazione e passato. Un dettaglio non trascurabile, oltre alla giacca che s’ispira all’abbigliamento maschile, è l’enfasi con cui è valorizzato il vitino da vespa che si rifà ai corsetti dei secoli precedenti. Insomma la moda di carta della de Borchgrave è una moda tornata di moda che fa emozionare e innamorare chi li guarda.